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I distretti, punto di forza dell’imprenditoria italiana

22/02/2012

I distretti sono una peculiarità organizzativa del sistema produttivo italiano. Il 2012 si profila un anno difficile ma ripensare i modelli competitivi, puntando sulla comunicazione e le Rp, potrebbe aiutare le aziende ad uscire dalla crisi. E’ quanto emerge dall’intervista che _Mariangela Cassano_ ha realizzato con _Valter Taranzano,_ presidente della Federazione dei Distretti italiani.

Recentemente è stato presentato il Terzo Rapporto dell’Osservatorio Nazionale dei Distretti Italiani che annualmente raccoglie una serie di studi con dati e statistiche aggiornate, sull’andamento dei Distretti italiani e delle relative aziende. Alla ricerca, promossa dalla Federazione dei Distretti italiani, hanno collaborato inoltre Unioncamere, Fondazione Symbola, Istat, Banca d’Italia, Intesa San Paolo, Censis, CNA, Confartigianato, Confindustria e Fondazione Edison.
di Mariangela Cassano
A che scopo è nato l’Osservatorio nazionale Distretti italiani?
I distretti rappresentano una peculiarità organizzativa del sistema industriale italiano che il mondo ci invidia, un sistema che esiste da molto prima delle definizioni normative. L’Osservatorio Nazionale Distretti Italiani è nato tre anni fa per diventare la banca dati dei distretti presenti nel nostro territorio, reti in continua mutazione che si sviluppano e si modellano con l’evolversi della situazione economica. Allo scopo, ogni anno l’Osservatorio produce un Rapporto che aggiorna l’andamento dei distretti.
E’ uno strumento conoscitivo di indagine, capace di evolversi tempestivamente, promosso dalla Federazione dei Distretti Italiani a livello nazionale e raccoglie, intorno ad un unico tavolo di lavoro, partner autorevoli e competenti che hanno attivato un progetto comune con lo scopo di creare un’esclusiva e autorevole fonte informativa su questa realtà del nostro territorio così preziosa e in continua evoluzione. Il Rapporto annuale rappresenta uno strumento conoscitivo e informativo sui distretti senza precedenti.
Quali sono i principali risultati del III° Rapporto riferito all’anno 2011?
Il 2011 è risultato un anno altalenante per i distretti produttivi italiani. Si è registrata una crescita, che però non ha avuto il conforto della continuità. Il ciclo economico rispetto al 2010 è migliorato, difatti è aumentato il numero di aziende distrettuali che segnalano un incremento del fatturato, degli ordini e, soprattutto, delle esportazioni, ma si sono acuite problematiche come quella dell’occupazione. Inoltre, sebbene l’export abbia ormai un ruolo determinante, è una variabile che da sola non è in grado di innescare un’inversione del ciclo. Così per i distretti permane una situazione in bilico. Vi è poi un secondo aspetto, quello finanziario: mezzi liquidi insufficienti, difficoltà di recupero dei crediti commerciali (un problema che coinvolge il 70% degli imprenditori intervistati), difficoltà ad ottenere finanziamenti dalle banche a causa della crisi finanziaria (50% degli interpellati). Tutti elementi che non rendono sereni i nostri imprenditori. I distretti, comunque, restano lo zoccolo duro dell’Italia imprenditoriale. Dimostrano ancora una volta non solo di resistere a una fase recessiva, ma anche di anticipare le tendenze e di rappresentare un modello di riferimento per le modalità di interazione e collaborazione tra imprese, per la propensione a investire, per l’accesso a nuovi mercati, per la capacità di amalgamare ruoli differenti e generare nel contempo processi produttivi e organizzativi con un elevato grado di innovazione e, infine, per la vocazione alla sostenibilità.
Quali le previsioni per l’anno 2012?
Il 22% (era l’8% nel 2010) delle aziende distrettuali analizzate dall’Osservatorio prevede la riduzione della produzione nel corso del 2012, quasi un terzo si attende un calo degli ordini interni e un quarto la contrazione della base occupazionale. Inoltre, rispetto ai dati del Rapporto 2010, si è ridotta la percentuale di chi prevede un incremento della produzione (dal 22,9% al 18,2%).
Il pessimismo traspare anche dall’indagine Censis contenuta nel Terzo Rapporto (interviste a 58 imprenditori e 72 rappresentanti delle strutture intermedie operanti all’interno di 34 distretti): il 67% degli imprenditori contattati ritiene che il distretto in cui opera sia in una fase di ridimensionamento (era il 58% nel 2010), mentre il 30% parla di tenuta e il 3% rileva una crescita.
