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La forza dei dati raccontati

18/12/2025

Daniela Ballarini

L’incontro, primo di un ciclo nazionale che nel 2026 attraverserà l’Italia da nord a sud, ha riunito istituzioni, tecnici, amministratori locali, ricercatori ISTAT e studiosi.

Una fotografia ampia, solida, e soprattutto chiara, per governare bisogna capire, e per capire bisogna saper comunicare.

C’è una frase emersa all’Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Verona che sintetizza l’intero senso del convegno nazionale ISTAT sul disagio socio-economico: “I numeri ci salvano, se sappiamo leggerli”.
Ed è proprio su questa soglia, tra dato e significato, che si apre un vero tema, ed entra in gioco una delle responsabilità più importanti per noi professionisti della comunicazione e delle relazioni pubbliche, tradurre la complessità in senso, accompagnare le istituzioni e i cittadini a leggere la realtà con occhi più nitidi e meno condizionati dal catastrofismo.

 

Sindaco, Prefettura, Provincia, Accademia e amministratori locali hanno condiviso un messaggio “i numeri contano solo se diventano comprensibili, utili, raccontabili”.
ISTAT ha mostrato strumenti già in uso alle amministrazioni, che hanno permesso di rilevare indici di fragilità e disagio socioeconomico fino al livello di quartiere e micro-area; mappe demografiche e previsioni fino al 2050; dashboard con più di 70 indicatori per ogni comune italiano. È una rivoluzione culturale, oltre che tecnica. Ma una rivoluzione che rischia di rimanere chiusa negli uffici se non viene raccontata con la cura e la responsabilità che richiede.
Perché i dati, da soli, non bastano, hanno bisogno di essere interpretati, contestualizzati, messi in relazione con scelte politiche, bisogni sociali e visioni di territorio. Hanno bisogno di una voce capace di trasformare ciò che “si misura” in ciò che “si comprende”.

 

Dai numeri alle parole, è anche il percorso usato per spiegare le percezioni mediatiche spesso molto più catastrofiche dei numeri reali; una lettura sub-comunale del disagio socio-economico cambia completamente gli scenari;
Nel caso “Verona” risultano molti indicatori performanti, pur con micro-aree dove fragilità educativa, redditi bassi e criticità occupazionali richiedono interventi mirati; altri indicatori come i NEET o gli adulti senza istruzione superiore possono raddoppiare da un quartiere all’altro; il benchmark scelto (comunale, provinciale, nazionale) modifica drasticamente la percezione delle priorità.

 

Le vere disuguaglianze sono spesso invisibili ai macro-numeri e si rivelano solo con un lavoro metodologico raffinato.
L’ufficio Statistica di Verona è stato ed è, un vero laboratorio. Quartieri con criticità molto diverse, microaree che emergono solo grazie alla granularità dei registri, disuguaglianze che diventano visibili proprio grazie allo storytelling dei dati.

 

Dal richiamo allo Statuto ISTAT “statistiche di qualità al servizio dei cittadini”, alla riflessione su Biggeri e Popper, tutto converge su un punto:
la statistica pubblica è un’infrastruttura democratica tanto quanto le strade, le scuole, gli ospedali.
Un dato non raccontato rischia di essere inutile, e un dato frainteso è peggio di un dato assente, ecco perché la narrazione basata su evidenze è l’unico antidoto credibile alla disinformazione, perché il dato ufficiale è garanzia di diritti.

 

E allora si apre un enorme spazio professionale e sociale: quello dell’alfabetizzazione statistica. Quello della comunicazione che non manipola ma spiega.
La statistica è un linguaggio.
Se c'è una lezione che porto via da questa giornata è che i numeri sono strumenti potenti, ma solo se qualcuno li rende accessibili, altrimenti restano grafici per addetti ai lavori, invece di diventare bussole per cittadini, amministratori e imprese.
Il dato più prezioso non è quello che appare in una tabella, ma quello che sappiamo far comprendere, è qui che il relatore pubblico diventa ponte, i dati ufficiali sono i pilastri della democrazia (se qualcuno li sa raccontare)

 

Per questo eventi come questo parlano anche a FERPI e ai suoi soci, perché la qualità dell’informazione pubblica, la capacità di connettere numeri, persone e territori, e la responsabilità nel costruire fiducia sono parte della nostra professione.
Il nostro ruolo?
Fare in modo che le evidenze non restino chiuse nei report, ma diventino patrimonio di tutti,
dare voce ai numeri, renderli leggibili, credibili, umani.

Raccontarli.

 

Qui le slide complete.

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