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Giornalisti italiani sempre più social

11/11/2016

Promuovere il proprio lavoro e costruire relazioni e, solo in seconda battuta, monitorare l’opinione pubblica, trovare storie, verificare i fatti e approfondire. Sono le principali ragioni per cui i giornalisti italiani utilizzano i social network, secondo “Audit Italian Press“, un’indagine qualitativa dell’Istituto Ixè realizzata con il supporto di Encanto Public Relations.

 

I giornalisti italiani utilizzano i social network in primis per promuovere il proprio lavoro (83% contro il 73% degli americani) e per costruire relazioni (54% contro il 73%). Solo in seconda battuta i social vengono utilizzati per monitorare l’opinione pubblica (52% contro il 64%) e secondariamente per trovare storie (41% contro il 52%), verificare i fatti e approfondire (41%).

A dirlo “Audit Italian Press“, un’indagine qualitativa dell’Istituto Ixè con il supporto di Encanto Public Relations, la prima fotografia di come i giornalisti  utilizzano i social network nel loro lavoro. L’anteprima della ricerca, che a dicembre sarà riproposta ai 18 mila iscritti al portale Giornalistisocial.it, indaga 50 casi in Italia confrontati con un campione negli Stati Uniti e Canada raccolto da Cision.

Le piattaforme più utilizzate sono Facebook (87%), YouTube (70%) e Twitter (67%), mentre si prevede una crescita di rilievo soprattutto di Instagram e Snapchat. Per il rapporto di Cision, è Periscope a farla da padrone in particolare perché consente di accedere a trasmissioni live quando altri mezzi non sono a disposizione.

Il 50% dei giornalisti ritiene i social fonti di informazione affidabili con la maggior fiducia assegnata dagli utilizzatori di YouTube, Instagram (piattaforme largamente visual) e Twitter.

Quasi univoca l’asserzione di pubblicare notizie verificate e complete (91%) piuttosto che inseguire lo scoop per essere i primi. Anche gli americani condividono questa posizione anche se una percentuale minoritaria ma più consistente che in Italia preferisce l’urgenza all’affidabilità.

Le immagini e i video utilizzati dai professionisti sono in larga parte ricavati da banche dati a pagamento o gratuite online; seguono le fonti interne alle testate e solo infine la produzione propria. Il 25% dei giornalisti dichiara di utilizzare il materiale postato sui social.

Inoltre nelle due indagini viene evidenziata la tendenza dominante nell’industria editoriale in merito alla compatibilità dei format della testata con gli smartphone (54%), convinti della fruizione di notizie da parte del pubblico tramite apparecchi mobili. Segue la necessità di offrire contenuti multimediali (41%), per raggiungere il target  “always on” che ha bisogno di una molteplicità di canali.

Sul futuro dell’advertising, ne individuano il futuro nella forma “native” mentre gli americani sono nel 47% dei casi  neutrali (e il 28% negativi).

Il rapporto fra giornalisti e professionisti della comunicazione non ha subito modifiche per il 48% degli intervistati che continuano a fidarsi in egual misura, mentre per gli americani non è cambiato per il 66% degli intervistati.

Il 25% dei giornalisti italiani dichiara di fidarsi dei professionisti meno che in passato e il 20% invece ha aumentato la fiducia.

Per quel che riguarda i materiali, la preferenza è sempre per il tradizionale comunicato stampa, seguito da immagini/video/sondaggi, dati, studi che facilmente possano essere “notiziati”. Resta la posta elettronica il canale di comunicazione migliore perché offre un testo già completo e composto a uso del giornalista.

E’ pari al 43% la percentuale di giornalisti che dichiara di sentirsi, in alcune occasioni, obsoleto e poco al passo con i tempi. Curiosamente, il dato non sembra correlato all’età. Probabilmente la sicurezza professionale dei giornalisti di “lungo corso” consente loro di percepirsi adeguati anche e nonostante la rapidità delle innovazioni tecnologiche che trasformano inevitabilmente la professione.

Il giornale cartaceo sembra avere ancora lunga vita per gran parte del campione: il 35% si dichiara sicuro che ci sarà ancora fra 10 anni, un ulteriore 48% ritiene che sia probabile. Tuttavia, il 61% dei giornalisti italiani non consiglierebbe ad un giovane di intraprendere la carriera di giornalista.
 
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