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Rutigliano: molte donne nella comunicazione ma poche ai vertici

03/08/2011

La carriera delle donne e i nuovi approcci manageriali, le “quote rosa” ai vertici ed alcune riflessioni personali sono gli spunti che emergono dall’intervista che _Patrizia Rutigliano,_ presidente Ferpi, ha rilasciato a _La carriera rosa._

Tra i principali obiettivi che lei stessa ha dichiarato di voler perseguire c’è anche “l’allargamento e la ridefinizione del ruolo della professione”. Quali sono le caratteristiche professionali e le competenze più importanti e "strategiche"dei nuovi professionisti della comunicazione?
La figura professionale che sta emergendo è quella con un profilo sempre più marcatamente manageriale, con ruoli e posizioni di responsabilità a presidio e coordinamento di tutta la filiera del settore: dalla comunicazione esterna alla sostenibilità, dai rapporti con il mercato alla comunicazione interna, dai rapporti con le istituzioni e le associazioni alle attività di coordinamento immagine, sponsorizzazione e pubblicità. Per questo, oltre a competenze tecniche, giuridiche, economico-finanziarie, commerciali o scientifiche e’ necessario avere visione. Formazione ed esperienza in campo storico, politico e culturale tali da far comprendere e valutare qual e’ la strategia giusta da seguire per valorizzare e posizionare correttamente la propria azienda nel contesto di mercato e di riferimento attuale, con un approccio dinamico e in continua trasformazione. Ferpi deve necessariamente riflettere e, se possibile, guidare questa evoluzione.
Può dirci quale è la percentuale della presenza femminile in Ferpi?
La percentuale femminile in Ferpi e’ di poco superiore al 50%, come spesso accade in molte strutture di comunicazione. E abbiamo mantenuto più o meno la stessa quota in Consiglio Nazionale. Devo però dire con orgoglio da neopresidente che l’impegno di tutti i consiglieri e dei delegati finora nominati è massimo, indipendentemente dal genere.
Avete in mente programmi, iniziative femminili ad hoc?
Ho pensato a lungo se dedicare una delega specifica al diversity management. E in realtà è una riserva che non ho ancora sciolto. Sono socia della Fondazione Bellisario e la proposta delle quote rosa nei CdA, prima ancora di diventar legge, ha avuto se non altro il merito di porre l’attenzione sulla questione femminile in molte aziende, avviando politiche ad hoc. Vista l’alta percentuale delle socie Ferpi ho la presunzione di pensare che inevitabilmente tutte le nostre iniziative e i nostri progetti saranno pensati e realizzati in funzione anche delle esigenze di genere. Il che non esclude che qualche progetto possa esser pensato in una logica tailor made.
E’ vero, come in genere si dice, che gli ambiti della comunicazione sono tra i pochi nei quali la presenza delle donne è molto alta anche ai vertici?
Non sono del tutto d’accordo. Al di là della presenza significativa delle donne nelle strutture di comunicazione, sono ancora troppo poche le posizioni di vertice, sia nel pubblico che nel privato, nelle organizzazioni complesse come nelle realtà di media e piccola dimensione. La cultura aziendale sta cambiando, in alcuni casi anche velocemente se non altro per I processi di aggregazione in atto in molti settori e mercati e per l’inevitabile confronto internazionale, ma la rappresentanza femminile a livello dirigenziale o fra i direttori di funzione e’ ancora bassa anche nel nostro settore.
Ci può raccontare le principali tappe della sua carriera professionale?
E’ riuscita a trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata?*
Formazione umanistica e specializzazioni tecniche e settoriali per una carriera iniziata nel giornalismo. Dopo l’esame di stato, carta stampata e tv in Italia e all’estero e poi il passaggio alla comunicazione istituzionale, in Comune a Milano. Di lì l’ingresso in azienda e’ stato pressoché inevitabile – avendo vissuto la stagione della privatizzazione delle principali municipalizzate – anche se non scontato. Da allora ho lavorato sempre in società quotate e le diverse esperienze mi hanno di nuovo portato a viaggiare parecchio in Italia e all’estero. Inevitabile che la vita privata sia stata in qualche modo scombussolata. Ma questa, con minori o maggiori impatti, mi sembra ormai situazione comune a molte/molti. Parlare della solita necessità o capacità di organizzazione per far conciliare il tutto mi sembra pleonastico o riduttivo. Non ci si riesce sempre. Tolleranza, intelligenza – anche pratica, qualche aiuto esterno e una sana consapevolezza di non poter essere infallibili direi che sono necessari. Ogni tanto un po’ trafelata arrivo sempre.
Quali ritiene siano i principali ostacoli che le manager donne si trovano ad affrontare all’interno del mondo aziendale?
Dipende molto dai settori di business. Alcuni mondi sono ancora storicamente più che culturalmente appannaggio dei soli uomini. Altri hanno beneficiato prima del confronto internazionale, soprattutto con il modello anglosassone, e appaiono più equilibrati sia nei numeri – se non altro per il mutamento di mix nei giovani laureati – che nelle politiche. Va però riconosciuto che in parecchi casi l’approccio maschilista e’ solo iniziale e la resistenza al cambiamento bassa, o almeno apparentemente tale. Le iniziative a supporto delle pari opportunità possono comunque essere molteplici e alcune realmente a costo zero, con nullo impatto sul conto economico aziendale, visto che in questi anni l’attenzione ai costi e’ prioritaria in tutte le aziende. In alcuni casi si tratterebbe solo di rinunciare a piccoli privilegi acquisiti – penso ai posti macchina nei parcheggi aziendali da riservare in quota parte rappresentativa anche alle donne non dirigenti o quadri – per consentire a tutti, quando necessario fermarsi oltre l’orario prestabilito, di lavorare tranquillamente senza temere per esempio il raggiungimento al buio del proprio mezzo di trasporto. E questa e’ davvero una pratica di facile realizzazione.
Tratto da La Carriera Rosa
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