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Ricerca su Comunicazione delle imprese e Web Pr

07/11/2007
Astra Ricerche ha realizzato un'indagine quantitativa per Ketchum nel settembre 2007 che è iniziata tramite l'invio, ad un campione di 1.020 imprese investitrici in comunicazione, di un questionario. Sono stati restituiti all'Istituto 189 questionari completi in ogni parte. L'insieme dei rispondenti comprende tutti i settori e i comparti produttivi.Quelli che hanno compilato il questionario sono per il 29% imprenditori, presidenti, amministratori delegati o direttori generali, per il 28% communication manager, per il 14% responsabili delle relazioni esterne, per un altro 14% marketing manager e per il restante 5% responsabili delle ricerche. Quanto all'età, solo il 9% ha meno di 30 anni, il 30% tra 30 e 39 anni, la maggioranza relativa del 39% tra 40 e 49 anni, col 18% di 50-59enni e un residuo 4% di ultra59enni. La prima area oggetto di esplorazione è stata quella dell'utilizzo del Web all'interno della propria azienda che risulta essere assai elevato e rapidamente cresciuto rispetto alla precedente indagine di Astra Ricerche realizzata nel 2004: in quasi la metà dei casi l'intera popolazione aziendale è connessa ad Internet, quasi un terzo lo è più del 50% degli addetti, solo nel 18% dei casi non si arriva ad un quinto della popolazione collegata.
La rilevanza di Internet anche nei rapporti commerciali è stata approfondita per quel che attiene alle relazioni con la clientela da qui alla fine del 2010: il 95% delle imprese ipotizza un crescita significativa dell'impatto di Internet sull'informazione ai propri clients; il 67% prevede un impatto da medio in su sul terreno del dialogo ‘a due vie' con i clienti; il 66% fa conto su un incremento dell'acquisto di beni e servizi da parte della propria clientela; il 40% è convinto che si attiverà un circolo virtuoso di networking settoriale, con partecipazione ad esso dei clienti o media.
In questo contesto di accelerato sviluppo del ricorso al Web, sia all'interno dell'organizzazione sia nei suoi rapporti con il mercato, non sorprende che gli intervistati ipotizzino un boom dei propri investimenti in Web communication: per l'esattezza il 32% ne prevede un fortissimo incremento e il 39% un significativo incremento, mentre solo l'11% crede che dipenderà dai casi e solo il 18% prevede una sostanziale stabilità (ma almeno un terzo di questi ultimi sono aziende già ora top nell'informatizzazione a tappeto di tutte le relazioni).
La disponibilità di un sito o di un portale arriverà al 95%, con una netta crescita di quelli interattivi; il 32% svilupperà le vendite on line più di oggi, il 21% gli acquisti on line più che nel 2007, il 20% una delle varie forme di social networking sempre in più rispetto ad oggi. E veniamo alla comunicazione, prima in generale, poi con riferimento alle relazioni pubbliche, infine con specifica attinenza alle Web PR. In generale, il 21% degli intervistati rappresenta aziende che hanno investito in comunicazione nell'ultimo anno sino a 500mila euro e dunque sono considerabili piccoli utenti; il 28% ha investito tra 0.5 e 1 milione di euro; il 31% tra 1 e 3 milioni di euro, mentre un quinto ha investito da più di 3 sino a 300 milioni di euro. Le attività di relazioni pubbliche hanno riguardato circa il 96% delle imprese/organizzazioni coinvolte: l'86% ha realizzato attività di media relations, il 28% di corporate communication, il 34% di comunicazione interna, il 29% di marketing PR, il 23% di comunicazione sociale/ambienta-le/social responsibility, il 19% B2B, il 18% economicofinanziaria, il 14% di public affairs, solo il 5% di crisis. E la tendenza è la crescita, il 33% prevede stabilità: la maggioranza assoluta ipotizza un ulteriore incremento degli investimenti in RP, tra l'altro con netto beneficio per le agenzie/strutture esterne. In un contesto nel quale sia il ricorso al Web sia gli investimenti in relazioni pubbliche appaiono in significativo incremento, si può