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Facchetti in difesa dei lobbisti

08/03/2012

“Regolamentiamo la lobby, ma non demonizziamola, perché non è una parolaccia impronunciabile; è una seria attività professionale fisiologica in una democrazia complessa”: lo afferma il presidente Assorel, _Beppe Facchetti,_ intervenuto recentemente sul tema della regolamentazione della rappresentanza di interessi in una lettera aperta sulle pagine del _Corriere della Sera._

di Beppe Facchetti
La disarmante vignetta di Vincino (Corriere della Sera, 1 marzo) sui lobbisti (dare soldi al politico solo il giovedì, con la mano sinistra all’ indietro) forse non è una satira sui lobbisti. Preferiamo considerarla una critica a chi, come il presidente Schifani, pensa che la soluzione del problema lobby stia nella «cacciata dal Tempio», chiudendo in un recinto i rappresentanti degli interessi. Perché «non disturbino». Persino il senatore interpellato da Fabrizio Roncone ammette che la documentazione fornitagli dal professionista gli è stata utile (Corriere della Sera, 29 febbraio).
Ripetiamo l’ appello: regolamentiamo la lobby, ma non demonizziamola, perché non è una parolaccia impronunciabile; è una seria attività professionale fisiologica in una democrazia complessa. Dobbiamo saper distinguere questo che è un lavoro importante e difficile, da due ben diversi concetti: l’ affarismo e la prepotenza corporativa. Due mondi che non hanno bisogno di far lobby. Il primo compra il consenso, il secondo fa valere il peso materiale ed elettorale della sua forza. Le corporazioni non sono lobby all’ anglosassone. Sono «pezzi da novanta» che buttano sul piatto ricatti e serrate. Che poi chiamano scioperi per dargli dignità. Se non si coglie la differenza, la democrazia degli interessi legittimi è la vittima degli uni e degli altri.
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