Redazione
Per un italiano su due l'informazione sulla pandemia è confusa. È quanto è emerso dal Rapporto Ital Communications-Censis "Disinformazione e fake news durante la pandemia: il ruolo delle agenzie di comunicazione", presentato presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma.
Per il 49,7% degli italiani la comunicazione sul Covid-19 è stata confusa, per il 39,5% ansiogena (un dato che sale al 50,7% tra i più giovani), per il 34,7% eccessiva e solo per il 13,9% della popolazione equilibrata.
È quanto emerge dal Rapporto Ital Communications-Censis "Disinformazione e fake news durante la pandemia: il ruolo delle agenzie di comunicazione", presentato, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma. Obiettivo della ricerca: evidenziare il ruolo svolto in Italia dai professionisti delle agenzie di comunicazione nel garantire qualità e veridicità alle notizie e mantenere, così, un sistema dell'informazione libero e pluralista.
Per la prima volta, i media, vecchi e nuovi, hanno avuto difficoltà a governare un contesto di improvvisa moltiplicazione della domanda, a causa della pandemia, confermando di avere sempre più bisogno di figure esterne affidabili e competenti. Le agenzie di comunicazione possono rappresentare validi argini contro la cattiva comunicazione poiché, mentre lavorano per valorizzare e supportare l'immagine dei propri clienti, operano anche per i media e per la qualità dell'informazione veicolata. In Italia sono attive 4389 agenzie di comunicazione, dove lavorano 8311 professionisti. Si tratta di realtà aziendali in crescita negli ultimi anni (+12,5% dal 2015 al 2020) e aumentate anche nell'annus horribilis dell'epidemia sanitaria (+1,2%).
Con la pandemia, il sistema dei media ha moltiplicato la propria offerta, una vera e propria "infodemia comunicativa", con il web che ha allargato la platea del mondo dell'informazione portando più libertà, più protagonismo, più notizie, ma anche meno intermediazione e controlli sulla qualità e la veridicità delle news. Un sovraffollamento comunicativo che ha aumentato il rischio di generare ansia, allarme sociale e visioni distorte della realtà, conseguenze tanto più diffuse quanto più le notizie sono specialistiche, settoriali, di difficile interpretazione e hanno delle ripercussioni sui comportamenti collettivi: è appunto il caso delle regole da seguire per la prevenzione, la diagnosi e la cura del Covid-19.
Tra i più giovani sono molto elevate le quote di chi ritiene che la comunicazione sia stata sbagliata (14,1% per i 18-34enni e 3,7% per gli over 65enni, a fronte di una media del 10,6%), e addirittura pessima (14,6% tra i millennials, 3,2% tra i longevi).
La comunicazione confusa sul virus, anziché rendere gli italiani più consapevoli, ha veicolato paura: è di questa opinione il 65% degli italiani, quota che cresce tra i soggetti più deboli, arrivando al 72,5% tra gli over 65enni e al 79,7% tra chi ha al massimo la licenza media.
Per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'Informazione e all'Editoria, Rocco Giuseppe Moles, "è fondamentale riconoscere che il ruolo delle piattaforme sociali, strumenti importanti ma in alcuni casi 'tossici', pone questioni di carattere giuridico, tecnologico e culturale. I social network oggi tendono a svolgere una funzione impropria, pubblicando in alcuni casi solo ciò che vuole 'sentirsi dire' il pubblico".
Per Giuseppe De Rita, presidente del Censis, "la scelta che è stata fatta durante la pandemia è stata quella di privilegiare una comunicazione disordinata e a forte carica emotiva, sacrificando flussi di informazione affidabili e di qualità".
Secondo Attilio Lombardi, Founder di Ital Communications, "il Rapporto Ital Communications-Censis presentato oggi mette in luce come abbia preso piede una pericolosa "infodemia comunicativa", ovvero una circolazione eccessiva di informazioni spesso non vagliate, che ha reso difficile orientarsi tra fonti attendibili e meno attendibili, lasciando spazio alla proliferazione delle cosiddette 'fake news'. Questo scenario evidenzia il ruolo fondamentale delle agenzie di comunicazione, unici argini contro la cattiva comunicazione, operatori chiave del settore nel garantire supporto all'immagine dei propri clienti e qualità dell'informazione veicolata per i media".
Per Alberto Barachini, presidente della Commissione di Vigilanza Rai, "una delle preoccupazioni principali della Commissione di Vigilanza Rai a inizio pandemia è stata quella di indirizzare l'informazione verso una gestione corretta dell'emergenza. In particolare, non esacerbare una comunicazione confusa e ansiogena, in un mondo digitale che corre veloce".
"L'AGCOM si è dotata di un bagaglio di conoscenze, monitoraggio e acquisizioni dati durante la pandemia da Covid-19 che sono in linea con quanto emerso nel Rapporto Ital Communications-Censis, il quale ha evidenziato un'impennata della ricerca di informazione sui social network e sulle piattaforme online. Inoltre, durante i primi mesi della pandemia le fake news hanno acuito il senso di paura e di incertezza", spiega Laura Aria, commissario AGCOM. Infine, per Domenico Colotta, presidente di Assocomunicatori e founder di Ital Communications. "dal Rapporto Ital Communications-Censis emerge un dato che desta allarme: per il 49% degli italiani la comunicazione sul Covid-19 è stata confusa e solo il 13% la ritiene equilibrata. È un dato che deve far riflettere. In tale contesto, è compito anche delle moderne democrazie saper coniugare il diritto alla corretta informazione con l'esigenza dei cittadini a non finire vittime della cattiva informazione. È un'impresa tutt'altro che facile".
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