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Internet? Dovrebbe essere più stupida

04/11/2009

Se una buona metà degli italiani non usa la Rete un motivo ci sarà. Non è che se li vogliamo a bordo dobbiamo ripensare a un’internet meno intelligente e ricca?

di Roberto Venturini


L’altro giorno al supermercato, ho notato un signore comprare un telecomando. E ho avuto un’epifania. Non nel senso dei Re Magi e tutto quanto, ma nel senso di una improvvisa rivelazione. Più tardi, a casa, ho pensato ai dati di uso di Internet in Italia, e il pensiero si è cristallizzato meglio. Adesso sono pronto a condividerlo con voi, partendo però dal fondo.


Come ho già scritto più volte, il fatto che in Italia sia più o meno il 50% della popolazione ad usare Internet va interpretato; per capire se sia un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Certo, all’estero sono di più (non ovunque), ma il nostro è un paese di anziani e anche un po’ vecchio di testa. Se poi andiamo a spaccare questo macrodato che dice tutto e dice niente, si vede chiaramente come il digital divide esista, come in parte sia geografico (le penetrazioni a Milano e a Roccaraso non sono certamente comparabili), ma sia soprattuto di testa. Insomma uno scenario variegato.


Aggiungiamo a questo un altro dato. Secondo l’Osservatorio Italia Digitale 2.0 di Confindustria il 73% della popolazione che non possiede un personal computer ritiene inutile dotarsi dei servizi della rete e di un collegamento a banda larga. Internet. Inutile.


Ora è ovvio a chiunque di noi quanto Internet sia invece utilissimo per qualsiasi cosa uno debba o voglia fare.


Qui casca l’asino


È proprio nella frase precedente che si cela l’inghippo. È ovvio a chiunque di noi che siamo differenti dai loro che non usano la rete. È naturale, la rete è stata fatta da noi, per noi. Prima nerd e poi geek, tecnofili e smanettoni, in fasce sempre più ampie di utenti innovativi o almeno aperti, flessibili. Insomma chi doveva e poteva usare internet l’ha ormai fatto. Entreranno d’ora in poi solo le nuove leve dal punto di vista anagrafico: i digital natives erediteranno il mondo, nelle nuove generazioni il tassi di adozione della Rete sono incomparabili, sia per la loro naturale innovatività, sia perché se non sei in Rete alla loro età sei sempre più un tagliato fuori, punto.


E tutti gli altri? A questo punto abbiamo due strade: aspettare il ricambio generazionale e fregarcene. Lasciare che chi non usa Internet continui così, che non acceda ai vantaggi multiformi che la rete può portare. O se è un’impresa che rischi di uscire dalla sfera della competitività e dell’accessibilità e magari chiuda. L’altra strada è domandarci se, in attesa che questi si estinguano (e perché spariscano completamente, la paleologia insegna, ci vogliono normalmente parecchie generazioni) non sia il caso di fare un’internet più su misura per loro. E comunicarla in modo diverso.


Qui entra in gioco il telecomando


Il signore in questione (in pieno target non-internet) ha passato alcuni minuti esaminando telecomandi sostitutivi o addizionali, di quelli semplici. Finendo per comprare quello che aveva meno bottoni di tutti. Acceso, spento, canale, volume. So cosa fa la tv, a che mi serve. Le funzionalità addizionali, il televideo, il contrasto… non mi interessano perché non ho capito a che cosa mi servono (sul tema della massima semplificazione dei telecomandi televisivi, il remote control che ha un solo tasto, il più importante, ho scritto altrove).”Noi” che abbiamo fatto il web abbiamo normalmente adottato il paradigma del software, dove ogni release, per poter essere venduta, deve incorporare nuove features talvolta al limite dell’esoterico. Fare sempre di più, dare un senso all’acquisto attraverso la potenza e l’accresciuta ricchezza. Solo in pochi casi l’evoluzione del software è passata dal mantenere più o meno ferme le funzionalità al renderle più semplici da utilizzare, più efficienti (e guarda caso è in questa direzione che sono andati gli aggiornamenti di Mac OS X e in parte anche – a mio personale modesto parere – Windows 7).


Fino a quando non decideremo di fare un downshifting del web, portarlo dalla ricchezza alla semplicità francescana, non so quanti non user riusciremo ancora a portare dentro. E non è una questione di usabilità, almeno non come la intendiamo correntemente. I criteri che adottiamo forse sono ancora troppo complicati per le persone (e sono tante) che non mettono i numeri in memoria del cellulare perché è un processo troppo complesso. E per un pubblico che, lo vediamo benissimo, ha pochissimo interesse per il web e al quale dobbiamo spiegarlo semplice semplice. Esagero: serve un web fatto a telecomando, quattro bottoni e basta, pochissime funzioni ma sostanziali. Un web più stupido che non richieda esperienza né “intelligenza” da parte dell’utente.


Non possiamo comunicare a queste persone basandoci sulla fascinazione delle illimitate potenzialità, della potenza, in fondo della complessità. Mi immagino la costruzione e la comunicazione di siti che facciano una cosa sola, fatta bene e detta in modo semplice. Al limite del banale: banale per noi, ma per loro potenzialmente rivoluzionario. Insomma, quelli che potevamo prendere con un approccio di intelligenza e di rivoluzione mi sa che li abbiamo presi. Non è che per prendere gli altri dobbiamo essere un po’ più stupidi?


Tratto da www.apogeonline.com
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