Micol Burighel
Si è concluso il Forum della Buona Comunicazione 2025 – promosso da IEG, FERPI e MASE a Ecomondo. Al centro, messaggi che rilanciano il valore della comunicazione come spazio di fiducia, mediazione e responsabilità.
Promosso da Italian Exhibition Group, FERPI e Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, con la partecipazione dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna e la collaborazione tecnica di Amapola, il Forum ha dato voce a professioniste e professionisti della comunicazione, dell’informazione, dell’impresa, della ricerca e delle istituzioni, per ragionare su un nodo centrale: come uscire dalle polarizzazioni e costruire linguaggi comuni, capaci di generare fiducia? Come sciogliere il falso dilemma che contrappone sostenibilità a competitività?
Il presidente FERPI, Filippo Nani, ha aperto i lavori sottolineando come il tema della comunicazione della sostenibilità – dal roadshow dell’Oscar di Bilancio al Forum – sia stato uno dei fili conduttori dell’anno per la Federazione. Un tema non tecnico ma relazionale, fondativo della comunità FERPI: "Parliamo di fiducia, e quindi di relazioni umane. Un terreno su cui continueremo a interrogarci, confrontarci, proporre".
Fiorella Corrado, Capo Ufficio Stampa e Comunicazione del MASE, ha rilanciato con una riflessione tanto diretta quanto efficace: “La transizione non può essere uno spazio di scontro. È una costruzione collettiva da fare insieme”.
“Nello scenario attuale, la comunicazione non è più accessoria: è infrastruttura strategica. Serve a costruire fiducia, a decodificare la complessità, a generare ingaggio. Serve – soprattutto – a smascherare i falsi dilemmi che bloccano l’azione e alimentano l’inerzia” ha commentato Sergio Vazzoler, partner di Amapola e coordinatore per FERPI della commissione sulla Comunicazione Responsabile (18° Goal).
Collaborazione e fiducia: i volti della transizione possibile
Il dibattito si è aperto con la tavola rotonda Smascherare i falsi dilemmi. Perché di dilemmi, in tema di sostenibilità, ne circolano molti. Ma quanti sono reali?
L’intervento iniziale di Massimiliano Pontillo (Pentapolis, Eco in città) ha tracciato un percorso netto: per uscire dai falsi dilemmi e accelerare la transizione serve una nuova alleanza tra imprese, cittadini e media. Il giornalismo ambientale ha un ruolo fondamentale nel dare legittimazione pubblica e culturale alla sostenibilità, mentre le imprese devono assumersi un ruolo politico nel generare valore condiviso. “Non siamo più solo consumatori – ha detto – ma azionisti del cambiamento”.
Secondo Giovanni Mori (LifeGate), il primo falso dilemma è quello tra benessere e sostenibilità: "Non è vero che dobbiamo scegliere tra stare bene e salvare il pianeta. Le soluzioni ci sono, sono convenienti, ma vanno rese accessibili e desiderabili per tutti". La sostenibilità non è un lusso, ma un diritto collettivo. Raccontarla in termini di rinuncia o sacrificio non fa che allontanare le persone.
Chiara Bolognini (ISPRA) ha ricordato come, per comunicare la transizione, serva prima di tutto un cuore. E non in senso romantico, ma nel senso etico e politico del termine: empatia, umanizzazione, responsabilità istituzionale. Con progetti come Facciamo Circolare, ha raccontato come sia possibile comunicare l’economia circolare in modo chiaro, credibile, e vicino alle persone: “Per smascherare i falsi dilemmi dobbiamo usare il volto e la voce di chi quei vantaggi li ha sperimentati”.
Marzia Chiesa (Sodai, AssoESG) ha spiegato come la sostenibilità efficace ed efficiente non si aggiunge a posteriori, ma si costruisce nel tempo, con governance consapevole e filiere condivise. Ha parlato di tecnologie, cultura e leve economiche, ma anche di umanizzazione della comunicazione: “Essere trasparenti è un atto di responsabilità e fiducia”.
Damla Özlüer (Do Not Smile International Network) ha offerto uno sguardo internazionale e disarmante: “Pensiamo di conoscere le storie, ma spesso conosciamo solo quelle vecchie. Se vogliamo costruire una nuova storia, dobbiamo prima scendere dal nostro cavallo nobile, abbattere i pregiudizi, mediare la nostra comunicazione e scegliere con chiarezza che tipo di società vogliamo creare”.
Conflitto e complessità: educare al confronto
Due dialoghi hanno scandito il ritmo del Forum, offrendo un respiro più profondo e riflessivo.
Il primo, tra Bruno Mastroianni (filosofo, giornalista, autore) e Giuliano Greco (IIT), entrambi soci FERPI, ha affrontato il tema della comunicazione scientifica. Greco ha raccontato la sua esperienza con il podcast Scientificast, sottolineando l’importanza di “formare al metodo scientifico ma anche saper appassionare, per rendere permeabili le persone a contenuti complessi”.
Mastroianni ha rilanciato con la necessità di recuperare la disputa felice: “Il conflitto non è la fine del dialogo, ma lo spazio in cui si può ancora costruire mediazione. Dobbiamo imparare a dissentire senza litigare. L’obiettivo è vivere in un mondo ingaggiato e critico, non polarizzato e manipolato. Certo, per costruire questo tipo di fiducia ci vuole più impegno e fatica”.
Dialogare per scegliere: politica, giovani, informazione
Nel secondo dialogo, il confronto tra Aurora Audino (SEforALL) e Federico Ferrazza (Green & Blue) ha posto il tema della giustizia climatica e della rappresentanza generazionale. Audino ha parlato del divario tra giovani e istituzioni: “Il 50% della popolazione mondiale ha meno di 30 anni, ma solo il 2% ha ruoli decisionali. E le donne ancora meno”. Una frustrazione che alimenta disillusione, ma anche volontà di cambiamento: “Il diritto a un ambiente sano è un diritto umano”.
Ferrazza ha invitato a riflettere sul ruolo della politica nella costruzione dell’immaginario collettivo: “La politica oggi ha capito che la scienza è diventata terreno di consenso, perché ti mette di fronte ai cambiamenti e i cambiamenti – lo sappiamo – sono faticosi. Ma non possiamo scaricare le responsabilità sui cittadini: il nostro lavoro come comunicatori è unire i puntini e costruire contesti comprensibili, non colpevolizzanti”.
Non basta dirlo: serve il coraggio di scegliere
Il Forum della Buona Comunicazione 2025 è partito dai falsi dilemmi, ma è arrivato al cuore della questione: sapremo essere abbastanza audaci da scegliere davvero la transizione?
La risposta non è solo nei dati o nei report, ma nella capacità di chi comunica di parlare ai cuori, generare empatia, affrontare i conflitti come spazi di confronto, non come muri. La sostenibilità non è una narrazione da imporre, ma una conversazione da attivare, con strumenti nuovi e linguaggi inclusivi.
In un’epoca segnata dalla disinformazione, dalla sfiducia e dalla polarizzazione, serve una comunicazione che non abbia paura di essere vulnerabile, ma che sappia essere autentica. Capace di connettere visione e realtà, ideali e quotidianità. Perché non si tratta solo di raccontare bene il cambiamento, ma di contribuire – giorno per giorno – a renderlo possibile.