Daniela Bianchi - Segretaria Generale FERPI
Serve una visione che tenga insieme l’evoluzione geopolitica con l’impatto sociale delle tecnologie digitali, l’etica d’impresa con i principi democratici.
Siamo solo all’inizio dell’anno, ma c’è un fermento tale che pare di essere a metà di un gigantesco cambiamento planetario. Non abbiamo fatto in tempo a dismettere l’abito della festa che già si respira aria di rivoluzione, per quello che si preannuncia non solo come un cambio d’abito, ma proprio come un cambio di scenari epocale, forse anticipato da tanti piccoli e grandi segnali disseminati qua e là, ma che ci ha già travolto in questi pochi giorni.
Trump ribussa alle porte della storia, ipotizzando un “nuovo ordine mondiale” in cui alleanze e contrappesi sembrano tutti da ridisegnare, e c’è da scommettere che il suo linguaggio diretto – ma spesso ambiguo – riporterà in primo piano lo scontro ideologico tra potenze globali. Elon Musk non si limita più a lanciare razzi e satelliti come fossero fuochi d’artificio, ma con Starlink si è garantito un potere comunicativo planetario, capace di bypassare governi e provider tradizionali. Che non significa solo più connettività, ma anche una maggiore esposizione a notizie incontrollate, potenzialmente manipolabili, senza precedenti, e la voglia (nemmeno tanto segreta) di riscrivere le regole del gioco mediatico.
È su questo crine che la geopolitica e le fake news si incontrano e la disinformazione diventa un’arma strategica, in grado di orientare intere fasce di popolazione e incidere su scelte politiche, sociali ed economiche. Lo vediamo anche in casa Meta, dove si sperimenta un nuovo approccio al fact-checking, meno ortodosso, forse più flessibile, ma anche più scivoloso. Il rischio? Che la necessaria verifica dei fatti si trasformi in un circo di opinioni dove tutto e il contrario di tutto possono convivere, senza più il filtro della verità. Un approccio che promette maggiore libertà d’espressione, ma rischia di spalancare le porte a una giungla di opinioni non verificate. E se un tempo la lotta alle fake news era un tema di nicchia per addetti ai lavori digitali, oggi è un fattore chiave di stabilità (o instabilità) globale.
E intanto, “woke” è già la parola più usata (e abusata) di questo inizio anno. E se le parole contano, in questo frullatore di novità esplosive il termine sembra essere diventato la chiave passe-partout per irridere e liquidare qualsiasi discorso su diritti, sostenibilità o responsabilità sociale d’impresa. Come se la preoccupazione per il futuro del pianeta o la tutela dei diritti fosse soltanto una moda, una posa radical-chic. Questo slittamento semantico non è casuale, è anch’esso un riflesso del potere della narrazione – o, più esattamente, della contro-narrazione – che, se ben orchestrata, può riportarci indietro di anni nel dibattito su clima, giustizia sociale, parità. Ridurre tutto ad un vuoto perbenismo, o un eccessivo political correct, è un cortocircuito pericoloso che rischia di vanificare il lavoro fatto finora per rendere la comunicazione più etica e inclusiva, e che rischia di annullare i progressi ottenuti fin qui.
Nel frattempo, il rapimento di Cecilia Sala riporta al centro il tema della libertà di informazione costruita sul campo, una sterile querelle che ci fa dimenticare che senza corrispondenti e reporter che si spingono fino all’epicentro dei fatti resteremmo schiavi di un rimpallo sterile tra fonti digitali
Qualcuno dice: “I giornalisti se la vanno a cercare”, eppure senza chi si sporca le mani in prima persona, l’informazione rischia di ridursi a un ping pong virtuale, dove la realtà viene filtrata – e distorta – da interessi e algoritmi.
