Storia Ferpi: le cinque tesi costitutive
27/05/2010
A pochi giorni dal 40° anniversario, un breve viaggio attraverso le cinque tesi costitutive che il 16 maggio 1970 sancirono la nascita di Ferpi e che ancora oggi ne rappresentano la mission.
di Francesco Scarpulla
Le tesi che strutturano il presente Atto Costitutivo si presentano come opera aperta, cioè suscettibile di eventuale ulteriore approfondimento od ampliamento, attraverso relazioni, tesi e documenti di indirizzo da presentarsi di fronte alla Assemblea Generale degli iscritti della Federazione.
1. Il riconoscimento giuridico delle attività professionali di Relazioni Pubbliche e l’organizzazione della rappresentanza professionale come Istituto di Diritto Pubblico
La Federazione, che si pone nelle norme del Codice Civile come associazione di diritto privato, al fine di dare alla società italiana un riferimento preciso per quanto avviene alle relazioni pubbliche, sottolinea la necessità di tenere ben distinti i problemi inerenti al riconoscimento giuridico dell’attività professionale di relazioni pubbliche dai problemi relativi alla organizzazione di una rappresentanza professionale che possa porsi come istituto di diritto pubblico. Al riguardo la Federazione dichiara proprio primo obiettivo e condizione preliminare alla richiesta di qualificazione della rappresentanza professionale sul piano del diritto pubblico, la definizione delle attività professionali di relazioni pubbliche sul piano del diritto vigente.
Si propone cioè in primo luogo l’identificazione di quei contenuti che nel loro significato socio-economico siano tali da giustificare la rilevanza delle relazioni pubbliche come funzione socialmente positiva nell’ordinamento giuridico italiano. Tale rilevanza trova le sue prime ragioni nell’interesse pubblico proprio di una professione che si propone, in via principale, di attuare sistemi globali di informazione e formazione tra pubblici diversi, nelle linee di uno sviluppo democratico del Paese, sia sul piano sociale che economico.
La Federazione intende quindi sollecitare all’opinione pubblica ed alla classe politica un decreto ministeriale o una legge delimitativa dei contenuti delle attività professionali di relazioni pubbliche, informati sui seguenti principi:
- le attività proprie delle relazioni pubbliche mirano a realizzare, attraverso l’informazione sistematica ed oggettiva, il pieno sviluppo della personalità umana, determinando l’effettiva partecipazione dei cittadini all’organizzazione politica, sociale ed economica dello Stato, sia come singoli sia come membri dello Stato Comunità. A differenza della propaganda e della pubblicità che riflettono finalità immediate, le relazioni pubbliche sono attività dirette ai cittadini in generale, perché essi acquisiscano elementi di giudizio idonei ad effettuare scelte libere e consapevoli: in questa prospettiva l’ambito di rilevanza delle relazioni pubbliche implica una più obbiettiva valutazione della realtà economica e sociale.
- Nel settore privato le relazioni pubbliche hanno per scopo la tutela dell’immagine aziendale contro qualunque scritto o atto tendenti a manipolare o comunque ad alterare l’immagine e l’integrità del nome; soprattutto intendono salvaguardare gli interessi produttivi da ogni forma di concorrenza illecita o sleale; promuovono infine un costante spinto di collaborazione all’interno ed all’esterno delle singole aziende ed in generale tra i diversi settori produttivi.
- Nel settore pubblico e dell’amministrazione dello Stato, le relazioni pubbliche hanno lo scopo di determinare una più concreta conoscenza delle reciproche esigenze sia degli enti sia della comunità; tale rapporto di reciprocità implica da una parte la comunicazione dei compiti istituzionali delle attività e dei servizi dell’ente e dall’altra una più sensibile partecipazione del cittadino alla vita sociale e politica dello Stato. In via principale si propone pertanto di considerare come tipiche attività professionali di relazioni pubbliche:
a) l’informazione istituzionale a due vie tra ente pubblico o privato ed i cittadini tramite i consueti strumenti di comunicazione;
b) la formulazione di politiche gestionali specificamente nei riguardi delle relazioni umane ed industriali;
c) lo studio della realtà socio-economica interna ed esterna ad un dato organismo, mediante le tecniche della psico-sociologia e dell’informatica;
d) lo sviluppo di iniziative e programmi che mirino ad un progresso culturale e sociale della comunità;
e) l’insegnamento della metodologia e delle tecniche delle relazioni pubbliche.
