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Social Media e Linguaggio. Intervista al professore Walter Quattrociocchi

29/01/2025

Anna Romanin

Come si è evoluto il lunguaggio nelle pattaforme social? L'intervista al professor Quattrociocchi approfondisce questo aspetto con qualche suggerimento per affrontare il sovraccarico di informazioni.

 

Walter Quattrociocchi, è professore Ordinario di Informatica alla Sapienza Università di Roma ed è anche direttore del Center for Data Science and Complexity for Society.  Con un team di una quindicina di ricercatori ha all’attivo diversi studi e due recenti riguardano l’evoluzione del linguaggio nelle piattaforme social.

Quattrociocchi ne ha parlato per il nostro sito di Ferpi, dandoci anche un suggerimento su come fare per identificare competenze e ciarlataneria in un mondo sempre più sovraccaricato di informazioni.

 

Come è cambiato il linguaggio in 34 anni di Internet?

 

"Studiamo i dati e la complessità per capire qualcosa della società." - dice Quattrociocchi. E lo fa in maniera comparativa, cioè confrontando tante piattaforme invece di studiarne una singola. "Abbiamo una serie di lavori in corso d'opera. Facciamo ricerca su temi che interessano alla comunità scientifica internazionale che lavora coi dati sulle dinamiche sociali, in particolare sullo studio delle piattaforme social."

Quattrociocchi è abituato a lavorare su più fronti. Le sue ricerche analizzano milioni di dati (commenti on line in inglese relativi a diversi argomenti) in archi temporali ampli. "La rapida espansione delle piattaforme dei social media ha rivoluzionato il modo in cui ci colleghiamo e comunichiamo, alterando radicalmente il panorama delle interazioni umane. Queste piattaforme sono diventate parte integrante della nostra vita quotidiana come fonti primarie di informazione, intrattenimento e comunicazione personale." – si legge nello studio Pattern of Linguistic Semplification on Social Media Platforms over Time

 

Il linguaggio dei social si semplifica ma non muore.  

Pattern of Linguistic Semplification on Social Media Platforms over Time pubblicato nel dicembre 2024 su PNAS* è di grande interesse per noi comunicatori. Lo studio ha analizzato evoluzione del linguaggio sui social media in 34 anni e ha spiegato la progressiva semplificazione e allo stesso tempo la vitalità perché "nuovi termini sono introdotti a un ritmo stabile".

L’analisi è monumentale. Ha interessato 300 milioni di commenti dal 1989 (dai primi giorni delle community Usenet) al 2023 in otto piattaforme digitali: Facebook, Twitter, YouTube, Voat, Reddit, Usenet, Gab e Telegram.

La complessità decresce nel tempo: meno parole, meno ricchezza lessicale e semantica, frasi più semplici e corte. Il linguaggio si semplifica ma non muore. Emergono nuove parole, neologismi, il linguaggio lentamente si adegua alla struttura della piattaforma social di riferimento che è guidata da un business model che premia velocità e intrattenimento.  "Il linguaggio comunque corrisponde a quello che succede anche tra le persone, tra le interazioni umane - dice Quattrociocchi. "C'è una chiara, quasi universale, semplificazione linguistica. Questo è il messaggio del paper.”  

Curioso è che la complessità ha invece guadagnato un notevole interesse in molte discipline negli ultimi decenni, tra cui la linguistica, la fisica, la biologia e la matematica.

"Abbiamo cercato quello che in fisica si chiama l'universalità. Otto piattaforme diverse, in anni divere, su argomenti diversi, mi porta ad una dimensione di atteggiamento umano indipendente dalla piattaforma." La dinamica dei social network - non dimentichiamo - dipende dalla comunità che c'è dietro. La comunità di Twitter è diversa da quella di Instagram o TikTok. "La persistenza di alcuni modelli nell'arco di tre decenni, nonostante i cambiamenti nelle piattaforme e nelle norme sociali, sottolinea il ruolo fondamentale del comportamento umano nel plasmare il discorso online" - riporta lo studio.

 

Stiamo diventando più cattivi e arrabbiati. Ma è proprio vero?

 

Un’altra ricerca contemporanea e pubblicata qualche mese prima, Persistent interaction patterns across social media platforms and over time, ha analizzato le dinamiche di tossicità nelle conversazioni social dal 1989 al 2023. La preoccupazione circa l'impatto delle piattaforme di social media specialmente nel contesto della tossicità è attualissimo. Anche qui l’analisi ha interessato numeri enormi, 500 milioni di conversazioni su diverse piattaforme, in tempi diversi.

A che risultato si è arrivati?  "Non ci sono differenze sostanziali, il rapporto con la tossicità degli utenti è rimasto invariato nel tempo. Un risultato abbastanza sorprendente perché tutti diciamo che per colpa dei social siamo diventati più cattivi. Invece quello che trovi nei blog dell'89 lo ritrovi simile su Telegram nel 2020."

Il lavoro del gruppo di Quattrociocchi non è finito qui. "Abbiamo ancora oltre dieci lavori su questi temi. Ho un mio un grosso corpus di ricerca e un discreto successo internazionale. Abbiamo finito un lavoro dove sostanzialmente studiamo come si è evoluto il rapporto tra lunghezza dei contenuti ed engagement degli utenti,  adesso in fase di revisione. Quello che abbiamo trovato è questo: non è vero che il contenuto si sia accorciato, che gli utenti prediligano il contenuto corto, anzi. Il contenuto di qualità ha maggiore outreach."

 

Suggerimenti per chi usa le piattaforme social (anche comunicatori): fare lavori di qualità. 

 

"Il mio suggerimento è questo: cercate di produrre contenuti con una più alta qualità possibile, perché è quello che paga nel lungo periodo. Vuol dire incrociare i dati, stare sul pezzo, analizzare i contenuti e cercare il più possibile il criterio qualità." – continua il prof. Quattrociocchi.

Altro tema, imparare a selezionare. C'è una quantità di contenuti devastante, tutti producono contenuti, tutti parlano di tutto e abbiamo pochissimo tempo di imparare. Non c'è altro metodo per salvarci se non selezionare quello che ha veramente senso per noi. "Conviene seguire chi fa un lavoro onesto, certosino. Nessuno chiede la perfezione e nessuno chiede oracoli, però l’onesta sì. Ci può aiutare un approccio evidence based e un sano scetticismo. Vuol dire anche farsi delle domande, chiedersi sempre: Questo che cosa sta dicendo? E se la risposta è: Niente! probabilmente non c'è niente e quella è una buona discriminante."

Contenuti e ragionamenti solidi alla fine pagano, perché le mode passano, i fatti restano.

 

Ultima cosa, come si fa per entrare nel tuo team, che figure cercate?

 

"I ragazzi in genere cominciano con la tesi e poi continuano con il dottorato. Per la maggior parte sono informatici, fisici e matematici, poi abbiamo qualche economista e una sociologa."

 


 

*La statunitense PNAS, PNAS Early Edition, stampata ogni settimana e pubblicata quotidianamente online  è una delle riviste scientifiche più note a livello internazionale.

 

 

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