Considerazioni sciatte e riduzioniste, che abbiamo già sentito più volte in situazioni analoghe, ma che perpetuate nel tempo e con tanta virulenza rischiano di seppellire definitivamente l’afflato rivoluzionario e poetico degli inviati di guerra, dei fotoreporter, di donne e uomini di frontiera che hanno nutrito per anni il nostro immaginario collettivo e ci hanno fatto innamorare di tutto ciò che è parola, racconto, storia, fatto, relazione. In una parola tutto ciò che è il nostro mestiere, tutto ciò che è “empatia”. Sentimento decisamente non praticabile con uno schermo, che di certo non è attrezzato per rimandarci il senso dell’umano, strappando il contatto diretto con la realtà. Senza quella ricerca sul campo, la Storia si sgonfia, perde profondità, e noi rimaniamo inchiodati a quell’informazione “di rimbalzo” che è tanto comoda quanto miope, perdendo la libertà di capire davvero cosa accade. E capire cosa accade è importantissimo, checché se ne dica.
Siamo solo a 10 giorni dal nuovo inizio, ma siamo nel bel mezzo di un caleidoscopio di eventi e tensioni.
In questo quadro frammentato e iper-connesso, chi fa il nostro mestiere ha una grande responsabilità. Siamo chiamati a individuare il fil rouge tra i tanti temi sul tavolo, dalla geopolitica alle fake news, dai social media ai cambiamenti climatici, dall’innovazione tecnologica ai diritti umani. Abbiamo il compito di riconoscere le dinamiche di potere celate dietro le narrazioni, di smascherare i tentativi di manipolazione, di offrire – dove possibile – uno sguardo d’insieme che aiuti tutti a orientarsi e a scegliere con consapevolezza.
Non parliamo più di semplici bufale virali sui social: l’informazione manipolata è ormai un vero strumento di potere, capace di influenzare mercati, elezioni, perfino alleanze internazionali. In questo contesto, la distinzione tra un’azienda, un’organizzazione o un governo diventa labile, tutti possono essere bersaglio o veicolo di narrazioni deformate.
E qui entra in gioco il nostro ruolo di comunicatori e relatori pubblici
Non siamo soltanto “ponti” tra l’azienda e i suoi pubblici, né semplici “costruttori di messaggi”. Siamo, piuttosto, gli architetti di una relazione che interseca politica, economia e società civile.
Ciò significa che dovremo saper tradurre la complessità, prendere temi globali – come la sostenibilità, la geopolitica, la disinformazione – e renderli accessibili, senza banalizzarli; dovremo anticipare i trend e i rischi e cioè cogliere in anticipo i segnali di una crisi o di una manipolazione, e predisporre strategie che proteggano la reputazione delle organizzazioni e il diritto dei cittadini a essere informati correttamente; dovremo fare da garanti dell’etica professionale, stabilire quindi standard di veridicità, responsabilità e trasparenza, consapevoli che la nostra credibilità è il primo baluardo contro le derive del discorso pubblico. E infine dovremo essere connettori di relazioni, costruire cioè network di fiducia con media, stakeholder, comunità locali e internazionali, in modo da “vaccinare” il più possibile la società civile dalle invasioni di false verità. In quest’epoca di fake news, tifoserie politiche e derive linguistiche dobbiamo restare lucidi, creativi e, soprattutto, un passo avanti rispetto alle manipolazioni
Questo è il compito – e insieme la sfida – che il 2025 mette sul nostro tavolo. Non basta più parlare di “reputazione” o “buone pratiche”, serve una visione che tenga insieme l’evoluzione geopolitica con l’impatto sociale delle tecnologie digitali, l’etica d’impresa con i principi democratici.
Il panorama può apparire frastornante, ma è qui che si misura la vera statura del relatore pubblico e del comunicatore, nella capacità di unire i puntini e di proporre chiavi di lettura all’altezza della complessità attuale. Se vogliamo che la libertà di conoscere, di scegliere e di comprendere i fatti rimanga un diritto inalienabile, allora ciascuno di noi, nel proprio ruolo, dovrà essere tanto coraggioso quanto competente.
Non possiamo permettere che il 2025 sia ricordato come l’anno in cui si tornò indietro sui temi cruciali per il nostro futuro. Piuttosto, dovremo fare in modo che sia l’anno in cui – attraverso una comunicazione coraggiosa e autentica e la costruzione di reti di relazioni – la libertà di conoscere, di informare e di scegliere abbia fatto un passo avanti!
Buon anno di lavoro a tutte e tutti, per una professione che richiede onestà, visione e coraggio, ne avremo bisogno, ma abbiamo anche tutte le carte in regola per fare la differenza!