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Manovra fiscale: un'opportunità per distinguere i costi dagli investimenti

04/06/2010

In questi giorni la stampa ha parlato moltissimo della manovra fiscale e dei tagli che porta con sé, da cui la comunicazione non risulta certo esentata. _Toni Muzi Falconi_ auspica che questa emergenza diventi un’opportunità per far comprendere a dirigenti ed amministratori pubblici il reale valore misurabile delle attività di Rp per eliminare il superfluo e valorizzare ciò che rimane come un investimento.

di Toni Muzi Falconi
La manovra contiene per il 2010 e 2011 tagli lineari netti che vanno dal 100, all’80 e al 50 percento rispetto alle poste dei bilanci 2009 delle singole amministrazioni pubbliche, riferite a sponsorizzazioni (100), relazioni pubbliche, consulenze, eventi, convegni e congressi (80) e formazione (50).
Non è dichiarato l’ammontare assoluto poiché nei singoli bilanci queste voci sono interpretate diversamente, e quindi non è facile raggiungere una voce aggregata che fornisca una idea verosimile del totale reale dei risparmi attesi .
Ciò non di meno, a titolo del tutto personale, non sono contrario ad una drastica riduzione delle spese riferite a queste voci; così come non sarei contrario se operazioni analoghe venissero attuate anche nelle organizzazioni private e sociali.
Se la discontinuità che stiamo vivendo impone una riparametrazione delle nostre aspettative, gli eccessi sia comunicativi che formativi che consulenziali delle organizzazioni vanno chiaramente ridimensionati.
Possibilmente adottando modalità selettive che oggi sono sicuramente possibili. Infatti, non sono neppure vicini alla maggioranza i dirigenti (nel pubblico, ma anche nel privato e nel sociale) consapevoli dei balzi in avanti fatti dagli studi sulla valutazione delle diverse discipline prese di mira da questa manovra.
Condivido dunque il senso dell’operazione, ma vorrei suggerire – restando fermo l’obiettivo da raggiungere – un approccio leggermente diverso.
Parafrasando l’antico detto ‘so bene che il 50% di quello che spendo non serve, ma non so come distinguere i costi dagli *investimenti*’, è fondato pensare che significativi risparmi si possano ottenere senza necessariamente rinunciare al valore prodotto. In alcuni casi, addirittura, tagliando attività di mera facciata e/o di clientela, si valorizzano ulteriormente attività utili.
E perché allora non cogliere questa _‘emergenza_’ come opportunità per argomentare con amministratori e dirigenti pubblici del dove, del come, del quando e del perché attività quali sponsorizzazioni, formazione, consulenze, relazioni pubbliche, convegni, congressi ed eventi possono davvero portare un valore misurabile… e come valutarla questa efficacia, rinunciando dunque a quel che di superfluo viene attuato?
Certo, per molte amministrazioni sarà più semplice, per quanto sgradevole, seguire pedissequamente la lettera del testo che uscirà dal Parlamento.
Ma per altre – i cui dirigenti generali e responsabili della comunicazione e della formazione sono culturalmente e professionalmente capaci di valutare, ma al tempo stesso consapevoli dei condizionamenti più o meno impropri che spero devono subire – penso che preferirebbero di gran lunga operare tagli selettivi, solo che il testo stesso della manovra consentisse loro questa ipotesi, fermo restando il medesimo risultato monetario.
Per aiutare le amministrazioni più consapevoli potrebbe avere senso mettere a loro disposizione – a zero costo per loro e per lo Stato, ma a ‘investimento’ delle associazioni professionali più serie che contribuirebbero in tal modo anche alla crescita civile e sociale dei loro stessi soci e alla propria reputazione – una task force di esperti che si metta a disposizione senza oneri per lo Stato che, su chiamata, valuti con approccio interdisciplinare il percorso di maggior valore da seguire nei tagli da apportare.
Un mini esempio: un piccolo Comune ha investito quest’anno 20.000 euro in sponsorizzazioni, 10 mila euro in consulenze, 20 mila in relazioni pubbliche, convegni, eventi e congressi e 20.000 in formazione. Totale 70.000. Il taglio comunque necessario deve essere del 50% e il totale da investire per il 2010 sarà dunque 35.000 euro. La task force, in base ad una analisi esperta e non condizionata, potrebbe suggerire di investire nel 2010 tutti e 35 mila euro in formazione, o in consulenza o in relazioni pubbliche, oppure di fare 50/50 con le sponsorizzazioni o altro ancora.
E’ così impensabile un approccio del genere?
Così facendo si avvierebbe (e non sarebbe male succedesse anche nel settore privato e in quello sociale) un percorso virtuoso che induca i dirigenti delle organizzazioni a meglio comprendere e valutare il valore prodotto da queste attività (fino ad oggi largamente considerate spese) affinché divengano davvero investimenti.
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