La Federazione, ove sia ottenuto il riconoscimento giuridico dei contenuti delle attività professionali di relazioni pubbliche, intende promuovere un’analoga iniziativa, con richiesta di Decreto Ministeriale o legge, capace di dare uguale rilevanza sul piano giuridico alla rappresentanza professionale ed alla sua organizzazione.
Principio organizzativo della rappresentanza professionale che s’intende promuovere è l’Albo Professionale articolato nelle diverse categorie con definiti requisiti di iscrizione (titolo di studio e specializzazione, praticantato). L’Albo Professionale viene gestito da un Consiglio nazionale elettivo dei professionisti di Relazioni Pubbliche ed è posto sotto l’alta vigilanza del Ministro di Grazia e Giustizia, del Ministro dell’Industria, del Ministro del Bilancio e della Programmazione, del Ministro del Lavoro e di altri organi dello Stato.
2. Le linee di sviluppo delle attività professionali di Relazioni Pubbliche
Nella realtà quotidiana sono maturate sia nuove concezioni dello Stato e delle comunità intermedie, sia nuove concezioni economiche e sociali dell’impresa e degli enti pubblici.
Il concetto monolitico dello Stato si è dissolto attraverso una serie di elaborazioni, quali la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici, la distinzione tra «Stato-Persona» e «Stato-Ordinamento», il quale è poi concepito come un complesso di istituzioni pubbliche o private, dotate di potere giuridico e portatrici di vari interessi, che insieme concorrono ad elaborare le scelte delle attività economiche, giuridiche e politiche del Paese.
Da ciò deriva per l’azienda un nuovo concetto di economicità che risulta in stretta correlazione con le politiche di partecipazione e di comunicazione: l’azienda che intenda scegliere sistemi avanzati di gestione ad alta redditività dovrà identificarsi all’interno dello Stato come soggetto portatore di precisi interessi; dovrà attivarsi per concorrere alle decisioni che riguardano l’interesse generale e le scelte politico-economiche dello Stato, dovrà essere collegata ai pubblici poteri, agli altri centri di interesse e di opinione, per informare ed essere informata. Per l’azienda si tratta quindi di impostare una presenza effettiva, concreta, sistematica: si pensi ad esempio alle programmazioni economiche nazionali, congegnate attraverso le imprese nazionali, alle ormai consuete consultazioni del governo con i diversi operatori economici.
Oltre alle ragioni istituzionali più sopra accennate, l’azienda si trova ormai a dover tener conto di una diversa realtà socio-economica, che sta alla base del nostro tipo di società. Basti pensare nel mercato allo spostamento del punto focale dal produttore al consumatore, che dimostra di avere esigenze ed aspettative sempre più personalizzate, possiede un più alto livello di istruzione e di benessere, è abituato (e condizionato allo stesso tempo) alla pluralità di informazioni proveniente dai mass media e quindi, per tutta questa serie di ragioni, intende essere partecipe e informato in modo sempre più rilevante.
Sempre sul piano socio-economico, oltre il consumatore anche il dipendente chiede all’azienda maggiore informazione, la precisazione degli obiettivi operativi, lo sviluppo di una politica di relazione con il mondo circostante: chiede in sostanza uno spirito di partecipazione attiva. Ebbene, questi problemi, questi temi rappresentano altrettanti «casi» di relazioni pubbliche che il professionista, sia esso consulente o inserito in staff aziendali, dovrà affrontare negli anni ’70.
La Federazione, nel richiamare tali realtà intende sottolineare in primo luogo la funzione e la capacità delle relazioni pubbliche di offrire un ordine ed un indirizzo a quella serie di rapporti con l’esterno, prima accennati, che costituiscono la vita stessa di qualsiasi organizzazione.
Si richiama inoltre, come prospettiva immediata per l’attività di relazioni pubbliche negli anni ‘70, l’attivazione delle imprese ed enti per essere presenti e partecipi nelle decisioni di interesse generale, il concorso nelle scelte gestionali per l’informazione, operare in sostanza con una politica di consultazione e partecipazione per prevenire le situazioni di conflitto ed evitare i motivi di tensione, al fine di creare e mantenere tra i vari gruppi rapporti reciprocamente vantaggiosi.
L’azienda non può più costringere le iniziative di relazioni pubbliche al limite delle azioni promozionali le si chiede di modificare, nella forma e nella sostanza, siffatto aspetto della politica aziendale per raggiungere un più alto standard operativo che le permetta di inserirsi nel tessuto sociale in cui e per il quale opera.
