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Cosa sappiamo del copyright

01/02/2019

Letizia Nassuato

Uno sguardo alla proposta di revisione della normativa europea sul diritto d’autore attualmente in discussione. L'analisi di Letizia Nassuato.

Lo scorso lunedì 21 gennaio avrebbe dovuto tenersi la riunione tra Parlamento europeo, Commissione e Consiglio, volta a raggiungere un accordo sulla proposta di revisione della riforma europea del copyright, ma l’incontro è saltato. L’iter negoziale, avviato a settembre a seguito del via libera da parte dell’assemblea di Strasburgo, avrebbe dovuto concludersi in questo periodo ma il dibattito sulla questione continua ad essere acceso.

Il 12 settembre 2018 infatti, con 438 voti favorevoli, 226 contrari e 39 astenuti era arrivato il via libera ad un testo di revisione della normativa europea sul diritto d’autore, composto da 24 articoli e 252 emendamenti, presentato dal relatore Axel Voss. Si parla di ‘proposta’ perché l’iniziativa approvata rappresenta un passaggio obbligatorio, propedeutico ad iniziare una fase di confronto, il cosiddetto trilogo, nel corso della quale il testo può essere modificato e la cui versione finale deve poi nuovamente esser votata dall’Europarlamento.

Si tratta di una corsa contro il tempo perché a fine maggio 2019 sarà eletto il nuovo Parlamento europeo ed il rischio che molti intravedono, è quello di dover iniziare tutto da capo.

La strada per l’applicazione di una vera e propria riforma della normativa sul copyright è quindi ancora piuttosto lunga.

Due sono gli articoli maggiormente discussi: l’art. 11 ed il 13. Il primo riguarda nello specifico gli editori e prevede sia loro riconosciuta una “remunerazione equa e proporzionata per l’utilizzo digitale delle pubblicazioni di carattere giornalistico”. Ciò significa che gli aggregatori di notizie o i siti web con più di 250 dipendenti e che svolgono attività a scopo di lucro (è esclusa quindi wikipedia o le start-up) per utilizzare contenuti giornalistici dovrebbero riconoscere un compenso agli editori (e di conseguenza ai giornalisti). L’art. 13 riguarda invece la necessità che le grandi piattaforme web di condivisione sottoscrivano accordi di licenza con i detentori dei diritti d’autore. Obiettivo in questo caso è quello di recuperare il cosiddetto value gap ovverosia il divario tra il valore generato dallo sfruttamento delle opere soggette a diritto d’autore a favore dei big del web e quello che viene restituito all’intera industria creativa.

Nei processi decisionali della politica la comunicazione ricopre un ruolo strategico e questo è ancor più vero nel contesto attuale; da mesi si assiste quindi a campagne di comunicazione pro o contro la riforma, che tendono a semplificare polarizzando la scelta tra i sostenitori dell’internet libero e l’approvazione di una normativa che ne minerebbe tale libertà. Per capire a pieno la proposta, opportuno però fare un passo indietro e specificare che la normativa europea attualmente in vigore sul diritto d’autore risale al 2001, quando Facebook ancora non esisteva, Google era un motore di ricerca come Yahoo o Msn Search, la musica si ascoltava ancora quasi prevalentemente su CD e, solo per i più sofisticati, con supporti MP3, ed i film in casa si vedevano con i DVD.

Nel corso di un quindicennio, il modo di fruire di questi servizi è mutato profondamente: oggi il 91% dei giovani tra i 16 ed i 24 anni utilizza lo smartphone per ascoltare musica, il 65% predilige il web per informarsi, ma la maggior parte di loro non ha la percezione del valore di ciò che ascolta o delle news che legge, mentre ce l’ha sicuramente del device che utilizza.

La smaterializzazione del prodotto culturale ha determinato uno spostamento di attenzione dal contenuto al contenitore, motivo per cui diventa più facile oggi mobilitare attraverso un hashtag anziché snocciolare numeri di un settore, come quello musicale, che ha visto perdere a livello mondiale oltre il 40% in un decennio. Non se la cava meglio il mercato dell’editoria quotidiana dove, stando ai dati dell’Osservatorio Agcom a giugno 2018, solo in Italia si è registrata una flessione del 7,5%.

Nella difficoltà di trovare un bilanciamento degli interessi in gioco il ‘diritto d’autore’ è stato individuato quale strumento cardine attraverso cui garantire una giusta remunerazione ad artisti, autori, interpreti, giornalisti, editori… e sostenere l’intero processo creativo, affinché il digitale sia appieno un motore di crescita e di sviluppo per cittadini e imprese in Europa.

 

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