Ferpi > News > Rating: il ruolo chiave delle Rp

Rating: il ruolo chiave delle Rp

24/04/2012

“La questione di valutare l’impatto che la comunicazione del rating ha per le imprese, sia per la solidità e il modello di business, ma anche, per la compartecipazione che queste aziende hanno nello sviluppo del sistema paese, è inevitabile”. Con queste parole, _Patrizia Rutigliano,_ presidente Ferpi, ha aperto l’incontro organizzato, in collaborazione con FeBAF, lo scorso 20 aprile, nell’ambito del _Salone del Risparmio._

“E’ vero che le valutazioni delle società di rating sono diventate sempre più attese dagli operatori, tuttavia io credo che non sia sufficiente l’attesa ma che sia fondamentale che ogni singolo investitore istituzionale abbia anche una propria capacità di valutare il rischio attribuendo alle valutazioni delle società di rating un contributo e non una regola ferrea come purtroppo in moltissimi casi accade”. Lo ha sostenuto Corrado Faissola, presidente FeBAF, Federazione delle Banche, delle Assicurazioni e della Finanza, aprendo l’incontro Triple A e Triple R: Rating, Reputazione, Relazioni (Pubbliche), organizzato da Ferpi e FeBAF lo scorso 20 aprile nell’ambito del Salone del Risparmio, presso l’università Bocconi di Milano.
Un’occasione unica di confronto e riflessione sul ruolo del rating e sui suoi legami con l’informazione e la comunicazione delle organizzazioni che ha richiamato una platea eterogenea composta da esperti dell’industria finanziaria e del settore del risparmio, relatori pubblici, comunicatori e giornalisti.
Dopo l’elogio all’operato delle agenzie di rating e l’esortazione agli investitori istituzionali ad avere una propria capacità di valutazione del rischio, Faissola ha ceduto la parola al moderatore dell’incontro, Gianfrancesco Rizzuti, responsabile della comunicazione FeBAF, che evidenziato l’importanza di un dibattito come quello prima di dare la parola a Patrizia Rutigliano, presidente Ferpi.
“Per noi operatori della comunicazione a titolo diretto o indiretto, sia che lavoriamo nelle imprese, sia che lavoriamo in strutture di supporto delle imprese, inevitabilmente si pone la tematica di valutare l’impatto che la comunicazione del rating ha, soprattutto noi che siamo deputati a valorizzare alcuni aspetti che riguardano le nostre aziende e che non riguardano solo ed esclusivamente la solidità, sicuramente il modello di business, ma anche, la compartecipazione che queste aziende hanno o dovrebbero avere allo sviluppo del sistema paese.”
Il presidente, Patrizia Rutigliano, ha affrontato la questione partendo da un assunto positivo: “Di fatto, e le attuali condizioni di mercato lo testimoniano ulteriormente, l’esigenza di un rating esiste ed è molto forte, visto e considerato che comunque consente, soprattutto in questa fase, l’accesso al mercato di capitali. In più, è di qualche settimana fa l’accesso al rating di Heineken e Luxottica, due aziende che fino a poco tempo fa avevano avuto accesso al mercato dei capitali senza far ricorso al rating e che adesso invece ne hanno fatto ricorso fondamentalmente perché il rating consente di allargare la platea degli investitori istituzionali. Inoltre il rating chiaramente fornisce tutta una serie di informazioni aggiuntive a diversificate tipologie di investitori, non solo agli investitori istituzionali, ma anche agli investitori retail che sono i principali detentori dei debiti di paesi come il Giappone o dell’Italia. Quindi il discorso della riduzione della asimmetria informativa che era alla base della nascita delle agenzie di rating è ancora valido, ancorché sosteniamo che gli investitori istituzionali abbiano tutti gli strumenti per poter accedere ad una valutazione dei fondamentali delle aziende, però è abbastanza evidente che il rapporto tra l’emittente e l’agenzia di rating consente il passaggio di una serie di informazioni riservate che solo le agenzie di rating possono gestire fornendo un valore aggiuntivo rispetto a quello che un investitore istituzionale, per quanto sofisticato, possa in qualche modo fornire.”
