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I Talebani aggiornano la propria immagine per vincere sugli Alleati

10/02/2010

Il commento di Toni Muzi Falconi ad un interessante articolo pubblicato sul New York Times del 21 gennaio 2010, di cui proponiamo un’ampia sintesi.

Sul New York Times di giovedì 21 gennaio 2010 è apparso un interessantissimo articolo di Alissa Rubin sulla campagna di RP dei Talebani in Afghanistan.
Di seguito vi proponiamo una sintesi in italiano cui segue il commento di Toni Muzi Falconi
I talebani hanno intrapreso una sofisticata guerra di informazione, attraverso tutti i più moderni strumenti a disposizione, per ammorbidire la propria immagine e conquistarsi il favore della popolazione locale nel tentativo di contrastare la campagna americana. Il leader spirituale dei talebani, il mullah Muhammad Omar, ha emanato una direttiva nella tarda primavera scorsa, delineando un nuovo codice di condotta per i talebani. I dettami comprendono: il divieto di attentati suicidi contro civili e scuole e divieto di mutilazioni. Il nuovo codice non significa necessariamente un approccio più delicato. Anche se i talebani hanno avvertito alcuni civili prima dell’assalto al cuore di Kabul di lunedì scorso, restano comunque responsabili dei tre quarti delle vittime civili nel 2009, secondo le stime delle Nazioni Unite.
Ora, per poter rendere più solida la loro presenza in Afghanistan, i Talebani necessitano di maggior sostegno popolare ed di essere identificati come un movimento di liberazione locale, indipendente da Al Qaeda, capitalizzando la frustrazione degli afghani contro il proprio governo e la presenza di truppe straniere.
Gli analisti americani e afghani vedono lo sforzo dei Talebani come parte di una più ampia iniziativa che utilizza tutti gli strumenti possibili, compreso Internet, una volta denunciato come una tecnologia come anti-islamica. Adesso usano il passaparola, gli sms e i video via Internet per ottenere il loro scopo. “I Talebani stanno cercando di conquistare il favore del popolo”, ha detto Wahid Mujda, ex funzionario talebano. “Il motivo per cui hanno cambiato tattica è che vogliono prepararsi per una lunga lotta, e per questo hanno bisogno di sostegno da parte del popolo, hanno bisogno di fonti locali di reddito”, ha detto. " Hanno imparato a non ripetere errori già commessi."
Tuttavia l’Ammiraglio Gregory J. Smith, direttore delle comunicazioni per la NATO, afferma che “se si confronta il documento di comportamento effettivo, il mullah Omar ha un controllo solo marginale rispetto le sue forze". La nuova strategia dei talebani non è riuscita quindi, a giudicare dai fatti di cronaca, a conquistare gli afgani e, nonostante l’approccio più “delicato”, l’opera dei talebani si basa ancora su intimidazioni, minacce e omicidi.
Le interviste agli anziani delle tribù in aree dove i talebani sono attivi suggeriscono un quadro complesso. Diversi intervistati, nelle zone rurali Kandahar, hanno elogiato il nuovo approccio meno minaccioso dei talebani, ma questo non si traduce in affetto e sostegno al movimento dei Talebani. Tuttavia, allo stesso tempo, non c’è molta simpatia né per il governo afgano e le truppe della NATO.
Al momento, le guerre di propaganda sembrano aver raggiunto una situazione di stallo.
“In luoghi dove i talebani sono attivi, le persone sono costrette a sostenerli, hanno paura dei talebani. E, in quei luoghi dove il governo ha una presenza, le persone sono a sostegno del governo. La gente non ha scelta, sono di fronte ad un dilemma”, ha detto Abdul Rahman, un anziano tribale e uomo d’affari a Kandahar.
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Ecco il commento di Toni Muzi Falconi, tratto dal suo blog.
L’edizione di questa mattina del The New York Times riporta in prima pagina un articolo di Alissa Rubin sulla campagna di RP dei Talebani in Afghanistan, tratteggiando un chiaro ritratto di come i Talebani stiano aumentando i propri sforzi per guadagnare il sostegno della popolazione. Nel leggere la descrizione del documento programmatico (codice di condotta), e in particolare la frase La creazione di un codice di comportamento è una cosa, farla rispettare un altro, mi è subito sovvenuto quante volte noi relatori pubblici appartenenti ad associazioni professionali di tutto il mondo abbiamo fatto un pensiero simile. Molto interessante.
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