La solitudine del giovane comunicatore
28/05/2009
Un mondo senza più Maestri? Una riflessione di Mariella Governo, dopo la diretta video-chat con Beppe Severgnini, sui comunicati stampa e sulle email da cestino.
Coltivo da tempo un pensiero e un’immagine: i giovani comunicatori sono soli davanti allo scoglio della scrittura di lavoro. Senza Maestri accanto. Sono riflessioni che appaiono e riappaiono nel mio lavoro di docente e che si rafforzano nelle mail che i ragazzi mi scrivono o che leggo qua e là nei blog.
Un pensiero e un’immagine che hanno definitivamente preso forma qualche giorno fa nella diretta in video chat di Punto Italians a cui ho partecipato, invitata da Beppe Severgnini, insieme ad Annamaria Testa e Betti Soldati. Il tema era provocatorio: “Come scrivere un pessimo comunicato stampa”.
Numerose e di vario tipo sono state le domande, i dubbi erano quelli di base: come inizio un comunicato stampa, come scelgo l’oggetto dell’e-mail come faccio a farmi leggere e così via.
Noi eravamo lì per rispondere a tutti, o quasi, e abbiamo fatto del nostro meglio. Un’efficace risposta è spesso terapeutica, può indicarci che stiamo sbagliando strada, che quella e-mail sarà un mostro da cestino, che quel comunicato stampa non verrà mai letto. Un consiglio, da solo, non può certo far scrivere meglio.
Avverto, rispetto a un tempo, una maggior solitudine professionale dei giovani comunicatori, consapevoli che scrivere bene oggi, è fondamentale tanto quanto parlare inglese. Ma scrivere efficace è un taglio netto e preciso della lama nella tela. Non casuale, ma una conclusione attesa dopo anni di lavoro e di studi accademici.
Ci vuole un po’ di talento naturale ma soprattutto molto esercizio quotidiano. Ci vuole soprattutto un buon Maestro-lettore, quello un po’ burbero, al quale sai già che non andrà mai bene nulla, quello che ti farà rifare il pezzo 10 volte, quello che odierai per quella fatica.
Un Maestro che poi, nella vita professionale adulta, ricorderai e ringrazierai spesso. Questo Maestro io l’ho avuto, Aldo Zana, e non solo per la scrittura. Ricordo in particolare il suo rigore, ma anche la generosità e il tempo che mi dedicava nell’offrirmi i segreti del mestiere.
Diceva un saggio cinese: “se nessuno sa quel che tu sai, il tuo sapere serve a poco”. E io ho un sogno per la mia seconda vita professionale, quello di aprire una libera scuola del giovane comunicatore, sullo stile della Scuola di Barbiana (Lettera a una professoressa fu il primo e importante libro che lessi). Allora si insegnava ai ragazzi poveri e a quelli difficili come affrancarsi dalla loro condizione sociale con l’alfabetizzazione e la cultura. Oggi potremmo insegnare ai giovani comunicatori, i piccoli e grandi segreti della scrittura professionale. Per farli sentire meno soli.
Sono romantica e utopista? Forse. La scrittura efficace (ed emozionale, direbbe Anna Maria Testa) aiuta a proporci, a imporci, a difendere i nostri diritti, a veleggiare con grazia sopra i rumori di fondo del nostro tempo. E vi pare poco?
Mariella Governo