In definitiva la metodologia e le tecniche delle relazioni pubbliche non possono essere confuse con altre attività come la propaganda, la pressagentry, il lobbying, la promotion e la pubblicità. Le relazioni pubbliche si pongono anzitutto come metodo di gestione globale di un’impresa o di un ente e poi come metodo di comunicazione di quell’impresa o di quell’ente con un pubblico generico o individuato, in una reciproca funzione di corretta formazione delle rispettive opinioni.
Interpretazione questa che pone l’attività professionale come naturale elemento di collegamento tra mondo economico e mondo politico, tra tutte le espressioni culturali e la società, e così via, ovunque vi siano attività che richiedano nel loro svolgimento un costante impegno formativo tra i vari gruppi interessati.
3. I contenuti operativi attuali delle attività professionali di Relazioni Pubbliche
La realtà attuale mostra nelle aziende ed enti di maggior nome, almeno come tendenza, una modellistica ed un profilo conforme a quanto indicato nelle due tesi precedenti in argomento di riconoscimento giuridico e di linee di sviluppo delle attività professionali di relazioni pubbliche. La piattaforma di riferimento per la Federazione derivata dalle tesi esposte, porta a definire come attività principali di relazioni pubbliche tutte le politiche di costruzione, diffusione e tutela dell’immagine di un’azienda o ente.
In queste politiche di costruzione, diffusione e tutela dell’immagine si verifica in primo luogo un’azione che mira ad identificare, all’interno ed all’esterno dell’azienda o ente, i caratteri distintivi di detta immagine. Ciò posto vengono definiti i tipi di intervento, e di pubblici interessati, sia pure in forma non ancora perfetta. Parallelamente alle politiche dell’immagine, vengono sviluppate le politiche e le tecniche della comunicazione, intesa come «comunicazione globale», capace cioè di realizzare una vera e propria «socializzazione» delle informazioni.
Anche in questa fase si avverte peraltro un empirismo di fondo che spesso limita la comunicazione al mondo politico e alla stampa, in senso unidirezionale, senza una valutazione paritaria dei mezzi. Nel loro momento attuale le relazioni pubbliche richiedono in primo luogo un coordinamento all’interno del management aziendale, con l’identificazione di responsabilità e di una maggiore globalità.
Questo in quanto attualmente le relazioni pubbliche si presentano come modo di intendere ed operare; modo che esprime la capacità di «saper stare» al patto sociale che lega individui e organizzazioni tra loro per la realizzazione del bene comune. Nelle aziende ed enti più pronti a recepire il valore operativo delle relazioni pubbliche si è già realizzato in sostanza quel trasferimento dagli interessi materiali agli interessi umani e sociali che la società oggi richiede: le imprese non possono più considerarsi mere produttrici di beni e servizi, in quanto la società tende ad assimilarle ai fatti sociali.
Da un processo informativo si sta passando nella sostanza ad un processo formativo e di compartecipazione. Questi elementi, attuali in molte aziende ed enti, si trovano comunque già delineati nella quasi generalità delle aziende ed enti in cui si «parli» di relazioni pubbliche, pur ancora commisti alla semplice «simpatia», alla propaganda, al lobbying e simili.
La Federazione intende operare per una realizzazione delle tecniche operative di relazioni pubbliche, sia in riferimento all’immagine che alla comunicazione, attraverso una costante sensibilizzazione e qualificazione in tal senso di tutti i professionisti di relazioni pubbliche. Nei contenuti operativi indicati, le relazioni pubbliche sono sviluppate da professionisti «interni» ad aziende od enti oppure da consulenti esterni, agenzie o studi. Per i due gruppi di operatori di relazioni pubbliche, stabilito che in primo luogo le attività di relazioni pubbliche richiedono autonomia, professionalità e responsabilità negli opportuni livelli sia per il professionista «interno» che per consulenti, agenzie o studi, è necessario evidenziare alcuni elementi.
Il professionista o esperto di relazioni pubbliche interno allo staff aziendale sviluppa segnatamente le politiche di immagine e comunicazione con pieno rispetto dell’autonomia di giudizio dei pubblici interessati e si presenta professionalmente capace di recepire dell’interno e dall’esterno tutti gli elementi utili come coordinatore ed ispiratore delle scelte aziendali di relazioni pubbliche.
