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Il bene è un’impresa

07/04/2016

Giampietro Vecchiato

La diffusione, ad ogni livello, di una forte e capillare cultura della comunicazione può  contribuire a migliorare le persone, le imprese, la società. Oggi le parole-chiave per comprendere le relazioni tra le organizzazioni ed i clienti sono ascolto, coinvolgimento e partecipazione. In sintesi è necessario fare, fare bene e farlo sapere. Lo ha sostenuto Giampietro Vecchiato nel suo intervento al convegno “Il welfare aziendale e la crescita delle Pmi”, organizzato lo scorso 1° aprile a Vicenza da Confartigianato.

 

Nella nostra società, che chiamare/definire complessa è un eufemismo, la dimensione della comunicazione ha assunto una rilevanza senza precedenti nella storia della società umana.

Consapevole della centralità strategica della comunicazione in tutte le sfere della vita quotidiana, sia individuale che collettiva, l’obiettivo di questo mio intervento è quello di provare a mettere a fuoco come i processi comunicativi possono permettere alle imprese e alle organizzazioni, di raggiungere gli obiettivi che si sono date.

La comunicazione è infatti diventata un asset strategico, un fattore critico di successo per le imprese e le organizzazioni, sia profit che non profit, sia pubbliche che private.

Il presupposto dal quale voglio partire è che la diffusione, ad ogni livello, di una forte e capillare cultura della comunicazione possa contribuire a migliorare le persone, le imprese, la società. Anche perché le persone e le imprese che tengono le une alle altre migliorano anche la propria performance in funzione dell’altro.

Se all’inizio tutto era concentrato sul prodotto/servizio, dagli anni ’90 l’attenzione si è via via spostata sul cliente (sia interno, che esterno). Anche se l’obiettivo era sempre e comunque la “vendita”.

Oggi le parole-chiave per comprendere le relazioni tra le organizzazioni ed i clienti sono: ascolto/coinvolgimento/partecipazione.

Questo cambiamento ci obbliga a trovare una sintesi tra:

1. la necessità dell’azienda di realizzare profitto;
2. la necessità del cliente (sia interno, il dipendente/collaboratore, che esterno) di essere soddisfatto e felice;
3. la necessità di tutta la comunità di trarre un vantaggio da questa relazione.

La missione sociale delle imprese non è più quindi una scelta, ma deve diventare parte integrante della loro identità. In caso contrario le imprese sono “venditori di fumo”.

Senza missione sociale, le imprese sono senza timone e sono slegate dalle società.

E se le imprese sono slegate dalle società, perché le comunità cui si rivolgono dovrebbero dar loro fiducia e sostenerle?

“Il mondo può tollerare le imprese che non prendono sul serio l’impegno etico verso gli stakeholder ma il mercato – afferma Michael Armstrong – finirà per premiare solo le imprese che si impegnano per davvero”, non solo a parole”.

Se le imprese non vogliono più essere considerate attente solamente ai profitti devono dimostrare attraverso:

  • il fare

  • il fare bene

  • il farlo sapere (la “buona” comunicazione)


i valori nei quali credono, a partire dal collegamento/coinvolgimento delle persone e della comunità.

Ma non basta.

È anche necessario essere riconosciuti per averlo fatto (rendicontazione).

Per raggiungere questo obiettivo la comunicazione deve essere:

  • utile, nel senso che deve aiutare le persone e la comunità a comprendere dove vogliamo andare e soprattutto il “come” e con quali “azioni/strumenti”;

  • buona, nel senso di sostenibile, responsabile, trasparente e rispettosa degli interessi e di tutti gli stakeholder;

  • sincera, nel senso di autentica e che “mantiene la parola data”;

  • costante, nel senso che non può essere attivata solo alla fine del processo, magari con intenti di marketing o di miglioramento della propria immagine.


Approfondendo quest’ultimo aspetto è fondamentale comunicare:

1. nella fase di avvio del processo:

  • per informare e mobilitare le persone;

  • per promuovere la partecipazione;

  • per informare la comunità;

  • per riflettere/rispecchiare tutti i punti di vista;


2. nella fase di definizione degli obiettivi e delle azioni:

  • per informare/aggiornare sull’avanzamento del progetto;

  • per continuare condividere la visione;

  • per ascoltare tutti gli attori;


3. nella fase di gestione operativa:

  • per costruire fiducia;

  • per non far calare l’interesse;

  • per non perdere attori;

  • per non disperdere motivazione;

  • per non allentare i legami della rete;


4. nella fase di rendicontazione:

  • per rendere conto (come sono stati investiti i fondi raccolti?);

  • per rafforzare il capitale relazionale;

  • per misurare/valutare i risultati (che obiettivi sono stati raggiunti?);

  • per avviare nuovi progetti;


consapevoli, come afferma Felix Frankfurter, ex-Presidente della Corte Suprema USA, “che la luce del sole è il miglior disinfettante”.

 

 

 
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