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Il “caporale” umano

20/11/2014

Paolo Bruschi

Il tema della fiducia è quanto mai attuale in tempi di crisi ma spesso, in riferimento alle aziende, se ne parla solo dal punto di vista del top management, dimenticando che la fiducia deve partire dal basso e che nella costruzione del coinvolgimento la comunicazione può rivestire un ruolo chiave. La riflessione di Paolo Bruschi.

Quando si parla di clima di fiducia delle imprese e della sua centralità nel rilancio del Paese, invariabilmente si prende in considerazione soltanto lo stato d’animo di investitori e top manager: che sono condizione necessaria, certo, ma non sufficiente a far funzionare un’azienda (e tanto meno un Paese). Ci si dimentica, infatti, della fiducia di tutti gli altri che stanno dietro di loro, a occupare il proprio posto col minimo sforzo e ottenendo minimi risultati, o a sentirsi parte di un progetto comune, contribuendo con entusiasmo alla sua realizzazione.
Per chi non comprende come riconoscere centralità e rispetto a dipendenti e collaboratori sia un valore di per sé, circolano da anni ricerche che riportano dati inequivocabili, con produttività superiore e performance aziendali più elevate nelle società con alto livello di coinvolgimento del personale.
Oggi, se possibile, la centralità di questi temi è ancora superiore: perché maggiore è il grado di coinvolgimento cui la pervasiva interconnessione sociale resa possibile dalle tecnologie ci ha abituati. Ma è significativo come spesso le stesse aziende che hanno già compreso l’importanza di applicare regole di trasparenza e percorsi di partecipazione verso i cittadini e perfino con gli oppositori, continuino poi ad essere opache e poco credibili verso il proprio interno, verso quei loro dipendenti che sono i loro primi stakeholder e che sarebbero i loro primi ambasciatori se si sentissero rispettati, riconosciuti e valorizzati.
Tale coinvolgimento dovrebbe riguardare l’intero ciclo aziendale, ma due sono gli aspetti cruciali: comunicare per far capire la direzione strategica nella quale si muove l’azienda (se i dipendenti agiscano come “megafono” positivo o negativo dipende dal management e dal lavoro costruito in questa direzione) e ascoltare per raccogliere le opinioni del personale (e le preziose indicazioni che da questa attività possono emergere).
Il primo aspetto è importante perché informare, allineare e coinvolgere i dipendenti non è soltanto un atto comunicativo, ma un riconoscimento della centralità del capitale umano e un momento formativo, che incrementa in maniera sensibile la “capacitazione” e aumenta le possibilità che ogni individuo si renda protagonista di una trasformazione virtuosa.
Il secondo fattore, invece, ha a che fare col fatto che, quasi certamente, i database di Facebook, Google e Amazon conosceranno meglio le preferenze e opinioni personali dei dipendenti di una qualunque azienda italiana, rispetto ai manager per i quali questi dipendenti lavorano. Tanto quanto appaiono opache nel trasmettere le linee strategiche dal management al personale, le aziende italiane sono spesso incapaci di ascoltare ciò che viene dal basso. E non sto affatto invitando, qui, a ledere la privacy con chissà quali indagini, ma l’esatto opposto: a dare la possibilità a tutti di contribuire. Dare ai dipendenti una voce e far loro capire che ciò che pensano è rilevante e può contribuire a migliorare il lavoro di tutta l’azienda.
Se c’è la volontà, gli strumenti per ottenere questi risultati ci sono. Non si può però pensare che sia sufficiente inviare “circolari”, ma servono modalità adeguate dal punto di vista comunicativo, tecnologico e soprattutto di leadership.
È importante comunicare rispettando le modalità con cui ci siamo abituati a ragionare oggi (non con pagine fitte di testo come se AD e impiegati scrivessero ancora sulle Lettera 22, ma per sintesi e immagini, magari infografiche che guidino la comprensione), ma è anche cruciale creare possibilità di interazione che sfruttino la crescente capacità di connettere persone e informazioni rapide e distanti tra loro.
Infine, forse ancora di più nell’era dell’iperconnettività online, serve soprattutto saperci mettere la faccia di persona, mostrando finalmente di aver compreso il valore dell’elemento umano. In fondo l’unico che conti davvero, quando si tratta di costruire un rapporto di fiducia.
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