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Mutazioni sociopolitiche: il lobbismo responsabile

07/10/2009

Cambiano i modi di rappresentarsi del potere, non più solo lungo la dimensione gerarchica e verticale, e crescono nuovi modi di articolare il processo sociopolitico. La comunicazione risulta sempre più orizzontale e diffusa. La capacità di “dire la propria” diventa un fattore decisivo.

di Francesco Schlitzer





Vecchi lobbisti non vi affannate, verrebbe da dire, perché niente sarà più come prima. All’università di Stanford California la chiamano lobbying for good, da noi si potrebbe chiamare lobbismo responsabile e nasce dall’interazione di tre fattori.


1. Fattore tecnologico, inteso come la rete internet e le sue possibilità: ha radicalmente abbattuto ogni barriera all’accesso consentendo di poter disporre di informazioni e di portare all’attenzione del decisore pubblico il proprio punto di vista in tempi rapidi e a costo zero. Ciò significa che lo storico differenziale partecipativo tra il portatore di interesse “ricco e organizzato” capace di essere vicino al decisore e quello “povero di risorse e strumenti” nonché lontano dai centri di potere, si è di fatto azzerato.
L’asimmetria informativa, di cui erano vittime sia il soggetto debole che lo stesso decisore pubblico, possiamo dire sia superata a beneficio di un maggiore grado di neutralità decisionale. Oggi, grazie alla tecnologia, è possibile comunicare direttamente con chi governa e mobilitare persone, senza che ciò comporti investimenti o impegni significative risorse. Ed è sempre grazie alla tecnologia che il presidente usa Obama ha raccolto migliaia di piccoli finanziamenti di privati cittadini tanto da fare a meno dei finanziamenti pubblici. In futuro, è immaginabile che anche i contributi delle aziende diventino meno decisivi nel finanziamento della politica e non solo di quella americana. E il recente caso dell’utilizzo massiccio di Twitter sui membri del Congresso ci dice molto di più sul futuro che ci aspetta.


2. Fattore “sociale”, riconducibile all’ampio concetto di responsabilità sociale di impresa: ha investito a livello mondiale tutte le realtà multinazionali. I cittadini – consumatori chiedono alle aziende di farsi carico non solo della qualità e della profittabilità del proprio business ma anche di diffondere un più ampio benessere verso le comunità in cui operano. Si tratta di una domanda cresciuta progressivamente dal basso e che oggi è inserita a pieno titolo nelle politiche di gran parte delle istituzioni nazionali e internazionali nonché nella strategia di impresa delle aziende e nei programmi di laurea di molte università.
L’azienda del futuro sarà perciò sempre più misurata anche sotto il profilo di indici “valoriali” ai quali i consumatori guarderanno sempre con maggiore attenzione. Attenzione, quindi, a liquidarla come puro strumento di marketing aziendale perché si rischia una forte sottovalutazione del fenomeno, basti pensare allo tsunami che ha travolto la finanza internazionale.


3. Fattore istituzionale, legato al processo decisionale: le istituzioni, a tutti i livelli, devono sempre più essere vicine ai cittadini e la regolazione diventa sempre meno impositiva e sempre più partecipata. Anche l’Europa, vittima di un processo di formazione, oggi spinge sempre più verso l’autoregolamentazione o l’adozione di best practice. La società verso la quale stiamo andando, quindi, è indirizzata sempre più verso un modello di tipo orizzontale nelle relazioni tra cittadini, istituzioni e attori economici (multi stakeholder) e si allontana sempre più da un modello di tipo verticale – gerarchico. La decisione pubblica – nella maggioranza dei casi – non scaturisce più da “un’azione circoscritta”: lobbies da un lato e decisore pubblico dall’altro.


Come in un cocktail ben miscelato, quindi i tre fattori si mescolano e si influenzano reciprocamente, modificando radicalmente il sistema di relazioni e i rapporti di potere cui eravamo abituati. Si tratta, quindi, nel complesso, di un profondo cambiamento delle relazioni sociali che inevitabilmente incide anche sul funzionamento degli assetti istituzionali e del sistema di comunicazione.


La disponibilità di risorse economiche conterà sempre di meno a scapito del saper comunicare e influenzare al momento giusto e con i messaggi giusti. Chi saprà cogliere l’istante in cui la issue vive per farla propria e renderla socializzante, chi avrà la maggiore capacità di advocacy vincerà.


Stiamo insomma percorrendo un sentiero che ci porterà ad una profonda destrutturazione dei corpi sociali, i quali, come ha scritto il noto sociologo Bauman, appaiono sempre più simili agli sciami che “si disperdono e si mettono nuovamente insieme da un’occasione all’altra, per una ragione diversa e per obiettivi mutevoli e mobili”. Avremo mai la capacità di comprenderli e seguirli?
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