affermare che la crescita delle web PR è positiva. Infatti: il 95% degli intervistati già oggi conosce l'esistenza della trasmissione di informazioni on line e il 62% vi ha fatto ricorso: percentuale, quest'ultima, che crescerà addirittura sino al 90% nel prossimo triennio; l'89% è a conoscenza delle chat, dei blog, dei forum, delle communities on line riservati a opinion leaders; l'86% conosce l'esistenza di presentazioni non interattive di prodotti; l'85% conosce la ricerca di informazioni on line; il l'81% sa che si possono attivare chat, blog, forum, communities on line aperti a tutti; l'81% conosce l'opportunità di partecipare a chat, blog, forum, communities on line; l'80% sa che è possibile organizzare presentazioni multimedialidi prodotti; il 79% sa che è possibile organizzare presentazioni interattive di prodotti; il 76% conosce la possibilità di realizzare presentazioni non multimediali di prodotti; Il 71% è a conoscenza del fatto che è possibile organizzare eventi on line con libero accesso; Infine il 68% conosce l'organizzabilità di eventi on line con accesso limitato. Quali saranno i principali motivi del crescente ricorso in futuro alle relazioni pubbliche on line? Tra le sei esplorate, prevale la necessità di innovare (58%), seguita dall'efficacia delle Web PR (45%), dalla validità del rapporto qualità/prezzo e cioè risultati/costi (47%); un po' meno contano la previsione del crescente ricorso a Internet da parte degli stakeholders (33%), la specifica utilità del Web nel proprio settore (30%), la coerenza con la propria company culture (25%). Ma a chi affidare in futuro le Web PR? A questa domanda il 10% degli intervistati non sa rispondere; il 5% invece lo fa sostenendo che esse verranno gestite tutte all'interno dell'organizzazione; il 14% sostiene che ricorrerà ad un'agenzia di RP che è già partner professionale dell'azienda; un altro 5% pensa di affidarsi ad un'agenzia specializzata in Web PR; la maggioranza, il 66% sostiene con decisione che verrà preferita un'agenzia di RP che lavora sia in modo tradizionale sia tramite le Web PR . Per concludere, è stato chiesto quale sarà la crescita prevista delle Web PR in Italia nel prossimo triennio: il 12% non s'è detto in grado di fare previsioni; il 10% sostiene che l'evoluzione sarà molto diversa da caso a caso, da azienda ad azienda; il 7% parla di un incremento modesto; un dominante 71% ipotizza che sarà rilevante. Questa ricerca, in definitiva, mostra che sono in crescita tre fenomeni: il ricorso a Internet da parte delle imprese italiane; l'utilizzo delle relazioni pubbliche quale strumento chiave di comunicazione, ovviamente accanto ad altri strumenti ma con un ruolo sempre più rilevante; l'avvio di un forte ciclo espansivo delle Web PR, tra l'altro con azioni davvero sorprendenti.
Da un importante studio internazionale (Action or Aspiration? Sustainability in the Workplace", la cui versione integrale si può scaricare dal sito  www.biggerthinking.com/actionoraspiration ) condotto dall'Economist Intelligence Unit per conto di BT è emerso che i programmi di sostenibilità si stanno rivelando poco vantaggiosi per le aziende in termini economici.
Mentre circa la metà degli intervistati (46 per cento) ha affermato che questi programmi hanno favorito l'incremento del valore del marchio, appena uno su cinque (20 per cento) ritiene che essi promuovano la redditività. Lo studio evidenzia che, sebbene l'aspetto della sostenibilità campeggi ai primi posti tra le priorità delle organizzazioni impegnate nella corsa verso il raggiungimento di una reputazione "ecologicamente responsabile", negli ambienti dirigenziali si stenta ancora a trovare una modalità per trasformare questo obiettivo in un punto di forza commerciale. Un terzo degli intervistati (pari al 33 per cento) ha ammesso che la propria azienda si impegna sul fronte della sostenibilità solo nei mercati dove si intuisce la possibilità che questo approccio abbia un impatto positivo sulla percezione che i clienti hanno della società.
