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Tempi duri per i leader

16/09/2009

Enrico Cogno, già vicepresidente Ferpi e considerato tra i più autorevoli comunicatori italiani, ci propone le sue riflessioni sulle norme comportamentali dei professionisti di Relazioni pubbliche nella pratica così come nell’uso di strumenti.

di Enrico Cogno


Mi sono venuti sottomano alcuni studi di Wilfred R. Bion sulla leadership e sulle dinamiche ricorrenti nella guida dei gruppi. Ripropongo il testo a quanti, tra i colleghi, hanno contatto con dei leaders, sia nell’ambito di organizzazioni complesse, sia nel settore della comunicazione politica.


Com’è noto, Bion afferma che esistono, tra le altre, tre principali tipologie psicologiche di gruppo, che definisce: A) Gruppo in posizione di Dipendenza; B) Gruppo in posizione di Accoppiamento; C) Gruppo in posizione Attacco/Fuga.
Ognuno potrà divertirsi a vedere raffigurate in queste tre tipologie alcune delle situazioni, a volte aziendali, a volte riferibili al quadro politico italiano: la cosa curiosa è che, secondo Bion, nessuna leadership di successo è possibile in queste ‘patologiche’ situazioni. Vediamole.


A) Il gruppo in “Posizione di Dipendenza”


Questo tipo di aggregazione nasce dal concetto, inconscio e mai esplicitato, che quando si entra a far parte di un gruppo, questo risolverà tutti i problemi personali e tutte le avversità. Ci si affida al gruppo perché appare solido, eterno, più forte del singolo, quindi in grado di sollevare dall’angoscia procurata da un’attività individuale. Dal punto di vista psicologico, quindi, chi entra a far parte di un gruppo in una posizione di dipendenza tenderà ad attribuire al leader del gruppo poteri superiori,
quasi fosse una specie di divinità.


I membri del gruppo ritengono che il leader abbia certamente una soluzione vincente, quasi che non dovesse faticare per trovarla. Si vuole, inconsciamente, che il leader sia al di sopra di tutti, perché questa sua superiorità è un indispensabile sgravio di responsabilità.


E’ un doppio legame, necessario sia ai componenti, sia al leader che non voglia deluderli, poiché se tentasse di sfuggire a questa funzione di grande contenitore dei pensieri del gruppo (svelando la sua legittima necessità di essere normale) verrebbe ripudiato dal gruppo. La figura del leader è un crogiolo nel quale il gruppo ripone le sue fantasie e le sue emozioni e sul quale non accetta un approccio reale. In un simile gruppo non c’è crescita, non c’è coscienza, non c’è sviluppo: c’è solo gestione dell’ansia.


B) Il gruppo in “Posizione di Accoppiamento”


E’ un gruppo molto simile (di qui la sua denominazione) al processo di formazione di una coppia, quello stato nascente e fortemente rivoluzionario che è l’innamoramento. La coppia, al suo formarsi, vive un clima irragionevole di speranza e di aspettativa, di ipotesi su un futuro radioso. Allo stesso modo, anche i membri di un Gruppo di Accoppiamento vi aderiscono sotto una spinta emotiva diretta al futuro.


Infatti, mentre la posizione di dipendenza guarda al passato, la posizione di accoppiamento tende al
domani. In questa ottica, tutto ciò che deve ancora venire sarà soltanto bello, tutto andrà per il meglio, ogni cosa si risolverà, spesso in una sorta di ottimismo irreale che porterà il gruppo a sottovalutare la realtà.


Nel momento in cui questo futuro apparirà per come è, cioè una corsa ingaggiata con la nostra ombra, il gruppo perderà ogni magia, in questo ben poco aiutato dal leader che si sentirà, in un simile gruppo, come provvisorio, momentaneo, proprio perché il gruppo ipotizza una specie di messia che verrà a risolvere ogni cosa. Tutto ciò che si realizza diventa passato e in un gruppo che ha il culto del futuro, il passato non conta. Quindi, non conta neanche il leader.


C) Il gruppo in “Posizione Attacco/Fuga”


E’ un gruppo che ha una duplice motivazione d’unione: si riunisce per sfuggire da qualcuno o per attaccare qualcuno. Di fatto, la motivazione è la stessa, anche se rappresentata in forma opposta. Il gruppo quindi chiederà al leader di guidarlo contro il presunto nemico oppure lontano da esso: si pensi, storicamente, ai soldati di Napoleone o ai seguaci di Mosé.


Il gruppo Attacco/Fuga ha sempre, idealmente, dei nemici o dei persecutori e richiede un leader molto forte. Se il leader tentenna o rifiuta, il gruppo lo esautora. Nei momenti di crisi, frequentissimi, la comunicazione porta a galla i malesseri. In questi momenti quasi mai la comunicazione è esplicita: è sempre allusiva, sfumata, metaforica, simbolica. Saperla ascoltare e decodificare, per il leader, significa sopravvivere: deve saper cogliere i segnali deboli. Diversamente, il leader perde ogni forma di contatto con il gruppo.


Siccome, per la natura stessa dell’attività, il relatore pubblico si trova spesso a svolgere il ruolo di consigliere del leader, mi chiedo se le tre tipologie riportate (frutto degli studi di Bion) appaiono ai colleghi come paradossali e del tutto inverosimili oppure se questi riconoscono, con le
dovute differenze, alcune situazioni di leadership critica nelle quali si sono già imbattuti.
Potrebbe essere interessante far nascere uno scambio di opinioni.
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