Rimane comunque elevato da parte dei distretti il grado di reazione agli eventi critici, tanto che alcuni di loro registrano performance di gran lunga superiori alla media del settore. La loro originalità di percorso e la loro vitalità restano esclusive. E’ dimostrato, inoltre, che governance efficienti influenzano in maniera determinante le performance delle imprese di distretto. In particolare, un’analisi elaborata da Confartigianato e contenuta nel 3° Rapporto evidenzia l’esistenza di una correlazione positiva tra condizioni ambientali offerte dal territorio per “fare impresa” e capacità di produrre ricchezza. L’Indice della Qualità della Vita dei Distretti mostra anche quest’anno una forte correlazione positiva con il Pil pro capite, rivelando che la creazione da parte dei territori di migliori condizioni per la vita dell’impresa costituisce una condizione essenziale per aumentare la ricchezza del territorio. Viceversa, i “cattivi contesti” rallentano la crescita e non consentono alle risorse pubbliche destinate al territorio di innestare il volano dello sviluppo, depotenziando i processi di creazione di valore.
Le imprese necessitano di una nuova visione culturale, e sono invitate a ripensare i propri modelli competitivi in cui la comunicazione gioca un ruolo fondamentale e rappresenta la prima opportunità nella creazione di valore attraverso la reputazione d’azienda.
La comunicazione e il marketing sono ormai armi strategiche a tutti i livelli. Bisogna però tener presente che la stragrande maggioranza delle aziende distrettuali sono micro o piccole aziende che finora hanno comunicato poco o nulla. Si stanno aprendo, pur tra mille difficoltà, molto di più in questo senso, ma la strada da percorrere è ancora lunga. A questo riguardo le aggregazioni tra aziende distrettuali rivestono un ruolo nevralgico. Quelle che promuoviamo come Federazione hanno sempre nella loro progettualità la comunicazione condivisa, soprattutto in occasione di eventi di riferimento come le fiere di settore.
Come stanno cambiando i Distretti e quanto investono in comunicazione i 101 distretti messi sotto la lente d’ingrandimento del Terzo Rapporto?
Alla complessità della fase congiunturale, i distretti stanno rispondendo con soluzioni articolate, rompendo almeno in parte con gli schemi del passato.
Stanno cambiando e continueranno a cambiare, allentando alcuni legami interni, abbandonando alcune produzioni, ridefinendo i legami e i rapporti lungo la filiera produttiva in cui si innervano, generando imprese leader spesso poco collegate con la singola dimensione locale. I distretti si configurano, in questo modo, non più solo come luoghi di produzione governati da meccanismi rigidi e ripetitivi imposti per lo più dal mercato, ma sistemi che necessitano di una visione culturale aperta e di una manutenzione continua delle competenze e dei valori di riferimento, sia della classe imprenditoriale, sia della forza lavoro. Emerge così un quadro in movimento, fatto di territori in cui la produzione organizzata in filiere, lunghe o corte, e il sistema delle reti assume un valore sempre più profondo. Non abbiamo dati precisi che fotografano l’investimento in comunicazione dei distretti. Abbiamo però la netta sensazione che resti una voce non prioritaria in fase di progettualità e di investimenti.
Ormai è necessario puntare a una comunicazione responsabile, che offra alle persone visioni credibili del futuro, costruendo relazioni trasparenti e concrete con le istituzioni, le associazioni profit e non e con le realtà territoriali. Quali sono gli obiettivi in termini di comunicazione e relazioni pubbliche sui quali intende puntare nei prossimi anni del suo mandato?
Quello che possiamo fare come Federazione dei Distretti Italiani è di incentivare l’approccio verso la comunicazione da parte dei distretti. Ci sono settori che hanno recepito bene la necessità di comunicare e di praticare le PR, penso all’agroalimentare, altri invece che continuano a sottovalutare la problematica e penso al settore meccanico. Dalle informazioni in nostro possesso, inoltre, appare evidente la correlazione tra comunicazione ed export. Oltre a fare un buon prodotto e a commercializzarlo bene, se è accompagnato da una comunicazione adeguata, l’azienda trae benefici ulteriori. Migliorando, inoltre, la sua reputazione.
In questo momento più che mai la comunicazione deve essere accurata, veloce, esaustiva ed efficace per stabilire relazioni, ottenere fiducia e allargare il consenso. Tutto questo prevede un approccio multicanale al dialogo, che sappia trarre il massimo da ciascun media disponibile. Qual è il peso e il ruolo dei nuovi strumenti della comunicazione, come ad esempio i social media?
Le micro e piccole imprese non usano ancora i social media. Tante addirittura non hanno neanche un loro sito web. La differenza anche in questo caso non la fa il distretto, ma la singola azienda (da qui l’importanza di fare rete). Se comunica, lo fa anche attraverso il web e si sta attrezzando con i social. Chi non lo fa, vede altre priorità nella scala degli strumenti identificati per salvare o far crescere l’azienda. Ovviamente queste ultime aziende sono penalizzate oggi e lo saranno ancora di più domani.

Clicca qui per scaricare il III° Rapporto dell’Osservatorio Nazionale Distretti Italiani 2012.
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