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Dall'Ambrosiano alla Sme il mestiere scivoloso delle Rp

07/02/2011

Una conferenza organizzata per il decennale di _Mito Group._ E’ l’occasione in cui _Toni Muzi Falconi_ ha raccontato quattro grandi catastrofi della comunicazione in cui si è imbattuto nella sua lunga carriera. Perché anche dagli errori si possono trarre utili lezioni.

di Franco Giubilei
Mestiere scivoloso quello di chi intesse pubbliche relazioni ad alto livello. Basta un malinteso al telefono o un documento riservato finito in mani sbagliate, ed ecco andare in fumo affari colossali. Toni Muzi Falconi, uno dei guru italiani della comunicazione, ha scelto il decimo anniversario di Mito Group di Modena per raccontare alcuni flop di mezzo secolo di carriera, a cominciare dal mancato salvataggio del Banco Ambrosiano nel 1982: Calvi è stato appena trovato morto a Londra e sulla banca milanese pende il commissariamento, quando Muzi Falconi inizia a collaborare con Orazio Bagnasco, tycoon immobiliare in quota alla finanza cattolica interessato a rilevare l’istituto. Per preparare il terreno, il pr organizza al suo cliente due incontri, uno con l’allora governatore della Banca d’Italia Ciampi e un altro col direttore di Repubblica Scalfari, che non vedeva di buon occhio Bagnasco. «Io ero rimasto a Milano, assediato dai giornalisti che volevano sapere com’era andata, d’accordo col cliente che mi avrebbe telefonato dopo aver parlato con Ciampi e Scalfari – racconta Muzi Falconi -. La sua chiamata però tardava, così gli ho telefonato io e lui, che in quel momento era a colloquio con Andreotti, ha tagliato corto dicendo che era andato tutto bene, allora ho pensato che avesse visto anche Ciampi. Il giorno dopo tutti i giornali hanno pubblicato la notizia con grande rilievo, ma Bankitalia subito dopo ha mandato un comunicato che smentiva ci fosse mai stato un incontro fra Ciampi e Bagnasco. Il giorno dopo un editoriale di Scalfari definì Bagnasco un “mercante di tappeti”… L’affare saltò e l’Ambrosiano venne commissariato». Morale: chiedere conferma prima di agire.
Il secondo fiasco riguarda la privatizzazione della Sme: 1993, Prodi presidente Iri, destra Dc e azienda pubblica fortemente ostili all’operazione. Muzi Falconi viene incaricato di creare condizioni favorevoli fra opinion leader e opinion maker, così stila una lista. Il documento però sfugge al controllo: «Un giornalista di Mf lo riprodusse e pubblicò per intero – ricorda il professionista -. Piovvero sedici interrogazioni parlamentari e l’operazione incontrò difficoltà enormi per questa fuga di notizie». Lezione: immaginare sempre le conseguenze delle proprie azioni sugli altri e non fare mai fotocopie dei documenti riservati.
La terza vicenda non è un flop, ma l’esempio di come un cliente non si faccia scrupoli nel bruciare un collaboratore, se la situazione lo richiede. «Per vent’anni, fino al ‘96, sono stato consulente di Philip Morris e altre industrie del tabacco – dice Muzi Falconi -. Nel 2000 mi chiamò un giornalista straniero chiedendomi i dettagli di un mio incontro col ministro della Sanità nell’82… Gli chiesi la fonte dell’informazione e lui mi disse che, per evitare 500 milioni di sanzioni del Congresso Usa, l’industria aveva messo online tutto l’archivio con vent’anni di mia corrispondenza con loro. Allora ho scritto una lettera aperta ai giornali italiani con l’indicazione dell’url e ho rimesso il mandato di presidente Ferpi».
L’ultimo caso è anche il più buffo: è il 1964, un ventitreenne Muzi Falconi lavora per la 3M in occasione della presentazione della prima fotocopiatrice a colori allo Smau di Milano. Deve controllare lo slogan sulla pagina pubblicitaria in uscita sul Corriere, ma il giorno dopo i venditori della concorrente Xerox arrivano in fiera con un pitale in mano: sul Corriere era scritto «Presentatevi con l’orinale (invece di originale, ndr) e vi faremo la fotocopia…»
Tratto da La Stampa
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