Ferpi > News > Scegliere il tipo di comunicazione giusta è fondamentale per una località turistica

Scegliere il tipo di comunicazione giusta è fondamentale per una località turistica

22/07/2008

Vi segnaliamo questo interessante articolo, tratto da "D la Repubblica delle donne", per la valenza dei suoi contenuti trattando delle RP in modo chiaro ed eclatante per l’ampio contesto di riferimento. L’articolo, che tratta di comunicazione nel settore turistico, è di grande attualità come conferma – al suo interno - l’intervento di Filomena Rosato e la ricerca condotta da FiloComunicazione.

Comprami!
Le mete turistiche sono prodotti come gli altri. Fabbricati ad arte per attrarre clienti, molti paesi hanno elaborato strategie per essere vincenti. L’Italia? No.


di Daniela Fabbri


Un gamberetto, un barbecue sull’Oceano, e un attore sconosciuto. Mescolando queste tre banalità in uno spot per le televisioni americane nel 1984 l’Australia riuscì a fare quello che mai prima era riuscito a una destinazione turistica: diventare la settima meta preferita dai turisti americani (prima non entrava neanche nelle prime 50) e raddoppiare in due anni il numero d turisti a stelle e strisce. Più tardi l’attore (Paul Hogan) sarebbe diventato famoso come interprete di Mr Crocodile Dundee, ma all’epoca era un signor nessuno in una pubblicità non indimenticabile. Per quasi 25 anni ‘Australia ha vissuto di rendita sul ricordo di quella campagna, e quando ha deciso di riprovarci con uno spot che avrebbe dovuto far rimpiangere Mr Hogan, ha completamente sbagliato bersaglio: ritirato dal mercato inglese, lo spot la fatto crollare anche gli arrivi dei giapponesi.


Basta una campagna tv a mettere in crisi una località turistica? La risposta è si. Lo sanno bene gli operatori turistici del Napoletano, affossati da le immagini della spazzatura pubblicate dai giornali di tutto il mondo. Perché il turismo è un’industria a tutti gli effetti (in Italia vale circa il 10% de Pi), che “vende” un prodotto e che deve avere un brand. un marchio riconoscibile e ben identificabile dal cliente, che associa a questo marchio una serie di esperienze gratificanti Dovrebbe avere anche una strategie a lungo termine, e in effetti tutti i Paesi europei hanno un piano di sviluppo per vendere il proprio “prodotto Paese” per prossimi dieci anni. Tutti, ma non l’Italia, dove la competenza per il turismo e delle regioni e dove non si e mai riusciti a presentare un’immagine e una strategia unitarie. Basti pensare che non c’è neppure un sito dove un turista straniero possa trovare le informazioni di base per una vacanza in Italia (digitate Italia in un qualsiasi motore di ricerca e state a vedere cosa appare, Poi fate lo stesso con Spagna o Germania, ad esempio). Un limite non da poco, se si considera che orma. passa dalla rete (o dalle compagnie aeree low cost) la stragrande maggioranza delle prenotazioni di vacanze.


A differenza della pasta, del dentifricio o di un’auto, le località turistiche hanno una reputazione moto condizionabile da eventi esterni. Basta una stagione meteorologicamente infausta, un evento negativo (ricordate la crisi delle alghe nell’Adriatico?), un testimonia sbagliato, e il lavoro di anni va in fumo. «Il turismo deve vendere un sogno, il sogno della vacanza come il cliente l’ha immaginata per un anno intero, spiega Josep Ejarque, spagnolo di nascita e italiano d’adozione, professione destination manager, vale a dire il professionista che lavora per creare un prodotto turistico e conquistare clienti. Ejarque ha lavorato a Barcellona e a Torino per le due Olimpiadi, e ora guida la struttura turistica de la regione Friuli: una vera autorità nel settore, «Per questo se sbaglio il tipo di messaggio mi crollano gli arrivi. L’Australia ha puntato la campagna in Gran Bretagna sul suo essere una destinazione balneare. Per gli inglesi invece il mare è sinonimo di Mediterraneo e per fargli fare otre dieci ore di aereo bisogna offrirgli ben altro.


