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Un contributo alla ricerca 'per' le Relazioni Pubbliche

20/06/2006

Fabio Ventoruzzo replica all'articolo della scorsa settimana sulla 'cornice' di Relazioni Pubbliche, proposto da Toni Muzi Falconi.

Leggendo il pezzo di Toni Muzi Falconi (una sintesi è vero, ma wow! che qualità il workshop newyorkese..) la prima riflessione che mi sento di fare riguarda la mole di stimoli emersi da un lavoro trentennale.Era infatti il 1976 che Grunig pubblicava uno dei suoi primi paper in cui enfatizzava la differenziazione tra comunicazione a una e due vie (a onor del vero, Grunig parlava di comunicazione sincronica e diacronica..). Scorrendo il resumè è incredibile come le varie teorie si siano integrate nel corso di questi anni, segno evidente di come l'agenda mondiale delle relazioni pubbliche sia stata attenta alla ricerca sulle relazioni pubbliche, riuscendo a supportare laddove non a integrare tout court la ricerca nelle relazioni pubbliche. Ciò (credo) testimoni la maturità della nostra professione che dal momento in cui si trova a possedere un corpo di conoscenze globale può ora ambire ad una legittimazione anche presso i vari stakeholder (organizzazioni e processo decisionale in primis).Sarebbe bello che anche in Italia questa ricerca per le relazioni pubbliche fosse viva e dinamica e fornisse un fantastico volano per l'accreditamento dei relatori pubblici e il conseguente miglioramento della propria reputazione. Colgo quindi al volo la richiesta di contributo presente la settimana scorsa, per fare alcune riflessioni che spero possano trovare anche una risposta a) La teoria globale (come descritta dal nostro tmf) postula la maggior efficacia dell'approccio simmetrico e bidirezionale nella comunicazione, enfatizzando così anche il valore della diversità presente nei pubblici. Concordo appieno su questo principio. Sento però il bisogno di aggiungere ulteriore carne al fuoco. Credo fortemente che le relazioni pubbliche debbano saper governare i diversi sistemi di relazione con i pubblici influenti integrando i diversi approcci (e non semplicemente privilegiandone uno).Un relatore pubblico, per garantire la massima efficacia nel raggiungimento degli obiettivi (organizzativi e di comunicazione) deve utilizzare l'approccio simmetrico (con i pubblici consapevoli ed interessati = stakeholder attivi),  quello trasparentemente persuasivo (con stakeholder potenziali e influenti su variabili e destinatari) e anche (perché no?) l'approccio di natura spiccatamente più push rivolto ai destinatari finali della comunicazione. Tutto questo integrando gli sforzi di comunicazione. Come? Attivando un dialogo continuo con gli stakeholder attivi, attirando l'attenzione di stakeholder potenziali e influenti attraverso messaggi per persuaderli a diventare stakeholder attivi (e quindi attivare relazioni meno "costose") ed infine semplicemente attirando l'attenzione dei destinatari con una comunicazione fortemente emozionale. Questo implica un cruscotto per monitorare costantemente cosa comunicare,a chi e come comunicarlo. La simmetria è la cornice di questa integrazione: tutti gli sforzi di comunicazione devono essere portati avanti avendo come scopo finale la costruzione di relazioni tendenzialmente simmetriche con la maggior parte dei pubblici.È quindi una sorta di nuovo quinto modello delle relazioni pubbliche, quello che utilizzando i 4 modelli precedenti - a seconda delle diverse situazioni e dei segmenti di pubblici - li integra in una vera e propria cornice/matrice di riferimento.  b) La seconda riflessione che mi sento di proporre a tutti noi riguarda la definizione dei fondamentali della nostra professione. Ad una prima lettura i principi generici sembrano rispondere alle domande che qualunque consulente di direzione cerca di "vendere" ai propri clienti: chi siamo?, dove vogliamo andare?, quale strategia?, quali valori?La proposta potrebbe quindi essere quella di costruire collettivamente una envisioning professionale che, riprendendo i cinque principi generici (nel riassunto suddivisi in sottopunti), li raggruppi in mission, vision, principi guida. ...potrebbe essere un contributo italiano al modello globale. Perché non provarci? c) Un'ultima considerazione: credo che tra le diverse local specific applications un ruolo autonomo lo debba avere anche la cultura della comunicazione presente in quel Paese. È evidente che non tutti possano annoverare la stessa maturità della comunicazione, del suo ruolo a supporto delle organizzazioni e del suo sistema educativo. E addirittura all'interno del Paese le situazioni possono presentare dei gap (alle volte) sorprendenti. Questo aspetto può essere letto come causa e/o effetto anche dell'associazionismo professionale, che pur dinamico nei diversi continenti, è ancora troppo debole per poter contribuire alla crescita e alla maturità delle relazioni pubbliche intese e accreditate come sforzo consapevole e programmato per il governo delle relazioni con i pubblici.Che ne pensate?   Fabio Ventoruzzo
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