Tmf, nell'illustrarci una serie di rischi per il Relatore Pubblico, se ne è dimenticato uno: quello di non essere considerato dal cliente uso il verbo "considerare" anche se quello più corretto sarebbe un altro .Certo, molti di voi penseranno: ma questo è un rischio che corrono quei relatori pubblici che non sanno esercitare le proprie capacità professionali .Se è così allora qualcuno mi deve spiegare la situazione nel centrosinistra italiano.Tutti i leader della coalizione utilizzano da tempo esperti di comunicazione, ghost-writer, mass-mediologi, spin doctor e gli onnipresenti sondaggisti e poi organizzano seminari di approfondimento sul marketing politico, si dannano per conquistare spazi e visibilità in tv e via dicendo.Il risultato? Con precisione svizzera, si presentano ogni giorno agli occhi dei propri elettori e di quelli che dovrebbero conquistare (?!) come dei personaggi catapultati improvvisamente dall'era della clava a quella della comunicazione, un po' come Jean Reno e Christan Clavier nel film "I visitatori" Per ricordare solo le ultime chicche dei visitatori ulivisti: la lista unitaria per le europee e il suo prematuro superamento, il lancio della GAD e il suo relativo affondamento, la presentazione della FED e il suo puntuale annebbiamento e infine (si fa per dire ) il nuovo nome dell'alleanza (Unione per la democrazia) precocemente anticipato dallo scoop di Repubblica con smentite, polemiche e indignazione successive. Ora, pur con il dovuto spirito critico nei confronti del ruolo di chi esercita la professione del relatore pubblico, mi pare francamente improbabile che l'impazzimento della comunicazione organizzativa (per dirla alla Invernizzi) del Fu Ulivo (per dirlo alla Gramellini) sia imputabile alla scarsa competenza o alla debole efficacia dei consulenti suvvia, il problema è un altro. E qui vengo a contestare un altro punto della riflessione di tmf: se il cliente - sostiene Toni si avvale di un consulente di RP, pagandolo profumatamente, sarà portato a fidarsi di lui.Ma ne siamo certi? O forse il caso della maionese ulivista conferma che ancora oggi, molto spesso, chi si trova al vertice del processo decisionale, sia egli un AD di una grande azienda o un leader politico, sceglie, sì, di destinare una parte del budget della sua organizzazione alla comunicazione ma poi relega il relatore pubblico ad un ruolo marginale, non appropriato, molto lontano da ciò che tutti noi vorremmo e non penso nemmeno che sia una questione di primato del prodotto o della politica nei confronti della comunicazione semmai si ritorna al solito problema: la percezione della nostra professionalità agli occhi di chi ci "compra".Intanto poi a pagarla sono Campbell o Fabris, mentre il bello guaglione di turno se la cava sempre a colpi di clava Aspettate e vedrete che anche le primarie a candidato unico (!!!) saranno imputabili a un difetto di comunicazione Sergio VazzolerUn commento di Sergio Vazzoler all'editoriale della scorsa settimana sul paradosso del relatore pubblico.