L’italia ha il problema inverso; sta ancora nei sogni dei turisti di tutto il mondo per la sua bellezza e le opere d’arte, ma dopo che li ha fatti arrivare spesso li delude per la scarsa qualità della struttura ricettiva». Sirnon Anholt, ascoltato consigliere di Tony Blair per l’immagine nazionale e inventore del Nation Brancs lndex, una sorta di classifica che misura il grado di attrattività di una nazione, lo ripete spesso nelle sue interviste: «Quello che serve a una destinazione turistica è avere una storia forte, un’identità da raccontare che si possa aver voglia di sperimentare». Il segreto del successo de lo spot australiano con Mr Crocodile era anche il fatto di vendere al possibile viaggiatore l’immagine di un Paese che offriva panorami selvaggi, città moderne, spiagge chilometriche e iI rito del barbecue sull’Oceano a fine giornata: la promessa di tutto quello che un non australiano non avrebbe mai potuto avere nella sua routine quotidiana. «Quando un turista sceglie di venire da noi», ha spiegato li direttore marketing de Trentino Maurizio Rossini al recente Summit del turismo delle regioni, a Trieste, «non lo fa solo perché ha scelto un albergo che potrebbe essere altrove, ma perchè è attirato dal mix irripetibile offerto dal nostro territorio, il nostro paesaggio e dalla gente che ci vive, con il suo stile di vita, le sue abitudini, la sua gastronomia. È un turista che non cerca solo una camera, ma un’esperienza».


Uno spot ci salverà, forse


Azzeccare il tipo di comunicazione è fondamentale per una località turistica, soprattutto se si considera il modo in cui i vacanzieri scelgono le loro destinazioni. Da una ricerca realizzata da FiloComunicazione per indagare gli atteggiamenti degli Italiani di fronte alle vacanze emerge che i principali canali di informazione utilizzati per scegliere una meta sono Internet (lo usa il 53,4% di chi programma una vacanza breve, 1148,3 per quella lunga) e il passaparola (37,5% per la lunga, 47,7% per la breve). Quindi, essere sulla rete è fondamentale. Allo stesso tempo però c’è una tendenza marcata, attorno al 60% degli intervistati, a sperimentare una mete che non si conosce, di cui al massimo si è sentito parlare. Il che significa che c’è un’ottima possibilità dl intercettare un pubblico in movimento e alla ricerca di proposte interessanti. Il problema è trovare lo spot giusto.


Proprio perché il turista medio è diventato così esigente e sofisticato la comunicazione diventa essenziale le località, catene alberghiere regioni ma anche intere nazioni stanno affidando ad esperti pr il lavoro di rilancio, il “rebranding” come si dice in gergo tecnico. Uno dei casi più eclatanti è stato quello di Israele, che alcuni mesi fa ha assoldato i migliori esperti mondiali di pr per cercare di frenare l’emorragia di turisti dovuta all’immagine troppo militaresca e aggressiva. Risultato? Una campagna interpretata da 12 bellissime soldatesse, per cercare di far passare il messaggio che anche un Paese in divisa può essere affascinante. «Una pubblicità azzeccata è un buon ingrediente, ma dietro il rilancio di una destinazione deve esserci una strategia di comunicazione complessa e accurata», spiega Filomena Rosato, fondatrice di FiloComunicazione, società di relazioni pubbliche con al suo attivo importanti progetti di rilancio di destinazioni turistiche e prima in Italia ad aver affermato il concetto di turismo come industria.


