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Opere pubbliche: un problema “made in Italy”

07/03/2012

Il caso TAV e l’abbandono del progetto del rigassificatore in Puglia ripropongono ancora una volta la mancanza di un dibattito pubblico nel processo di realizzazione delle grandi opere. Ferpi porta avanti da tempo il tema delle buone pratiche e propone possibili soluzioni. Fondamentale il ruolo delle Relazioni pubbliche.

“Per le grandi opere il Governo elaborerà una proposta cercando di far tesoro delle migliori esperienze europee: dobbiamo assicurare che nella fase iniziale di pianificazione si realizzino momenti di confronto profondo, ben regolato e concreto con le comunità locali. E queste consultazioni dovranno avere tempi certi”. Così parlò il Ministro delle Infrastrutture, Corrado Passera, dopo una settimana orribile, caratterizzata non solo dalle violenze (verbali, fisiche e mediatiche) legate al caso TAV ma anche dal triste epilogo del caso Brindisi: una vicenda assai trascurata dai media (se non per riscoprirla a “babbo morto”) ma fortemente simbolica per il deficit di credibilità del Paese.
La decisione di British Gas Italia di abbandonare definitivamente il progetto di realizzazione di un rigassificatore in Puglia è avvenuta proprio nel momento in cui l’esecutivo del Prof. Monti annunciava un cambio di rotta sulle grandi opere ma, soprattutto, è avvenuta dopo 11 (U-N-D-I-C-I) anni di investimenti economici (e umani) da parte della multinazionale inglese per far decollare il suo progetto industriale. Vanamente, come dalle meste dichiarazioni dell’AD di British Gas Italia, Luca Manzella: “Come è vana la fotografia annuale che da tempo scatta il Nimby Forum sulle opere ferme per contestationi: l’ ultima è avvenuta proprio nel corso di questa orribile settimana e non ha fatto altro che confermare l’immobilità italiana con oltre 300 progetti al palo”.
E Ferpi? Anche la nostra associazione da anni porta all’attenzione le buone pratiche sul tema della partecipazione “regolata” e avanza proposte sul tema. Ora – visti i buoni propositi del Governo – è quanto mai urgente rimettere al centro della nostra attività un’iniziativa che veda il contributo dei tanti soci impegnati sul tema all’interno delle imprese, delle istituzioni e delle associazioni. Come dicevamo, i punti da cui ri-partire non mancano e rileggere alcuni contributi pubblicati in questi anni sui nostri canali possono agevolarci.
La proposta del Ministro Passera sembra andare incontro a quella avanzata già nel 2008 da Ferpi: una “due diligence” per i progetti di trasformazione del territorio. Così come l’allineamento alle best practice internazionali richiama il caso dell’esperienza francesce sul “débat public”, raccontato sul nostro magazine nell’intervista al Segretario Generale della Commissione Nazionale sul Dibattito Pubblico, Jean-François Beraud. Infine, Ilvo Diamanti sulle colonne de La Repubblica del 5 marzo scorso mette in luce l’importanza della comunicazione e, in particolare, dello storytelling applicato alle situazioni di conflitto sulle opere: “Così, i No Tav e la loro rivendicazione hanno assunto rilievo politico e mediatico nazionale. O viceversa. Il che è lo stesso. Perché la comunicazione – nuova e prima ancora tradizionale: la rete insieme ai giornali e alla tv – è ancora il vero “campo” dove avviene il confronto politico. E mentre gli attori e i leader politici, travolti dall’impopolarità, se ne stanno nascosti nel retroscena oppure passano il tempo nei salotti, sulla ribalta emergono nuovi interpreti. Da un lato: i “tecnici”, che usano la “competenza” come risorsa di legittimazione politica e mediatica. Dall’altra: i movimenti e le comunità, impegnati a trasformare storie locali in romanzi popolari di grande impatto emotivo”.
Anche in questo caso, avevamo trattato questo specifico tema: qui l’articolo di Sergio Vazzoler che il prossimo 3 aprile terrà un seminario di formazione dedicato alla comunicazione sostenibile, con guest speaker i soci Vittorio Cino (responsabile comunicazione di British Gas Italia) e Fabio Famoso (Ufficio Comunicazione Comune di Milano).
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