Il consulente, studio o agenzia di relazioni pubbliche, per la sua autonomia di giudizio, deve in primo luogo esaminare criticamente la realtà aziendale al di fuori di ogni pressione: egli stesso si pone infatti come vero e proprio pubblico esterno portatore di una valutazione originale ed autonoma.
Sul piano pratico la Federazione intende promuovere e favorire l’autonomia, l’indipendenza e lo spirito di responsabilità dei professionisti di relazioni pubbliche, siano essi «interni» a staff aziendali o consulenti, creando i presupposti di una effettiva e concreta professionalità, indipendentemente dal riconoscimento giuridico. Essa si propone perciò di disciplinare sul piano dei contenuti le diverse prestazioni professionali, anche attraverso una autoregolazione degli interventi e dei rapporti con gli utenti, con la esclusione dei clienti concorrenti, impegno al segreto professionale, tariffari omogenei e simili.
In questo quadro, in attesa della istituzione di corsi formativi a livello universitario, la Federazione – pur riconoscendo gli sforzi fatti in passato da uomini professionalmente qualificati – si propone di sviluppare tutte le attività di tipo culturale e formativo sulle relazioni pubbliche atte a favorire una maggiore conoscenza delle diverse esperienze professionali.
4. I rapporti tra le relazioni pubbliche, le attività giornalistiche e la stampa
Talvolta si parla genericamente di relazioni pubbliche e stampa e si confondono addirittura le relazioni pubbliche con le attività degli uffici stampa.
Al riguardo la Federazione desidera espressamente richiamare i contenuti professionali delle attività di relazioni pubbliche espressi nelle tesi precedenti.
Essi consentono infatti di far luogo ad una serie di chiarimenti tra cui, preliminare, la corretta distinzione tra relazioni pubbliche ed attività giornalistica, con la conseguente differenziazione con gli uffici stampa e quindi l’esame dei rapporti tra relazioni pubbliche e stampa, intesa come «media» e complesso di pubblici.
Se si parte dai contenuti professionali di relazioni pubbliche esposti in precedenza, si assume una visione delle stesse come metodo globale di gestione che tiene conto degli effetti sociali, come sistema di comunicazioni, in sostanza di contatto e formazione tra aziende ed enti pubblici. Le relazioni pubbliche si presentano quindi come una funzione alto direzionale, che partecipa alla formazione delle decisioni di aziende ed enti. Le attività dell’ufficio stampa sono estranee invece alla formazione delle decisioni, sono la «voce» dell’azienda verso giornalisti, giornali, agenzie stampa.
In queste linee non è possibile nessuna incompatibilità o interferenza tra uffici di relazioni pubbliche e uffici stampa e di conseguenza tra professionisti e giornalisti addetti agli uffici stampa. Sono funzioni diverse, in un contesto differente, anche se l’oggetto – informazione – è il medesimo. Infatti i professionisti di relazioni pubbliche – negli staff aziendali o consulenti – sono laddove nascono le decisioni a portare il loro contributo di esperti in comunicazioni sociali. I giornalisti, nell’esercizio pieno della loro professionalità, sono laddove i fatti di rilievo sociale – anche se aziendali – sono raccolti e trasmessi, sono negli uffici stampa di aziende o di enti a predisporre notizie, elaborare comunicati, attuare verso i loro colleghi ed il mondo editoriale quella «politica di informazioni» che le relazioni pubbliche hanno saputo determinare e realizzare nell’ente privato o pubblico.
Tale politica avrà tenuto conto di alcuni caratteri basilari: in primo luogo l’assoluta onestà e correttezza dell’informazione, che è la vera chiave di volta di tutta l’attività di relazioni pubbliche: inoltre tutti i canali di informazione potranno ricevere un trattamento paritetico, senza preclusioni.
In sostanza le relazioni pubbliche sostengono ed affermano una politica di «qualità» delle notizie: esse non chiedono spazi, non contano millimetri. Cercano solo attenzione, attenzione professionalmente dovuta a fatti e notizie di qualità. In questo senso cioè le relazioni pubbliche si presentano anche come il punto di riferimento selettivo di quanto l’azienda o ente propone ai suoi pubblici e da essi riceve. Se queste note delimitano i campi differenti di azione e di responsabilità di professionisti di relazioni pubbliche e giornalisti, altrettanto chiaramente implicano una indicazione di metodo e di sostanza sui rapporti tra relazioni pubbliche e stampa, intesa come mezzo di relazioni pubbliche. Indicazioni di metodo e di sostanza che si riduce a correttezza di rapporti, rispetto ed autonomia delle rispettive opinioni, trattamento almeno uguale per le notizie «cattive» e per i fatti positivi, lealtà ed indipendenza reciproca di giudizio.
