Diego Rizzardo
La 41ª edizione del più antico festival mondiale dedicato al rapporto tra cinema e arti visive, che ha visto FERPI tra i partner culturali, conferma il potere del linguaggio cinematografico di superare ogni barriera culturale e geografica.
Tre giorni di proiezioni, incontri e riflessioni hanno trasformato ancora una volta Asolo in un crocevia di immaginari dal mondo. La 41ª edizione dell'Asolo Art Film Festival si è chiusa con un bilancio che fa riflettere: 800 opere arrivate da 70 paesi, 90 film selezionati, registi giunti da ogni continente. Non sono solo numeri, ma la testimonianza concreta di come il cinema riesca oggi a unire dove spesso le parole dividono.
Quando le immagini parlano tutte le lingue
Nella cornice medievale della "città dai cento orizzonti", quest'anno si è parlato di "identità" - tema che poteva sembrare divisivo e che invece ha rivelato quanto sia universale la ricerca umana di senso e appartenenza. Le opere selezionate dal Direttore di Concorso Piero Deggiovanni e dal board di selezione hanno raccontato storie diverse per geografia e cultura, ma unite da un filo invisibile fatto di emozioni e simboli che tutti riconoscono.
Basta guardare i vincitori: "Il complotto di Tirana" di Manfredi Lucibello che si aggiudica il Gran Premio, "Weree" del britannico Tal Amiran (da cui è stata tratta l'immagine di questa edizione), "Areas of Search" della londinese Helena Blejerman per la videoarte, fino ai cortometraggi iraniani e taiwanesi. Ogni opera ha restituito una visione che parla a tutti.
È successo qualcosa di particolare quest'anno ad Asolo. Tra il pubblico si percepiva quella magia che accade quando l'arte riesce davvero a oltrepassare le barriere. Come ha commentato una spettatrice: "Ho visto rappresentata l'impermanenza dell'uomo contrapposta alla grande capacità di rigenerazione degli elementi naturali. La bellezza contrapposta al degrado."
Un laboratorio di comunicazione
Quello che colpisce di più dell'Asolo Art Film Festival non è solo la qualità delle opere, ma la sua capacità di creare dialogo vero. Quando Maayan Sharifi arriva da Israele, Aliona Sitora dalla Russia, Helena Blejerman dal Regno Unito, non stanno semplicemente partecipando a una rassegna. Stanno contribuendo a un esperimento di comunicazione interculturale che funziona.
La presenza del Parlour Collective, che ha portato le sue performance site-specific dalle strade di Londra ai vicoli medievali di Asolo, ha dimostrato quanto possa essere potente l'arte quando incontra il territorio. I passanti si fermavano, incuriositi, coinvolti in qualcosa che non avevano mai visto ma che immediatamente capivano.
Una lezione per chi comunica di mestiere
Per noi che lavoriamo nella comunicazione, l'esperienza asolana offre spunti preziosi. Il Premio Duse assegnato a Donatella Finocchiaro ne è un esempio perfetto. La motivazione parla di un'artista capace di "attraversare linguaggi diversi restando sempre fedele a un'idea alta della recitazione". Non è forse questo quello che dovremmo fare tutti? Saper utilizzare codici diversi mantenendo autenticità e coerenza?
Ma c'è un altro elemento che colpisce: l'attenzione alle nuove generazioni. La sezione "Espressioni prime", dedicata agli studenti, rappresenta l'investimento sul futuro della comunicazione visiva, la consapevolezza che i linguaggi si rinnovano continuamente.
Il valore del tempo lento
In un mondo dominato dalla velocità dell'informazione, ad Asolo si è sperimentato il valore del "tempo lento". Tre giorni per vedere, riflettere, confrontarsi. Una dimensione che spesso perdiamo nel nostro lavoro quotidiano, ma che qui si è rivelata fondamentale per la qualità del dialogo.
Come ha notato un altro spettatore: "Sarebbe stato bello avere più tempo e spazio di discussione. Perché tante finestre sono state aperte, tante domande poste." È un'osservazione che fa pensare: quando diamo davvero il tempo alle persone di elaborare i messaggi che trasmettiamo?
Un modello che guarda avanti
Il Festival Internazionale del Cinema d’Arte di Asolo, nato nel 1973 dalla visione di Flavia Paulon, oggi si presenta come un modello di comunicazione che guarda al futuro. Non è un caso che quest'anno si sia aggiunto Rai Veneto come partner istituzionale, affiancandosi a realtà come FERPI: testimonia la crescente consapevolezza che l'evoluzione della comunicazione pubblica passa anche attraverso la comprensione dei linguaggi artistici.
Non si tratta di estetismo fine a sé stesso. È la scoperta che nell'arte si nascondono alcune delle chiavi più efficaci per comunicare in modo autentico e universale. In un mondo frammentato, esperienze come questa dimostrano che è ancora possibile creare comunità intorno a valori condivisi.
Appuntamento al 2026
Mentre Asolo torna alla sua quiete medievale, resta la sensazione di aver vissuto qualcosa di speciale. Il prossimo appuntamento è fissato per giugno 2026, ma l'esperienza di questi tre giorni continuerà a lavorare nella mente di chi c'era.
Per i professionisti della comunicazione, resta una lezione importante: il futuro della nostra professione potrebbe passare dalla capacità di utilizzare tutti i linguaggi disponibili per costruire ponti di comprensione in un mondo che ne ha sempre più bisogno. La preziosa partnership di FERPI in questa esperienza si rivela lungimirante: investire nella cultura significa investire nel futuro della comunicazione stessa.