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Le lobby americane alla conquista di Bruxelles

10/10/2005

Di pari passo con la crescente influenza di Bruxelles sulla normativa internazionale, le principali multinazionali americane hanno colonizzato la capitale belga con i loro uffici di lobby.

Gerald Cassidy, della potente società Cassidy & Associates di Washington, in un articolo del Financial Times della scorsa settimana racconta perché l'America dei public affairs ha deciso di andare alla conquista del mercato europeo.L'attività di lobbying in Europa si trova ancora in una fase iniziale rispetto agli Usa. Ciò dipende soprattutto dalla storia degli Stati Uniti, che fin dalla loro nascita hanno consentito una maggiore partecipazione dei cittadini al governo del Paese (basti pensare al primo emendamento). Nel vecchio continente invece il potere decisionale è stato a lungo in mano a una ristretta élite. Ma oggi, secondo Cassidy, l'old boy's network sta cambiando e gli europei stanno imparando a far valere le loro ragioni.
Inizialmente le società statunitensi ebbero scarsa considerazione per l'influenza dell'Unione Europea sulle questioni internazionali. Dopo il luglio 2001 però, quando la Commissione bloccò la fusione tra General Electric e Honeywell, si ebbe una svolta. Molti gruppi capirono che Bruxelles sarebbe stata fonte di un volume sempre crescente di legislazioni e nuove regolamentazioni con ripercussioni a livello mondiale. Così da qualche anno, vicino al palazzo del Berlaymont e dintorni, sono proliferate le lobby di società come Microsoft, Intel, Procter & Gamble, General Electric e General Motor, portando circa 13 mila lobbisti statunitensi in città.
Secondo Gerald Cassidy, comunque, quattro anni e rotti sono ancora pochi perché si possa affermare l'esistenza di gruppi di pressione ben inseriti. Soprattutto se si distingue l'american style dal concetto europeo: egli sostiene che negli Usa le azioni di lobbying facciano leva direttamente su chi deve prendere decisioni politiche. E' usuale addirittura guidare i legislatori nella formulazione delle direttive per risparmiare futuri problemi ai propri clienti. In Europa invece non c'è ancora un rapporto così esplicito tra lobbisti e regolatori; forse, come ritiene Sir David Arculus, presidente della Confederazione degli industriali britannici, l'Ue non è ancora pronta per un approccio così diretto.
Valentina Tubino - Totem
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