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Fundraising: i partiti ancora in difficoltà

07/10/2016

I Partiti puntano a raccogliere donazioni ma non sanno gestire i donatori. Lo dicono i dati della quinta ricerca comparativa "Fundraising per la politica in Italia, Regno Unito e Stati Uniti d'America” a cura del Centro Studi sul Nonprofit, Raise the Wind, Costruiamo Consenso e Competere.EU.

La percentuale dei partiti italiani che adottano al­meno una tecnica di fundraising è passata dal 45% del 2013 (anno precedente all’entrata in vigore della Legge 13/2014 sull’abolizione del finanziamento pubblico diretto) al 100% del 2016 (ultimo anno prima della piena attuazione della legge e del taglio definitivo dei rimborsi elettorali). Quest’anno l’88% ha adottato fino a due tecniche di rac­colta fondi e il 59% ne ha utilizzate almeno tre.

Rispetto al 2013 è aumentata anche la percentuale di partiti/movimenti politici che raccoglie i dati dei propri donatori passando dal 25 al 94%. Inoltre, negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un alto grado di aggiornamento dei siti web dei soggetti politici analizzati, siti che hanno migliorato o accolto nuove sezioni dedicate alla trasparenza, al 2xmille e alla raccolta di donazioni.

I partiti e i movimenti politici, seppur con lentezza e senza una programmazione ad ampio raggio – spinti, e in qualche modo costretti, dai tagli e dalle nuove regole imposte dalla Legge 13/2014 – sembra quindi si stiano organizzando per far fronte alla sfida dell’autofinanziamento.

A dirlo i dati dell’indagine comparativa 2016 “Fundraising per la politica in Italia, Stati Uniti d’America e Regno Unito” a cura del Centro Studi sul Nonprofit, Raise the Wind, Costruiamo Consenso e Competere.

Gli autori Raffaele Picilli e Marina Ripoli, esperti e consulenti in materia di fundraising e comunicazione politica, co-fondatori del network di professionisti del fundraising politico Costruiamo Consenso, spiegano: «Questi dati sono solo apparentemente positivi perché non garantiscono che il fundraising sia stato realmente utilizzato. I numeri emersi dall’indagine registrano una maggiore specializzazione rispetto al 2013, ma si è trattato principalmente di semplici raccolte fondi che non mirano alla periodicità delle donazioni né a creare un rapporto duraturo con il donatore. Un approccio errato se si pensa che il 2017 è dietro l’angolo e il finanziamento pubblico diretto sta per essere eliminato del tutto». 

Rispetto al 2013 è aumentato il ricorso alle tecniche, ma resta ferma la scarsa adozione dei veri principi del fundraising.

 «Il fundrasing – proseguono gli autori - non può essere definito come una serie di tecniche da utilizzare occasionalmente per necessità finanziarie, si tratta al contrario di una vera e propria strategia comunicativa per la partecipazione politica, un insieme di azioni strategiche “permanenti” e regolari utili a ricercare un nuovo e più forte legame con i cittadini. Una concezione del fundraising che va perciò al di là della funzione utilitaristica e a breve termine della semplice raccolta fondi».

Restano basse ad esempio le percentuali dei partiti che ricorrono a tecniche che implicano una maggiore interazione o basate su un forte rapporto identitario. Soltanto il 24% dei partiti presi in esame offre la possibilità di svolgere attività di volontariato organizzato, appena il 12% punta sulla vendita di gadget e shop online e solo il 7% dei partiti e movimenti analizzati fa ricorso propriamente al crowdfunding per il finanziamento di progetti e attività.

Nel 100% dei casi sono i social network (principalmente Facebook e Twitter) il mezzo più utilizzato dai partiti e dai movimenti politici analizzati per comunicare con i propri sostenitori. Solo il 35% del campione dispone di intranet, strumenti di comunicazione interna e com­munity ufficiali. Sui siti web dei soggetti politici analizzati solo il 47% offre la possibilità di iscriversi alla newsletter di partito e solo il 12% dispone di form in home page per l’iscrizione.

Si punta troppo sulle potenzialità della raccolta fondi sul web, potenziando il ricorso a sistemi di pagamento online, ma si dimentica che anche se Internet offre applicazioni eccellenti per sostenere e migliorare un pro­gramma di fundraising, non vi è nulla che possa sostituire i metodi classici e il contatto personale con un dona­tore.

Nel confronto con Regno Unito e Stati Uniti d’America l’Italia appare ancora indietro. In questi Paesi le tecniche di fundraising e people raising sono ormai consolidate da decenni e mantengono un trend in crescita, anche se lento. Il ricorso a più tecniche per organizzare raccolte di fondi è la prassi e il livello di risposta dei donatori è altissimo. Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti sono l’esempio di quanto sia importante il fundraising.

«Siamo tornati sul tema del fundraising politico – dichiarano il Presidente di Competere.EU Pietro Paganini e il Segretario Generale Roberto Race perché il tema del finanziamento della politica riguarda la struttura democratica del Paese e quindi il suo rilancio. Una politica che si autofinanzia in modo corretto, trasparente è la base per ricostruire un clima di fiducia verso le istituzioni ed i partiti. Certo, il contesto in cui i partiti italiani si muovono è complesso e l’attitudine alla donazione non è quella di un paese di cultura anglosassone. Proprio per questo i partiti devono fare un maggiore sforzo verso l’utilizzo dei principi e degli  strumenti del fundraising».






 

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