Lettori di Prima in viaggio al Wprf
19/07/2005
Carla Gardenghi di Matrix era fra i partecipanti al Festival di Trieste e ci ha scritto questa lettera davvero interessante e utile.Lettori in viaggio al World Public Relations Festival 2005Prima Comunicazione: Numero in edicola 351, in allegato il programma del WPRF 2005, che attrae l'attenzione su qualcosa di molto speciale. Non il solito convegno, "for business" o "per le istituzioni". Né una pubblicità progresso' per iniziative di terzi, veicolate dalla illustre testata milanese. Si tratta del programma completo del WPRF ovvero World Public Relations Festival 2005.
Noi lettori di Prima Comunicazione siamo abituati alle poltrone, alle tematiche forti del management italiano, alla politica di fondo. Noi lettori siamo anche lavoratori italiani, manager, impiegati, uomini d'affari. L'allegato WPRF blocca la nostra attenzione, fa pensare a quanto sia cambiato, in questi anni, dentro e fuori della nostra azienda e a quanto l'azienda e le persone abbiano cessato di recitare meccanicamente il ritornello del fatturato e come più o meno coscientemente tutti abbiano iniziato a sentir parlare, o abbiano parlato, o addirittura abbiano vissuto intensamente il nuovo concetto di sostenibilità' delle azioni della nostra azienda, di come la nostra azienda da qualche anno sia chiamata ad essere socialmente responsabile'. Il mondo intorno lo richiede, il mondo intorno è entrato nella nostra azienda e oramai le regole fuori sembrano dover assomigliare sempre più a quelle dentro.A Trieste si parlerà di diversità, di come la globalizzazione economica abbia esasperato il bisogno di includere ogni singolo diverso soggetto in qualsiasi calcolo o attività noi stiamo svolgendo, se non vogliamo che il mondo economico, politico, o lo stesso ambiente naturale che ci circonda inizi a frantumarsi o a perdere completamente consistenza e valore. A "big issue", direbbe qualcuno. Per questo big issue, per capire meglio il mondo, per capire meglio chi siamo come soggetti pensanti e come soldatini dell'economia, cui contribuiamo col nostro lavoro, noi, lettori di Prima Comunicazione, ci siamo messi in viaggio alla volta di Trieste.Inizialmente, chiunque arrivi alla meta del suo viaggio, lo fa con una valigia di pregiudizi e di aspettative preconcette; anche se noi lettori di Prima Comunicazione siamo più bravi di altri a viaggiare a bagaglio leggero e a farci permeare da quello che ci si para innanzi agli occhi: parole, persone, sorrisi, personalità illustri.Nella valigia dei preconcetti avevamo un solo dubbio, ancorché cocente: che il "big issue", pregno di etica, non dovesse esser datato 2005, ma dovesse esser cosa di tutti da assolutamente molto più tempo. In altre parole, se solo in un anno come questo, il 2005, la comunità mondiale, il gotha delle PR, parla di diversità e di responsabilità sociale, allora o siamo di fronte ad un esercito di ritardatari o siamo di fronte a una parata di eroi.Sì, eroi. Questa è stata la risposta, immediata e reale, al nostro dubbio cocente, che presto si è fatta strada, lungo i tre giorni del WPRF a Trieste. Infatti la forte nota etica che ha spinto tutti, a vario titolo, a parlare di diversità e di responsabilità sociale, avrebbe potuto sembrare una cosa già condivisa e banale, come calmare la sete con l'acqua o come rinnovare le proprie forze con un sonno ristoratore. E invece no! La banalità presunta e non concessa! - dei relatori del WPRF (e delle rispettive relazioni) è stata in realtà una forma di eroismo. I loro discorsi pubblici hanno rappresentato la primordiale forza dell'uomo, il potente grido dell'essere umano che deve ricreare il suo destino in un deserto di valori, oramai distrutti, o in gran parte perduti, tutti quei valori che valevano: prima della bomba atomica, prima delle Torri Gemelle, prima dell'Iraq, prima dell'AIDS.La varietà di estrazione e provenienza dei relatori del WPRF ha rappresentato molto più che l'unisono dei valori e dei cuori sul "big issue" della diversità e della responsabilità sociale e democratica. Sul piano tecnico, a noi viaggiatori del festival, la varietà e ricchezza dei relatori ha regalato visibilità ad ampio spettro su tutte le tecniche usate per una comunicazione consapevole della diversità, su come progettare una comunicazione consapevole della diversità, su come misurare una comunicazione consapevole della diversità, su come lottare per far sempre sopravvivere una comunicazione consapevole della diversità.Rappresentanti istituzionali del mondo delle PR si sono avvicendati sul palco del WPRF con rappresentanti di minoranze etniche, ricercatori universitari, architetti