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Follie in libertà nella rete globale

15/09/2010

La rete è, per sua natura, un luogo libero, dove chiunque può dire quello che pensa. Ma talvolta, come è accaduto pochi giorni fa con il caso del reverendo Terry Jones e il suo annuncio di bruciare il Corano, le conseguenze possono sfuggire di mano. Una riflessione di _Giulio Giorello_ sulla libertà di Internet.

di Giulio Giorello
Ricordate quelli che a Hyde Park, Londra, hanno il loro angolino ove possono proclamare ciò che vogliono, magari di abolire la monarchia o di aver trovato la cura definitiva del cancro? Speaker’ s corner – così si chiama – non ha mai fatto male a nessuno. Ma che dire di uno «speaker’ s corner.com» a livello planetario?
Il caso del reverendo Terry Jones, alla vigilia delle commemorazioni per l’ 11 settembre a Ground Zero, con il suo annuncio di bruciare il Corano, ha scatenato nei circuiti internazionali della politica un allarme globale in tempo reale. Nell’ epoca della comunicazione ultrarapida diffusa in tutto il mondo succede questo: l’ annuncio della notizia è già la notizia. Così non c’è stato nemmeno bisogno che il reverendo Jones bruciasse le fatidiche duecento copie per incendiare gli animi. Ecco già, sempre in tempo reale, le (cattive) notizie di bandiere Usa calpestate o bruciate – questa volta per davvero – in qualche Paese islamico; e non pochi «annunciano» che questo può essere solo l’ inizio. E dire che l’ avvento delle tecnologie ultrarapide era stato salutato, a sua volta, come una buona notizia: il principio di un’era che avrebbe consentito un tipo di scambio d’ informazione prima impensabile; per esempio, nella cooperazione scientifica o per la salvaguardia di garanzie democratiche. Ed è stato, per un lato, davvero così; d’altra parte, però, questo progresso si paga anche con scenari come quello dei roghi di libri minacciato da un bigotto insieme stolido e arrogante. Roghi che, nel momento in cui scrivo (11 settembre), sono ancora virtuali, eppure ricordano quelli fin troppo reali al tempo di Hitler o di qualche altro despota.
Il caso del tirannello religioso della Florida (poi ricondotto alla normalità) ha finito col chiamare in causa la libertà di espressione, più precisamente quei diritti sanciti da una delle Costituzioni più libere del mondo (che ammette persino la liceità di fare a pezzi la bandiera della Nazione). Ma con la comunicazione globale in tempo reale le cose stanno cambiando rapidamente. Qui non è in gioco il diritto di espressione, ma l’ ampiezza pressoché indefinita dell’ espressione stessa: una nuova, inedita possibilità che investe non solo i singoli Stati (nelle cui leggi quel diritto è codificato), ma il mondo intero. Per di più, un tempo i tipi «strambi» dovevano almeno sforzarsi di convocare stampa e TV, e non è detto che venissero presi sul serio. Oggi anche questo filtro può essere evitato. Ciascuno è, nella Rete, il propagandista di se stesso. Ciò vale, ovviamente, anche per ricercatori scientifici e difensori dei diritti civili (nella speranza che si guardino dalle «bufale»); ma ne possono approfittare incendiari e terroristi, per non dire di semplici incoscienti e più o meno subdoli falsari. E allora? È opportuno che le persone civili ribadiscano che colui che brucia un qualsiasi libro – non solo un testo sacro come la Bibbia o il Corano ma anche uno profano come, poniamo, L’ origine delle specie di Darwin – non fa altro che svelare il proprio timore della forza della parola scritta.
È anche opportuno che si chiarisca che non è certo con questa o quella forma di censura che si viene a capo di un duplice spinoso problema: quello della creazione di informazione e della sua ricezione. È difficile che Noè potesse ripararsi dal Diluvio con un semplice ombrellino. Allo stesso modo, di fronte all’ inondazione di informazione ora falsa ora irrilevante ora insensata, servono a poco i richiami al buon senso o all’ etica di una comunicazione responsabile. Comunque, non inducono certo a desistere qualsiasi fanatico che vorrebbe che l’ intreccio delle nostre esistenze diventasse davvero (per dirla con Shakespeare) «la storia narrata da un idiota», cioè quella che lui ci vorrebbe raccontare. Gli esperti nei vari campi – dalla scienza alla politica al diritto – sanno ricorrere agli opportuni «motori di ricerca» per selezionare ciò che davvero ha interesse, scartando la spazzatura insignificante.
Ma fino a che punto questo tipo di approccio può venire esteso al contesto più generale? È questa la sfida che sottende il dilemma del presidente Obama: assumersi tutti i rischi della libertà o escogitare espedienti che comunque la limitino? Qui il compito vero e proprio di un «motore di ricerca» dovrebbe essere la scelta tra il far sì che gli Usa restino gli Stati Uniti di Jefferson e degli altri grandi libertari o si mutino in una sorta di Cina popolare. Personalmente non ho dubbi su quale sia l’ opzione dell’ attuale Presidente.
Tratto da Corriere.it
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