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Rottura di...schemi

03/04/2006

Il socio Riccardo Garavaglia interviene ancora sullo scambio di opinioni in merito a politica e comunicazione avanzando le sue proposte.

Cari soci,finalmente il bi polarismo  mette radici e prospera anche nella FERPI. Era ora che il reciproco dispetto venisse alla luce.Mettiamola sul cabaret, con ironia. Abbiamo anche noi i nostri prodissimiani e i nostri berluschini, chini ? perché chini ?Parlando invece seriamente direi che non è il caso di polemizzare. Ognuno deve essere libero di comunicare le proprie idee, anche quando includono aspetti certamente non di competenza dell'associazione. Il confronto è sempre positivo, e non vedo negatività nel dichiarare una propria visione dei fatti. Quello che bisogna fare, però, è legarli al tema, che siano attinenti alla professione, è a questo che si deve badare, non alle appartenenze politiche o a una (presunta) estraneità alla politica. Di certo il bi polarismo, come tutti gli -ismi, è negativo, infatti gli effetti si vedono anche qui.Sarebbe positiva la bipolarità, come per la corrente elettrica, ma non credo che in Italia, oggi, ci sia un clima favorevole allo sviluppo della sana pianta del confronto leale.Può dipendere da tanti fattori, ma sta di fatto che nessuno è disposto ad accreditare la controparte di una qualsivoglia qualità positiva. Sicuramente la congiuntura economica non aiuta, il carattere degli italiani nemmeno, ma io credo che i giochi siano più profondi e inconfessabili.C'è uno scontro impietoso, a causa di obiettivi che io non riesco ancora a vedere, ma se la periferia dell'impero si agita le cause sono sempre da cercare nei cambiamenti dei rapporti di forza tra i veri potenti del mondo, che si contendono, a mio parere, non più l'influenza su, ma il controllo su.Su cosa? Sulle risorse fondamentali. Acqua, energia, materie prime. Vuoi vedere che tutto torna al colonialismo. Questa volta però India e Cina vogliono e possono giocare anche loro, e l'Islam non vuole essere lo schiavo designato.Torniamo al nostro Paese.Per sapere perché ci sia uno scontro così aspro, a mio parere, bisogna analizzare i rapporti dei potenti con tutti gli altri. In questo caso potrebbe essere utile applicare un metodo di analisi chiamato Organisational Network Analysis (tmf la conosce..). Qual'è la vera rete mondiale delle relazioni ? Chi è attivo e chi passivo ? Quanti accordi economici, sociali e culturali hanno stipulato gli USA con i singoli Stati ? Siamo sicuri di essere davvero dei partner speciali ? Come si muovono gli africani, con chi stringono rapporti, con la Cina o con l'Italia ? Si sa con chi sta il caimano, ma in quale panino vuole finire mortadella ? Dove vogliono portarci ? Perché l'europa (povero vaso di coccio!)   si sfascia ? Credo che l'analisi, anzi, le analisi, sui perché vadano fatte usando questi dati.Per rientrare in FERPI, cioè tornare al tema che mi interessa davvero,voglio mettere in evidenza il fatto che noi, come professionisti, dovremmo freddamente e asetticamente analizzare linguaggi e comportamenti, senza lasciarcene influenzare, perché dovremmo essere i primari della clinica della comunicazione, e indicare ai malati, in questo caso i politici, gli istituzionali (Confindustria, Sindacati, et coetera) e anche i giornalisti, la giusta direzione da tenere per informare correttamente; insomma, il fine è stato un po' dimenticato, accantonato.Chiarisco qual'è, per me, il fine di FERPI. Lavorare per essere considerata La Consulta. L'Ente supremo al quale volgere lo sguardo con timore e/o speranza per sapere se si sta comunicando, bene, il Bene. Utopia, naturalmente, ma, se si concorda sul principio che l'equidistanza è il prezzo da pagare per acquisire autorevolezza, l'utopia improvvisamente diventa più realistica.Dovremmo riappropriarcene, se volessimo fare il nostro lavoro.Riconosco, d'altra parte, che in un momento di cambiamenti sostanziali, come dicevo prima, tutti, o quasi tutti, sono consciamente o inconsciamente coinvolti nel dramma e "sentono" di dovervi prendere parte, non vogliono essere tacciati di ignavia dal mondo cui appartengono, o che, a volte, guidano.Però si deve riconoscere che, se si prende parte, non si può anche essere obiettivi lucidi giudici.Cosa vorremmo essere?Dobbiamo darci un limite, oltre il quale non accettare di essere semplici strumenti professionali?Oppure dobbiamo essere in ogni occasione gelidi consiglieri?L'associazione può, o deve, essere messa in gioco per orientare le scelte professionali in questo modo? Quale è il nostro limite etico? Esiste?Se trattiamo l'argomento in questo modo non se ne esce, abbiamo già provato. E allora?Ragionando su questo io dico che non è questione di mettere o no in home page gli interventi, o di dissociarsi dalle opinioni che alcuni esprimono, o di tenere fuori l'associazione dalle questioni politiche. Credo che l'associazione dovrebbe mettersi a lavorare.Credo si debba stimolare l'analisi dei linguaggi, delle strategie, fare ricerche sulle motivazioni, sui target dei politici, e, sulla base dei dati raccolti da professionisti della comunicazione, esprimere valutazioni sui modi e sui contenuti, rendere pubblici i risultati, cercando di far comprendere quali sono i comportamenti e i discorsi civili e indicando come non consoni quelli beceri.Se non lo faremo verremo meno ai fini e ai doveri dell'associazione, e lasceremo che i politici continuino a tenere comportamenti selvaggi (riferiti alla comunicazione).Due esempi, imparzialmente, su tutti: "tassatori folli" e "delinquenti della politica".C'è da vergognarsi a votarli. 
Riccardo Garavaglia
 

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