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Il rossetto di Delia

18/12/2023

Annamaria Anelli

La prima riflessione di una serie di contenuti firmati dalla commissione Relazioni di Genere di FERPI. Con introduzione di Santina Giannone, il primo contributo, di Annamaria Anelli, è dedicato al film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi.

La parità di genere non si costruisce solo l’8 marzo, come la violenza sulle donne non si combatte solo il 25 novembre. Siamo consapevoli di questo eppure sembra che questi temi siano destinati ad avere una vita legata alle ricorrenze o alle urgenze.
Vorremmo sfilarle da questi tavoli e tessere il filo che invece li unisce al quotidiano, a quel libro che ci svela un punto di vista nuovo, all’indagine che non abbiamo avuto il tempo per approfondire, al film di cui tutti parlano, ma pochi sfogliano, nella sua ricchezza di significati.
Nasce da questa riflessione una serie di contenuti firmati dalla commissione Relazioni di Genere di FERPI e dai soci e dalle socie che ci affiancano in questo importante compito.
Inauguriamo questa serie di riflessioni con quella dedicata al film “C’è ancora domani” firmata da Annamaria Anelli.

Il film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi parla con semplicità estrema di persone comuni, soprattutto donne; di un’Italia che dopo la fine della guerra sta raccogliendo i cocci. Ma li sta raccogliendo con mani nude e ferite aperte per trasformarli in quello che il cinema chiama turning point e la vita punto di svolta: in questo caso, il referendum sulla forma istituzionale dello Stato che con il voto popolare sancisce la nascita della Repubblica (2 giugno 1946). Teniamolo a mente il verbo nascere.

Il film si svolge proprio nei pochi giorni che precedono questa data e lo dico sapendo di non fare, ormai, spoiler. Chi non lo ha visto ne ha sentito parlare, ne ha letto, ha captato il senso generale di ciò che Cortellesi ha voluto raccontarci. 

“C’è ancora domani” racconta la storia di una donna qualunque, Delia, e attraverso di lei snocciola la storia minore delle donne che hanno tirato fuori un Paese dalla guerra con i sacrifici, e nonostante la violenza domestica subita con rassegnazione. Anche l’aggettivo minore teniamolo a mente.  

È la storia delle donne che hanno scelto in prima persona ciò che il Paese sarebbe diventato, accollandosene la responsabilità. Le donne votanti, il 2 giugno 1946, sono state infatti 12.998.131 contro i 11.949.056 uomini.

Se la Repubblica è nata, è perché è stata partorita collettivamente da quelle donne che si sono messe in fila sotto gli occhi insofferenti o arrabbiati di molti uomini. Donne che hanno alimentato la storia minore, taciuta, silenziata nei libri di storia, invisibile nel flusso muscolare e individuale della Storia raccontata solo al maschile. 

Le donne come Delia - se erano rassegnate alla propria condizione subalterna - erano però pronte, prontissime per l’appuntamento democratico. Perché vedevano lungo, capivano che per i loro figli e le loro figlie era necessario prendere posizione tutte insieme, con la camicetta cucita per l’occasione e il rossetto rosso. 

Quel rossetto, che si mette Delia con cura e che immaginiamo rosso (perché il film è in bianco e nero), mi ha fatto pensare al rossetto rosso fuoco di una politica democratica statunitense: Alexandria Ocasio-Cortez. Le red lips lei le usa come strumento per affermare femminilità e insieme potere. Donna, giovane e non bianca, vive un’intersezione delicata e sa molto bene cosa significa essere sminuita o silenziata. Il rossetto rosso significa io ci sono e ci sono con le mie idee, ma anche con la mia femminilità 

Un rossetto che passa di mano in mano, insomma, da borsetta a borsetta. 
Delia ci ha lasciato il testimone della speranza tenace; sta a noi adesso eliminare la rassegnazione.   

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