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Il valore degli eventi

04/11/2010

In margine alle celebrazioni dei quarant’anni di Ferpi... un'approfondita riflessione di _Toni Muzi Falconi_ sul valore degli eventi. Quando un evento si può dire riuscito? E quale davvero il ruolo del relatore pubblico nella sua organizzazione?

di Toni Muzi Falconi
Nel secolo scorso (ma tipicamente anche oggi) la nostra reattiva sindrome pavloviana è quella per cui, a qualsiasi natura di questione si presenti, rispondiamo con: ‘organizziamo un evento e facciamo un comunicato stampa’. Aggiornando il concetto, e forse con ancora maggiore banalità e superficialità: ‘andiamo su Facebook e Youtube, creiamo una comunità e coinvolgiamo i blogger…’.
Giorno dopo giorno mi convinco che, per i nostri clienti/datori di lavoro e per la nostra professione, questo sia un approccio fallace, quando non controproducente. Prendiamo il caso del classico evento (fisico o digitale, non importa). A che serve un evento? In quest’ultimo decennio ne avremo discusso insieme su questo sito almeno cento volte. Un evento è uno strumento della nostra cassetta degli attrezzi quando serve a ‘convocare’ un pubblico specifico predefinito che ci interessa, al fine di argomentare e tematizzare una questione (presentare un prodotto, una idea, reclutare testimoni autorevoli o rappresentativi…) che ci consenta di avvicinarci all’obiettivo perseguito.
Solitamente, cantiamo vittoria quando riusciamo ad attirare all’evento il pubblico desiderato.
Se fosse così, nella migliore delle ipotesi, avremmo svolto con efficienza un ruolo operativo. Ma l’efficacia è tutt’altro che assicurata. Il numero e la qualità delle persone che partecipano a un evento rappresentano solo il secondo dei quattro passaggi che consentono di valutarne l’efficacia.
Ricordate?: prodotto-output (sede, inviti..); riscontro-out take (numero e qualità dei partecipanti); cambiamento-out come (modifica opinioni e comportamenti); valore-outgrowth (modifica relazioni e reputazione).
Non ci diciamo sempre che il relatore pubblico dovrebbe svolgere, oltre un ruolo tecnico-operativo, anche un ruolo manageriale e strategico?
Dunque, riferendoci a un evento…: dove sta il ruolo manageriale e dove quello strategico?
Se riusciamo a far sì che i protagonisti relatori-testimoni dell’evento siano opportunamente scelti e brieffati affinché il suo svolgimento segua un filo conduttore ben identificabile dai partecipanti e compatibile con le aspettative del pubblico convocato, avremo anche svolto un ruolo manageriale…. Questo, nel senso che avremmo saputo combinare risorse diverse, finalizzate a una tematizzazione coerente con l’obiettivo che ci proponiamo di raggiungere. Se poi riusciamo anche a modificare non soltanto le opinioni, ma anche i comportamenti del pubblico attratto all’evento, allora avremo anche svolto un ruolo strategico.
L’implicazione è che non è sufficiente attirare l’attenzione e la presenza (fisica o digitale) del pubblico con il quale intendiamo interloquire. Talvolta, le conseguenze di un evento ottimamente riuscito dal punto di vista operativo possono anche essere indesiderate, proprio perché non sono adeguatamente assicurati il ruolo manageriale e quello strategico. Quando si opta per una politica dell’ esserci (questa è la ‘scelta strategica’ della leadership) non c’è nulla di male in sé, ma è indispensabile assicurare preliminarmente un quadro di riferimento concettuale e di argomentazione coerenti.
Nessuno può affermare che nel celebrare il suo quarantesimo la Ferpi non abbia saputo mobilitare ottime risorse volontarie sul territorio, mostrando anche l’ampia varietà dei settori in cui le relazioni pubbliche operano.
Ma, parlando di cinema (soltanto perché è l’iniziativa che ha sinora avuto sicuramente più successo e perché sia Elisa Greco che Cristina Marchegiani – responsabili dell’iniziativa – sono professioniste troppo navigate per irritarsi con me se le assumo ad esempio) qualcuno ricorda la trama del film? E’ un po’ come quando si esce dalla sala e si dice: bella la fotografia!
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