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Su comunicazione e responsabilità sociale delle organizzazioni: Enel indica la strada

12/07/2005

Un commento di Toni Muzi Falconi

La decisione di Enel di dedicare un capitolo sulla comunicazione del suo triple bottom line, come osserva correttamente Paolo D'Anselmi nella sua recensione di qualche settimana fa è davvero una scelta impegnativa e consapevolmente intelligente.Non può esservi equivoco: è una scelta dettata dalla convinzione del vertice di quell'organizzazione che la comunicazione è parte integrante dei suoi doveri di responsabilità sociale verso i pubblici influenti.Questo non solo perché una organizzazione investe con modalità crescenti risorse finanziarie prodotte da altri (e quindi è corretto renderne conto e valutarne efficacia ed efficienza), ma anche perché la comunicazione rappresenta l'io narrante dell'organizzazione e produce conseguenze sugli altri alla pari, se non di più, di altre attività economiche, sociali ed ambientali.L'implicazione è perlomeno triplice:a -  da un lato, mette i comunicatori nella condizione di sottoporre ogni attività a un attento esame dei criteri di responsabilità sociale dell'organizzazione prima di realizzarla, di valutarne le conseguenze durante e  misurarne l'efficacia dopo, realizzando così quella piena integrazione della comunicazione nelle attività di direzione di cui andiamo parlando da qualche tempo;b - dall'altro, obbliga i comunicatori a programmare consapevolmente ogni attività in base a obiettivi espliciti, coerenti con le finalità dell'organizzazione e di definire indicatori di performance specifici sia per l'insieme che per i singoli programmi attuati e strumenti applicati;c - infine, consente ai comunicatori di rendersi pienamente conto che le attività comunicative non si esauriscono in quelle prodotte dalla direzione comunicazione (che in realtà ne costituiscono soltanto una minima parte) e questa consapevolezza li stimola ad assicurare e a trasferire orizzontalmente competenze e abilità comunicative a tutte le funzioni dirigenti, così che queste possano coerentemente comunicare direttamente ai rispettivi pubblici influenti.Naturalmente, questa consapevolezza fa anche giustizia di quella tendenza sempre più marcata - e non soltanto italiana - che porta i programmi di responsabilità sociale delle organizzazioni direttamente nelle competenze delle direzioni comunicazione (ne fa fede anche il bel libro di Franco Angeli "Comunicare la csr" prodotto dalla Ferpi e coordinato da Nicoletta Cerana un anno fa). Tendenza che ha fatto scrivere al capo mondiale di McKinsey sull'Economist di qualche settimana fa che la moda della csr va ad esaurimento proprio perché ritenuta soltanto parte delle attività comunicative.Il ragionamento inaugurato dall'Enel va invece in direzione opposta: non solo la responsabilità sociale non fa parte della comunicazione, ma è la comunicazione stessa ad essere, insieme a tante altre componenti organizzative, parte della responsabilità sociale.Per concludere due questioni importanti:1.°come molti sanno, i gestori di telefonia mobile sono al tempo stesso i principali sostenitori della responsabilità sociale ma anche costantemente pluri denunciati all'Antitrust a al Giurì di auodisciplina per violazione della correttezza pubblicitaria (e condannati a pagare ammende al punto che la voce multe da pagare fa ormai parte integrante dei costi delle loro campagne). E' come se la mano destra non sapesse quel che fa la mano sinistra. A quando una riflessione autocritica con l'emanazione di nuove linee guida coerenti con i principi solennemente proclamati?2.°assumendosi l'onore di questa importante innovazione l'Enel  se ne assume anche l'onere e ci aspettiamo nel tbl del 2005 un sobrio, sereno e dettagliato resoconto degli investimenti fatti, delle iniziative e delle criticità riscontrate.(tmf)
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