5. Contenuti deontologici delle attività professionali di relazioni pubbliche
Premessa indispensabile per comprendere le diverse matrici culturali, sociali e giuridiche che caratterizzano la professionalità delle relazioni pubbliche nel nostro Paese e nei Paesi anglosassoni – nei quali i codici etici hanno una rilevanza ed efficacia propria di tipo vincolativo – è la considerazione degli elementi distintivi dell’ordinamento giuridico italiano.
Secondo la nostra tradizione, l’ordinamento giuridico si presenta con le caratteristiche della codificazione e della gradualità delle fonti di diritto. In questo sistema, il rinvio e l’accoglimento di leggi straniere o di norme internazionali richiedono un rinvio ricettizio o formale a seconda che si considerino i contenuti legislativi e gli effetti prodotti: materia questa di specifica appartenenza al diritto internazionale pubblico o privato.
Su queste premesse appare evidente che nella situazione attuale – carenza di riconoscimento giuridico per le attività professionali di relazioni pubbliche e quindi carenza di diritto positivo vigente – l’ordinamento giuridico italiano non può recepire i così detti codici etici di relazioni pubbliche.
Da questo viene riconfermata l’esigenza di individuare contenuti vincolanti, per l’ordinamento giuridico italiano, delle attività professionali di relazioni pubbliche. Al di là dei valori descrittivi o di suggerimento di comportamenti «etici», si rileva l’opportunità di determinare un sistema di valori deontologici, dotati di efficacia in quanto suscettibili di applicazione giuridica: ecco ancora ribadita la richiesta prioritaria del riconoscimento giuridico delle attività professionali di relazioni pubbliche. La Federazione ritiene in via generale e di principio valido e significativo il riferimento e l’osservanza alle norme deontologiche dei codici professionali, in primis il codice dell’International Public Relations Association e del Centre Europeén des Relations Publiques in quanto recepibili ed applicabili secondo il nostro ordinamento giuridico. Si presentano al riguardo altrettanto esemplari il «Code of Professional standards for the practice of Public Relations» del Public Relations Society of America ed il Codice APRA – American Public Relations Association.
In via particolare la Federazione si propone di giungere alla formulazione di una normativa deontologica che autodisciplina i professionisti italiani di relazioni pubbliche, articolata nelle linee dei valori di comportamento qui indicati:
A. Il professionista di relazioni pubbliche si ispira nel suo comportamento professionale a criteri di correttezza, alto standard operativo, ineccepibile contegno formale. I medesimi criteri di correttezza e professionalità informano i suoi rapporti verso i datori di lavoro o clienti, attuali e passati. In primo luogo egli assume e rispetta il segreto professionale, in quanto, rivelando od impiegando a proprio o altrui vantaggio, informazioni e notizie, viene vulnerato il rapporto di fiducia non solo con il cliente o datore di lavoro, ma più ampiamente il rapporto di fiducia tra la professione e la collettività in generale.
B. Il professionista di relazioni pubbliche non rappresenta interessi in contrasto fra loro, salvo consenso degli interessati. Assunto un incarico, il professionista di relazioni pubbliche tutela gli interessi del cliente o datore di lavoro, anche con sacrificio del proprio, ove vi sia conflitto di interessi.
C. Il professionista di relazioni pubbliche informa la sua attività a criteri di «diligenza, scienza e coscienza». Egli non ricorre quindi a sistemi suscettibili di compromettere deliberatamente interessi o reputazioni di clienti, datori di lavoro, professionisti di relazioni pubbliche, terzi comunque estranei. Egli si astiene dall’accettare compensi ed altri vantaggi a remunerazione della propria opera da parte di altri che non sia il suo cliente o datore di lavoro, o compensi condizionati.
D. Il professionista di relazioni pubbliche non presta la sua opera ad aziende o enti assistiti per la stessa ragione da altro professionista di relazioni pubbliche, salvo accordo di quest’ultimo; egli esclude l’utilizzazione di intermediari (intesi come procacciatori di affari); si astiene da qualsiasi pratica tendente a corrompere, a manipolare la integrità dei mezzi di comunicazione pubblica rifiutando di diffondere notizie false o ingannevoli, ma sforzandosi di rappresentare fedelmente i fatti nella loro verità.