Una percentuale analoga (31 per cento) ha invece dichiarato che gli sforzi della propria impresa in materia di sostenibilità si concentrano principalmente sulla comunicazione piuttosto che sull'effettivo cambiamento.
James Watson, Senior Editor di Economist Intelligence Unit, ha affermato: "Molte aziende stanno abbandonando la pura retorica per passare a iniziative concrete di business.
Rimane comunque un divario tra quello che le aziende sostengono di ottenere nell'ambito della gestione del proprio impatto sociale e ambientale e l'effettivo coinvolgimento dei manager in queste attività. Le società devono ideare strategie più efficaci per impegnare il personale sul fronte della sostenibilità nel corso delle attività quotidiane".
Francois Barrault, CEO di BT Global Services ha commentato: "Che vi sia un legame tra la sostenibilità e il successo economico diventa senza dubbio più chiaro ogni giorno che passa. I nostri risultati in questo ambito ci stanno aiutando a concludere affari, creare nuove proposte e generare entusiasmo tra il personale". La ricerca ha inoltre evidenziato che i programmi di sostenibilità spesso non sono gestiti a livello dirigenziale. In due società su cinque (40 per cento) il responsabile della sfera sostenibilità non ha un referente diretto nel consiglio di amministrazione, mentre nel 23 per cento delle organizzazioni manca un responsabile per questo settore. A questo riguardo Barrault ha affermato: "Il segreto che rende i programmi di sostenibilità vantaggiosi per la società, l'ambiente e la redditività è la leadership. Tutte le aziende, BT compresa, sono all'inizio di questo viaggio ma è giunto il momento che i CEO e i CFO prendano il comando.
La nostra esperienza ci ha insegnato che abbracciare la filosofia della sostenibilità porta vantaggi per tutte le parti coinvolte: comunità locali, economie emergenti, l'ambiente e le casse dell'azienda".
Di seguito gli altri dati rilevanti della ricerca. L'"impegno verso pratiche sostenibili" è ritenuto l'aspetto meno importante quando si decide di instaurare una cooperazione o una partnership con un'altra azienda. La "reputazione dell'azienda per le sue pratiche sostenibili" è ritenuta la caratteristica meno rilevante dagli intervistati nella valutazione di un ruolo presso una nuova società.Nella maggior parte dei casi gli interventi a favore della sostenibilità sono strettamente correlati all'attività di investimento e relazioni pubbliche dell'azienda (32%) e alle funzioni di gestione delle risorse umane (29%).
Circa un quarto degli intervistati (24 per cento) è concorde nell'affermare che gli sforzi della propria azienda verso la sostenibilità sono principalmente implementati dal personale dei livelli più bassi piuttosto che dai senior manager.
Oltre un terzo degli intervistati (37 per cento) ha ricevuto specifici obiettivi di sostenibilità da raggiungere nell'ambito delle proprie responsabilità.
Oltre un terzo degli intervistati (34 per cento) ha affermato che l'impegno sul fronte della sostenibilità non contempla pratiche volte a semplificare la gestione dei fornitori e le catene di fornitura.
I programmi di sostenibilità sono poco vantaggiosi per le aziende. Circa la metà degli intervistati ha affermato che questi programmi hanno favorito l'incremento del valore del marchio. Solo il 20% ritiene che essi promuovano la redditività.Un terzo degli intervistati ha ammesso che la propria azienda si impegna sul fronte della sostenibilità solo nei mercati dove si intuisce la possibilità che questo approccio abbia un impatto positivo sulla percezione che i clienti hanno della società.
Per il 31% gli sforzi della propria impresa in materia di sostenibilità si concentrano sulla comunicazione piuttosto che sull'effettivo cambiamento.
Anno 3 - numero 186
 
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