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Muzi Falconi: dieci spunti di riflessione sui Public Affairs

17/06/2014

Trasparenza, semplificazione e competitività sono al centro dell’edizione 2014 del Forum Public Affairs, organizzato da _Comunicazione Italiana,_ giovedì 19 giugno a Roma. A condurre la plenaria d’apertura, _Toni Muzi Falconi,_ di cui presentiamo l’intervento.

di Toni Muzi Falconi
In ogni paese la qualità del sistema di relazione fra una organizzazione (privata, sociale e pubblica) con gli attori del processo decisionale pubblico – intesi come tutti coloro che identificano, affrontano e decidono questioni di interesse pubblico con politiche nuove oppure modificando quelle esistenti – ha una crescente influenza sul raggiungimento degli obiettivi legittimi che quella specifica organizzazione persegue. Agire, nel rispetto delle norme esistenti, per influire sulle singole decisioni di quei soggetti affinché tengano anche conto degli interessi dell’organizzazione, rappresenta una pratica largamente consolidata.
1. Il tema specifico e circoscritto di questa nota riguarda esclusivamente l’analisi di come possa configurarsi oggi in Italia un sistema di comportamenti e regole capace di garantire agli attori della decisione pubblica l’accesso alle… e la comprensione delle… informazioni che contribuiscano ad assicurare che quella decisione rispetti l’interesse, nel tempo, del maggior numero di persone, attestando così che il percorso sia caratterizzato dal massimo di trasparenza possibile.
2. Si valutano in oltre 100 mila le persone che oggi in Italia argomentano, per più del 50% del loro tempo di attività professionale, gli interessi delle organizzazioni che rappresentano (pubbliche, private e sociali) presso le istituzioni, il sistema dei media, gli spazi pubblici nei confronti di coloro cui spetta assumere e/o influenzare decisioni capaci di favorire oppure ostacolare gli obiettivi perseguiti. Di questi, un numero non inferiore ai 20 mila, su tutto il territorio nazionale, sono specializzati nell’analizzare e intervenire specificamente nelle relazioni con i decisori pubblici e i loro influenti e referenti.
3. Rispetto al tema generale di questa mattinata mi soffermo in particolare sulla questione della trasparenza, un termine dalle mille accezioni e che si presta ad una infinità di equivoci.
4. Nel contesto del mestiere che faccio ormai da 54 anni e che ho descritto al punto 2, trasparenza significa semplicemente che con chiunque io entri in relazione per conto di un cliente o datore di lavoro, sono trasparente se:

dichiaro chi sono
dichiaro chi rappresento, rispetto a quella specifica relazione
dichiaro l’obbiettivo specifico che mi propongo di perseguire con quella specifica relazione
dichiaro, ove non vietato dalle norme, il percorso di relazioni che intendo attivare per perseguire quello specifico obiettivo.

Spetta poi al mio interlocutore (decisore o influente che sia) valutare cosa fare, e rientra nella sua responsabilità prendere atto delle mie argomentazioni e informazioni, ed eventualmente renderne noti i contenuti. Punto.
5. Paese per paese, esistono regole, norme, codici deontologici, di comportamento , di onore e abitudini diverse per l’esercizio di questa attività professionale. In Italia se ne parla almeno dal 1976 quando, anche in base alle mie sollecitazioni e ai miei suggerimenti, gli allora deputati Achilli (PSI), Bogi (PRI) e Mastella (DC) presentarono il primo degli infiniti disegni di legge che si sono poi succeduti negli ultimi 40 anni e che non hanno finora trovato alcuna approvazione in Parlamento. Ormai da molti anni, mi sono convinto che una legge apposita non serva, e che sia sufficiente che i nostri interlocutori (giornali, istituzioni, altri gruppi di interesse, altre organizzazioni e associazioni) sviluppino e varino comportamenti e regolamenti interni per obbligarci ad una rendicontazione delle nostre attività. Anche la soluzione del registro obbligatorio accessibile al pubblico va bene, purché si applichi a tutti coloro che occupano più del 50% del loro tempo professionale in quelle attività.
6. Presso il Parlamento e la Commissione Europea, dove il registro sarà obbligatorio soltanto nel 2017, su 25 mila dichiarati sono già 6 mila gli iscritti. Che usano con soddisfazione la stessa registrazione come fattore distintivo di competizione e di reputazione.
7. In Germania, ormai da molti anni, funziona una giuria interassociativa formata da relatori pubblici, giornalisti, addetti stampa, accademici e consulenti politici presso cui chiunque può chiedere una rapida istruttoria in merito a violazioni o comportamenti ritenuti non corretti. La giuria sviluppa una rapidissima verifica (in media, una settimana) e, se ritiene la dinamica della questione meritevole di ulteriore indagine, avverte i soggetti coinvolti e dopo altri sette giorni rende la notifica pubblica. Nella larghissima maggioranza dei casi (ad oggi diverse centinaia) scatta immediatamente la pressione dei pari e le violazioni e i comportamenti vengono immediatamente e pubblicamente corretti. In caso contrario, si arriva a sanzioni pubbliche di tipo reputazionale. I componenti della giuria sono dotati dalle rispettive associazioni di provenienza di speciali polizze assicurative rispetto ad eventuali azioni legali di risarcimento richieste dai soggetti indagati (ma non si conoscono ancora casi di applicazione: pare sufficiente il deterrente).
8. La reputazione professionale, nel caso di comportamenti impropri, è dunque la leva sanzionatoria largamente più efficace anche se, a mio parere, non serve rifugiarsi dietro anatemi corporativi qualora venissero scelte anche vie aggiuntive e più vincolanti.
9. L’importante è che tutte le attività di relazione delle organizzazioni siano rese pubbliche e accessibili, e che si riferiscano non soltanto a quelle con gli attori del processo decisionale pubblico. Questo, in attesa che crescano attenzione e aspettative, come comportamento auspicabile e sostenibile, verso una attività di rendicontazione integrata con i rispettivi stakeholder.
10. Ultimo punto: nel dibattito mondiale intorno alla crescente ineguaglianza economica, i professionisti responsabili farebbero bene anche a monitorare con attenzione – soprattutto nei centri urbani di maggiore dimensione – la prepotente emersione di un nuovo ceto sociale le cui risorse economiche in larga parte provengono da una non lineare erogazione di risorse pubbliche, filtrate da veti e influenze di gruppi consociativi e corporativi di interesse. Un nuovo ceto sociale formato da un impasto di lobbisti, celebrità, politici, giornalisti…

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