Successivamente il presidente Ferpi ha proposto importanti spunti di riflessione sull’impatto che il rating esercita nei confronti delle varie tipologie d’imprese: “Venendo al problema delle aziende, le tematiche che ho individuato sono almeno quattro. In primo luogo, di fatto, per quanto i modelli consentano ‘a monte’ di fare delle valutazioni molto attente e molto diversificate per le diverse tipologie di aziende, tra i diversi settori di business nei quali operano, diciamo che la standardizzazione dei modelli e quindi del processo di assegnazione delle pagelle finisce , a volte, ‘a valle’ per annullare una serie di differenze che invece le aziende vorrebbero venissero mantenute in evidenza, ‘a monte’ tutti sappiamo com’è il procedimento, ma ‘a valle’ questo a volte non succede. Secondo elemento il rapporto molto stretto che c’è tra il debito delle imprese e il debito sovrano, l’effetto trascinamento che colpisce i paesi poco virtuosi è inevitabile e quindi ci ritroviamo spesso e volentieri peers che sono presenti in paesi diversi che teoricamente potrebbero essere valutati analogamente, che vengono condizionati dal debito o perlomeno dell’effetto di trascinamento del debito del paese sovrano nel quale loro di fatto si trovano. Terzo spunto di riflessione: è vero che di fatto il rating non è un giudizio sulla qualità dell’investimento, però quanto la componente qualitativa, che soprattutto a livello corporate è forte (si aggira attorno al 50%), condiziona a livello di sentiment (con tutti quegli effetti come l’effetto scogliera) nei portafogli gli imprenditori?
Infine uno sguardo alle realtà imprenditoriali che hanno delle minori capacità e disponibilità, di fatto una grande azienda ha la possibilità di potersi permettere l’avvio dei processi di rating non tanto per il costo in se dell’operazione, quanto per il costo struttura che questo comporta, sia durante la fase dei novanta giorni, che in tutte le altre fasi successive. Le piccole imprese invece spesso vanno incontro a difficoltà e quindi il rating in Italia oggi è un’opportunità che in molti casi, anche per ragioni legate ai costi di struttura, a volte, non viene colta dalle realtà imprenditoriali più piccole. Questi gli interrogativi attorno ai quali riflettere e ai quali tentare di dare una risposta.”
Anche Fabio Tamburini, direttore Il Sole 24 ORE Radiocor e Radio24, ha offerto agli uditori importanti spunti di riflessione sul rapporto che intercorre tra Rating, Reputazione e Relazioni pubbliche. Da giornalista esperto del settore, Tamburini ha riflettuto a lungo sul ruolo della stampa nel processo del rating ed ha esposto le sue perplessità in merito al rapporto che intercorre tra le grandi agenzie di stampa e le agenzie di rating: “Lo scopo dei media è raccontare i fatti, le notizie, dunque essi, all’interno del processo di rating, sono in primo luogo degli amplificatori ed in seconda istanza luoghi in cui coltivare la riflessione. Il binomio agenzie di rating e grandi agenzie internazionali di informazione, ha funzionato alla grande negli ultimi tempi, ma io penso che entrambe abbiano un grande limite di fondo: soffrono tutte e due di un eccesso di concentrazione, sono degli oligopoli (le agenzie di rating sono tre in tutto il mondo) e gli oligopoli per definizione non sono virtuosi, il perché è evidente: pochi che controllano una grande fetta del mercato non innescano meccanismi di concorrenza nè di dialettica.”
Il dibattito si è concluso con l’intervento di Maria Pierdicchi, Managing Director, Head of Southern Europe, di Standard & Poor’s, la quale, dopo aver definito il rating e i vari criteri utilizzati dagli analisti della sua agenzia con lo scopo di garantire trasparenza e oggettività di giudizio, ha risposto alle questioni sollevate dai partecipanti alla tavola rotonda in un ottica di confronto diretto teso a sviluppare un dibattito reale e continuato nell’ambito delle Triple R (Reputazione, Rp e Rating).
Per quanto riguarda le piccole aziende e le difficoltà da esse riscontrate nell’avvalersi dei servizi delle agenzie di rating, la Pierdicchi ha evidenziato come in realtà le piccole aziende non abbiano bisogno delle agenzie di rating in quanto non sono quotate a livello internazionale e si è espressa in merito al rapporto tra debito sovrano e debito delle imprese assicurando che l’effetto trascinamento, già citato dal presidente Ferpi, Patrizia Rutigliano, in realtà è valido solo per il settore pubblico e per quello bancario, mentre non si tratta di un problema reale per il settore corporate nel quale figurano numerose aziende che detengono un giudizio più alto rispetto a quello medio italiano.
Eventi