E il Financial Times «sdogana» l' intervista via e-mail
30/06/2008
L'intervista per email prende piede anche per le grosse testate nonostante la soddisfazione giornalistica risenta della maggiore distanza tra intervistato e intervistatore. Nuovi scenari per il giornalismo moderno
di Severgnini Beppe
Sul Financial Times di ieri è apparsa un’ intervista ad Alexey Miller, numero uno di Gazprom, gigante statale russo dell’energia. Interessante, per due motivi. Il primo, globale: si parla del prezzo del petrolio (250 dollari al barile nel 2009?), dell’irrilevanza dell’ Opec e delle strategie di Mosca. Il secondo, giornalistico: si tratta infatti di una email interview, una intervista per posta elettronica. Una cosa che piace agli intervistati, perché lega le mani agli intervistatori.
Non è la prima volta che un giornale accetta un compromesso del genere. L’ intervista per email rimane però una novità, e una forma di resa. Occorre presentare una lista di domande; non è possibile replicare; e – ovviamente – non si ha la certezza che le risposte siano farina del sacco dell’ intervistato. Potrebbero essere state scritte dagli uffici-stampa, sempre felici di limitare i momenti creativi del capo.
L’ intervista per email è il gradino più basso di una scala di soddisfazione giornalistica alla cui sommità sta l’ «intervista ritratto». L’ intervistatore incontra l’ intervistato, e poi scrive ciò che vuole. Certo, esistono i virgolettati che riportano – in Italia: dovrebbero riportare – le parole esatte. Ma in un incontro a quattr’ occhi l’ intervistato è un ostaggio. Leggete certe interviste: il docile masochismo della vittima trasuda sindrome di Stoccolma. Talvolta, bisogna dire, questa forma di giornalismo produce capolavori: non s’ impara nulla sull’ intervistato, ma si capisce tutto dell’ intervistatore.
Un caso celebre è l’ incontro di Norman Mailer con Jimmy Carter, appena prima che questi venisse eletto presidente, nel 1976. Parla solo Mailer. Per un’ ora, catechizza il povero Carter sulla religione, Kierkegaard, la rivoluzione sessuale. Poi conclude: «E Mailer cadde in silenzio, furioso con se stesso per aver disseminato domande prodigiose come pallini da caccia». Tempi lontani. Ormai, ha scritto Martin Amis, «la star interview, l’intervista col grande personaggio, è un genere morto. Le celebrità post-moderne sono parte della loro macchina pubblicitaria». E i giornalisti devono accettare condizioni nuove. Talvolta, gli uffici-stampa indicano gli argomenti tabù (prendere nota: sono involontarie confessioni). O vogliono conoscere le domande in anticipo (accontentarli sempre, e poi domandare altro). Oppure chiedono di approvare il testo finale (se la conversazione non è stata registrata, o dev’ essere comunque riassunta, è una richiesta legittima).
Un compromesso diffuso è l’ intervista telefonica: intervistato e intervistatore non hanno tempo (o voglia) di incontrarsi, e parlano al cellulare. Tre quarti delle interviste che leggete sui giornali italiani sono realizzate in questo modo, ma raramente il lettore viene informato. Un’ altra prassi nazionale è la «sintesi creativa»: un lungo pensiero viene riassunto e presentato come una citazione. Nel giornalismo anglosassone la pensano diversamente: «Le citazioni devono essere interamente accurate, errori di grammatica compresi» (Lynn Barber, «The Penguin Book of Journalism»). Questa regola conduce talvolta a eccessi grotteschi – «(Il(Il presidente George W.) Bush ha sbagliato sul (conflitto in) Iraq, e (il candidato(il candidato repubblicano John S.) McCain (III°) lo sa!», dichiara XY – ma resta una buona regola.
Il passo successivo – quello che segna la distanza maggiore tra intervistato e intervistatore – è l’ intervista per email. Può essere giustificata, talvolta, da motivi letterari. Conosco autori che la pretendono, per poter controllare il linguaggio utilizzato. Non amano vedersi attribuire, in un’ intervista, espressioni come «estrinsicare il proprio io», che non pronuncerebbero neppure sotto tortura. Ma questa, di sicuro, non era la preoccupazione di Alexey Miller, chief executive di Gazprom. Quasi certamente, se ha chiesto e ottenuto da tre colleghi del Financial Times una email interview – testo completo su www.ft.com/miller (si parla anche di Eni) – è per evitare domande a sorpresa, repliche e obiezioni. In sostanza: per assumere una posizione di forza. Come se non bastassero i prezzi di gas e petrolio, signor Miller.
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tratto da Il Corriere della Sera 28 giugno 2008