di paesi in via di sviluppo (terzo mondo), performer teatrali, filosofi, medici, produttori di software. Era straordinario come la diversità vivesse in sala in armonia, proprio mentre le parole di responsabilità sociale e di democrazia venivano pronunciate. Abbiamo testimoniato momenti di teoria e pratica in atto simultaneamente.Difficile scegliere qualche nome o qualche "concetto migliore" da un panel complessivo di temi e di relatori di fama mondiale e di attestato valore personale: erano tutti guerrieri della pace, tutti portavoce e creatori di democrazia nei paesi dove lavorano e nei differenti mestieri che operano. Magari più semplice sarebbe parlare di emozioni "a cuore aperto" che non trapelerebbero forse per chi volesse solo e lo consigliamo comunque vivamente! leggere gli abstract degli interventi sul programma del WPRF o i riassunti degli interventi sul sito del WPRF.E' stato emozionante sentire dire da Empedocle Maffìa, nel suo accento italiano di chi da decenni vive e lavora negli Stati Uniti, che il concetto di diversità annulla quello di maggioranza e minoranza e per questo noi sopravviveremo solo se condivideremo dei valori gli uni con gli altri e la legge non servirà a nulla se dai valori comuni si volesse prescindere. Larissa Grunig, super professionale e circondata dalla sua mondiale fama di guru delle PR, ha espresso con emozione il concetto che le PR sono "il cuore pensante" di una qualsiasi organizzazione. Moni Ovadia ha commosso l'uditorio dicendo che i ragazzi nazi, durante i pestaggi dei ragazzi "diversi", ascoltano il rock, inconsapevoli che si tratti della musica nata dall'unione conciliante di due diversità sul nuovo suolo americano: le ballate celtiche degli irlandesi e gli spirituals degli africani. Pier Aldo Rovatti, citando se stesso e i quaderni di Basaglia, ha portato in alto l'emozione, quando, da un paragone con la comunicazione attuabile con persone mentalmente malate, ha detto che la comunicazione della diversità è pregna della logica del paradosso: fare un passo indietro per capire, fare un passo avanti per rispondere, a chi è diverso da noi; vivere in continua oscillazione, abitando - in questo modo - la relazione giorno per giorno, facendo l'esperienza della democrazia e della diversità in un equilibrio tanto difficile, quanto da ricercarsi incessantemente.Andreas Heinecke e Orna Cohen erano giocosi e allegri ma raccontavano cose toccanti: le performance di "Dialogo nel buio" e di "Scene di silenzio". Andreas e Orna hanno messo in atto con noi pubblico stupito e commosso quello che fanno nelle loro installazioni: iniezioni di democrazia e cultura della diversità urbana.Cambiando emisfero, le proiezioni sulla lavagna luminosa delle planimetrie delle case costruite nelle favelas di Rio, illustrate dalla calda e potente voce di Manoel Ribeiro sono immagini di amore rivolte ad un popolo abbandonato nella diversità. Risponde, dal Portogallo, una giovane filosofa, Mafalda Eirò Gomes, con gli occhi luminosi e decisi delle donne portoghesi, fa viaggiare sui più sottili paradossi filosofici della comprensione umana il pubblico, non sempre preparato accademicamente a siffatti slanci teoretici. Ma anche questo è il potere dell'emozione e di chi l'ha saputa sostenere per parlare dell'unico scopo: comunicare nella diversità, con la diversità, la diversità.Il WPRF ha lasciato un segno come ogni vero viaggio nei lettori di Prima Comunicazione. Nel loro lavoro, specialmente nella professione della comunicazione, sanno, a questo punto, che non sono soli a confrontare il bisogno di etica e di responsabilità sociale nelle loro azioni quotidiane. Più di tutti però, forse resterà nel loro cuore, anche quando il WPRF di Trieste sarà davvero a distanza, lo sguardo di Lobsang Lungrik.Lobsang Lungrik si è fatto portavoce a Trieste della sua sfortunata etnia, il popolo tibetano, con dolcezza e silenzio, incantando l'uditorio per quel suo "fare un umile passo indietro" come direbbe Pier Aldo Rovatti che ha attirato l'attenzione e commosso il cuore di tutti. A Lobsang il WPRF ha consegnato un assegno di 5000 EUR per far sì che i piccoli tibetani possano avere una scuola dove ancora imparare a parlare tibetano e, con esso, la millenaria cultura che vi è connessa. Il peso opprimente dell'invasore (cinese) mette oggi a rischio la sopravvivenza di un popolo che invece di gridare per la propria usurpata libertà ed identità ci guarda in silenzio con un interno ed intenso sorriso di pace: la miglior prova concreta di come comunicare verso di noi occidentali e attoniti - con, in, per, attraverso la diversità.Carla Gardenghic_gardenghi@yahoo.com