FiloComunicazione ha fra l’altro realizzato alcuni anni fa una del e campagne di rilancio di maggior successo: l’immagine di una spiaggia affollatissima e il claim “Courmayeur: 1224 metri sopra il livello del mare” per rifare il look alla località valdostana, messa in crisi da una serie di eventi negativi. «Ma la comunicazione funziona solo se è veramente l’espressione di un sistema-territorio che riunisce imprenditori, enti pubblici e privati, associazioni, che collaborano per realizzare un prodotto turistico attraente e competitivo», ribadisce Filomena Rosato. «L’investimento pubblicitario nel turismo deve essere completato da percorsi d comunicazione sempre più innovativi, alla ricerca del dialogo con il consumatore. Per questo riuscire a costruire un’immagine unitaria e una serie di prodotti ben identificati serve molto». Un’immagine unitaria ma mai statica: «Il ciclo di vita di una destinazione dura circa sette anni», ricorda ancora Jasep Ejarque. «Se in questo periodo di tempo non si lavora per cambiare si rischia di perdere tutto».


Spesso i grandi eventi sono i volano che serve per il rilancio (o il lancio) di una destinazione turistica. Le Olimpiadi invernali de 2006 sono state per Torino una grande vetrina mondiale, che ha fatto conoscere il Piemonte e ha portato in zona un buon numero di clienti. Incassato il primo successo si poteva cadere nell’errore più facile: vivere di rendita su una reputazione acquisita. Un errore che per il momento iI Piemonte non ha fatto: dopo le Olimpiadi ha messo sul tavolo la carta della riapertura al pubblico della residenza sabauda di Venaria, la Versailles dei Savoia, e ora la Regione ha predisposto un piano di promozione che dovrebbe valorizzare le diverse anime della regione: la montagna e il turismo invernale, le città e il turismo artistico culturale, la gastronomia e i prodotti tipici. Bisognerebbe fare lo stesso per il sistema Italia, perché il sole, il mare e le opere d’arte non garantiranno turisti in eterno. Soprattutto perché vale sempre di più la legge del terzo clic: non vengo in vacanza da te se non riesco a trovare informazioni e possibilità di prenotare con poche operazioni in internet. E l’Italia è gia out: le statistiche dei motori di ricerca dicono che la ricerca più frequente fatta dai turisti europei è “mare+ltalia”. Peccato che poi la stragrande maggioranza prenoti in Spagna.


tratto da D la Repubblica delle donne del 19 luglio 2008



Sullo stesso argomento è intervenuta il 7 luglio su un articolo apparso sul Corriere della Sera, Filomena Rosato di FiloComunicazione.


[…] “L’ importanza strategica delle Pmi turistiche è confermata da una ricerca promossa da FiloComunicazione, società di relazioni pubbliche specializzata nell’ industria turistica internazionale e nei segmenti luxury & lifestyle. Dall’ indagine emerge che il 65% degli intervistati preferisce gli alberghi indipendenti e solo il 30,7% si affida alle catene alberghiere. «Sono dati che dimostrano che esiste ancora una nicchia di indipendenti che funziona» spiega Filomena Rosato fondatrice e Managing Director di FiloComunicazione e tra le maggiori esperte di comunicazione d’ impresa e relazioni pubbliche per il settore alberghiero.


«I piccoli imprenditori che si dedicano professionalmente al turismo possono essere la chiave vincente del settore a patto che non si rimanga isolati – afferma la Rosato – la quantità di servizi richiesti ormai dal turista, infatti, rende indispensabile la sinergia con il territorio. Si sente tanto evocare di un sistema turismo-Italia ma non si spiega mai cosa debba rappresentare in concreto. Un ottimo punto di partenza potrebbe essere l’ organizzazione sistemica di una rete di servizi sul territorio. Non basta mantenere alti gli standard qualitativi di un albergo se poi il contesto circostante è inadeguato a quegli standard. Mantenere l’ elevata qualità del servizio deve essere considerato un punto di partenza garantito per qualsiasi categoria di appartenenza». Se la gamma di servizi di alto livello è la carta vincente per chi deve competere da piccolo contro le multinazionali del turismo, diventa di vitale importanza capire in che modo avviene l’ accesso alla professione da parte chi quel servizio lo deve garantire”.[…]
Eventi
Agosto 2025
? Cookies