Diana Daneluz
È disponibile in libreria e online per Mimesis un saggio di Dario Giardi, responsabile di sostenibilità ed economia circolare alle Politiche sviluppo sostenibile e innovazione di Confagricoltura e, naturalmente, musicista. Che contiene una interessante tesi: e se fosse la musica a salvare la Terra e a salvarci? Non sarebbe la prima volta.
Oggi, 5 giugno 2025, è la Giornata Mondiale dell’Ambiente e ci piace proporre come contributo alla riflessione (e all’azione) ecologica le suggestioni di un saggio che porta a unità le esperienze di un ricercatore ambientale e compositore, convinto del potere terapeutico e curativo delle note e che, sostanzialmente, sono queste: la musica, come linguaggio universale che supera confini e differenze culturali e linguistiche e la riscoperta del paesaggio sonoro che ci circonda possono aiutarci a sviluppare una profonda – e non superficiale e di facciata – coscienza green. E abbinato alla parola scritta, a confortarla ed esemplificarla, anche un lavoro musicale, “Memoryscape” dal concetto-chiave del saggio, ascoltabile qui.
Ricominciare ad ascoltare
Il punto di partenza di Giardi è che ci sono ricordi che non hanno volto, ma hanno suono. Un rintocco di campana, il frinire di un grillo in un prato, il mormorio di un ruscello che scivola tra le pietre. E basta un attimo – un’eco dimenticata – perché tutto ritorni: l’infanzia, la natura, il tempo in cui ascoltare era ancora un gesto puro. In un mondo che corre, distratto, inquinato non solo nell’aria ma anche nell’anima di chi lo abita, questo vuole essere un invito a fermarsi, a chiudere gli occhi, ad ascoltare. Prima che con le orecchie e la mente, col cuore.
Una nuova identità ecologica globale
"E se fosse la musica a salvarci" è un viaggio tra paesaggi sonori perduti capaci di farci nuovamente ri-conoscere la fragile bellezza del nostro pianeta, oggi in pericolo. Tra poesia nella scrittura e scienza negli esiti degli studi che riporta, le 158 pagine del saggio navigano tra filosofia, musicologia e tecnologia, ma anche tra meditazione e altre pratiche mentali, con cui la musica si intreccia, a testimoniare della sua potenza, del potere della musica, di quella che nasce dalla terra e dai nostri ricordi, per risvegliare la nostra coscienza ambientale, individuale prima e collettiva poi. Come? “Memoryscape”, è il termine che Giardi conia per qualcosa capace di rappresentare la mappa affettiva dei suoni che ci hanno formato, efficace e tutt’altro che inedito mezzo per ristabilire una nuova alleanza con la natura. Perché forse, dice l’Autore, nel rumore del mondo che cambia, solo la musica può ancora darci la direzione. E salvarci. Lungi dal considerare, infatti, la musica quale semplice colonna sonora del nostro vivere, per Giardi essa è essenziale per ristabilire un legame con la natura, dalla quale ai suoi inizi ha derivato i suoi suoni, e della quale sa evocarli.
La musica può trasformare la percezione del mondo, accrescere la sensibilità ambientale, soprattutto tra i più giovani, oggi motore del cambiamento, attraverso la ricostruzione di un equilibrio con l’ambiente che ci circonda e favorendo così anche la costruzione di una nuova identità ecologica globale. Del resto, la Storia dei grandi mutamenti politici e sociali ha già ampiamente dimostrato la capacità unica della musica di evocare emozioni forti, e di renderle condivise unendo le persone e sensibilizzando le masse.
Una mescola di esempi vecchi e nuovi a supporto della tesi
Per arrivare alle sue conclusioni, Dario Giardi attinge quindi a una bibliografia estremamente significativa, ma soprattutto fa risuonare nel lettore la grande musica, come respiro della natura e racconto della sua sacralità attraverso il tempo, con le opere di Vivaldi, Beethoven, Chopin, Schumann, Mahler, Debussy, fino ai tempi più recenti con l’ambient music di Brian Eno e le ultime Avanguardie New Age e Ambient. Una musica quale linguaggio archetipico che attraversa culture, epoche e specie viventi, che abita le neuroscienze quando ne viene descritto l’influsso sulle onde cerebrali o la cinetica negli studi sulle vibrazioni sonore che possono modellare la materia, disegnando geometrie complesse. Nei nove capitoli del saggio, dunque, che si legge d’un fiato perché ci tocca e riguarda così da vicino, l’invito a cambiare prospettiva di fronte alle sfide della crisi ambientale, a recuperare i suoni dei paesaggi sonori della natura per ricominciare ad amarli e quindi ad agire, da singoli e da comunità, per preservarli.
E se fosse la musica a salvarci?
La memoria dei suoni e la sfida climatica
Collana: Eterotopie
2025, 158 pp.