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Global Compact: due modi di intendere il programma Onu

28/07/2004
E' sempre acceso il dibattito attorno a Global Compact, il programma delle Nazioni Unite che Kofi Annan lanciò quattro anni fa con l'obiettivo di promuovere la responsabilità sociale d'impresa.BusinessWeek ha interrogato due esperti in tema di Csr per analizzare da vicino la questione che maggiormente annebbia la bontà di questo patto tra aziende, Ong e organizzazioni del lavoro, lanciato nel nome di un'economia sostenibile: il programma deve imporre degli standard qualitativi alle imprese o piuttosto incoraggiare il dialogo tra le parti e gradualmente arrivare a standard condivisi da tutti i soggetti del patto?Global Compact riunisce ad oggi 1700 aziende e dozzine di organizzazioni non governative. Di queste ultime, gruppi quali Amnesty International, Friends of the Earth, Oxfam e Human Rights First sostengono che il programma non ha sviluppato un sistema trasparente di valutazione che stabilisca quali azioni testimoniano un effettivo coinvolgimento delle aziende in tema di Csr e quali no.La replica da parte delle Nazioni Unite è sempre la stessa: Global Compact non è un ente di certificazione o un'organizzazione pensata per l'imposizione di regole, ma un gruppo ad adesione volontaria, una sorta di forum di discussione, che vuole coinvolgere un numero crescente di imprese e favorire confronto e sensibilizzazione sulle tematiche relative all'ambiente e ai diritti dei lavoratori.Gli esperti consultati da BusinessWeek nel tentativo di capire quale modello sia il più efficace sono Scott Greathead e John Elkington. Graethead, avvocato, è presidente e ceo di World Monitors (http://www.worldmonitors.com), co-fondatore del Lawyers Committee for Human Rights (http://www.humanrightsfirst.org), consulente per Reebok, Newmont Mining e Chevron Texaco (tra gli altri). Elkington è presidente della londinese SustainAbility (http://www.sustainability.com) e il suo nome e i suoi libri sono indissolubilmente legati al movimento della corporate responsibility.I due hanno da subito seguito l'operato di Global Compact e sono in stretto contatto sia con i rappresentanti dell'Onu sia con le organizzazioni critiche nei confronti del programma. Greathead è più vicino alla posizione dell'Onu: meglio porsi come obiettivo l'allargamento della cerchia di membri e favorire il dialogo tra le imprese e la società civile. Se Global Compact giudicasse l'operato delle aziende sarebbe difficile riuscire a coinvolgerle nel programma: "Vogliono un dialogo sulle soluzioni possibili, non sono in cerca di un'altra occasione per essere pubblicamente messe in difficoltà". Certo, sostiene Greathead, l'Onu ha mal comunicato i propri obiettivi alle Ong, che si ritrovano così ad avere aspettative troppo alte rispetto a Global Compact.Elkington è di opinione differente: piuttosto che di allargamento del numero dei suoi membri, Global Compact dovrebbe occuparsi di qualità, andare più a fondo nelle questioni piuttosto che crescere numericamente. Non solo, Elkington si spinge oltre: le multinazionali dovrebbero lavorare coi governi dei paesi poveri e le agenzie internazionali nella promozione di uno sviluppo sostenibile.
Simona Campanella - Totem
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