Qui di seguito viene pubblicata una sollecitazione di Toni Muzi Falconi per una riflessione su un tema che ha ed avrà un impatto davvero sostanziale sulla nostra associazione e che riguarda le modalità di iscrizione e permanenza in Ferpi e la rappresentatività che soci associati e professionisti debbono avere all'interno della Federazione stessa. Il tutto trae origine dall'ultimo Consiglio Direttivo Nazionale della FERPI, svoltosi a Bologna lo scorso 9 ottobre, nel quale sono state approvate le modifiche e integrazioni dello statuto che dovranno essere deliberate dall'apposita Assemblea straordinaria, che mi sono impegnata a convocare entro il prossimo 31 gennaio.Le modifiche prevedono la facoltà (e non l'obbligo come ora) del socio associato di sostenere il colloquio per passare a socio professionista. E qualora il socio professionista non rispetti gli obblighi di aggiornamento e/o di verifica? Resta in vigore il deferimento alla Commissione Probiviri e l'eventuale cancellazione dalla Federazione oppure è possibile valutare il passaggio a "socio associato"? Fabio Bistoncini, Ettore Carettoni e Sissi Peloso si sono incaricati di sviluppare il tema e di portare le conseguenti proposte al prossimo Consiglio Nazionale Direttivo previsto per il prossimo 2 dicembre a Milano.Appare evidente che il tema richiede la maggiore condivisione possibile ed è per tale motivo che invito tutti i soci ad inviarci i loro pareri.Sissi PelosoScrive Toni Muzi Falconi nella sua nota:Cresce nella Ferpi la discussione intorno alla opportunità - a fronte dei grandi cambiamenti intervenuti in una comunità professionale allargata che si è perlomeno decuplicata in questi ultimissimi anni (le stime più accettate parlano di 70 mila italiani la cui prevalente attività professionale consiste, in una accezione estesa, nell'assistere organizzazioni sociali, pubbliche e private nel creare, crescere e consolidare relazioni con i pubblici influenti) - di modificare alcune regole di accesso all'associazione professionale.Per essere più chiari, è importante sapere che, a differenza delle associazioni degli altri 60 Paesi della Global Alliance, ove si entra se presentati da soci attivi, se si accettano i codici di comportamento e autocertificando il proprio status professionale, da noi è sempre prevista per tutti la pratica dell'esame (oggi 'colloquio') di ammissione.Negli Stati Uniti, solo 7 dei 22 mila soci della PRSA sono 'accreditati', scelgono cioè per qualificarsi ulteriormente sul mercato di prepararsi e di sottoporsi volontariamente ad un esame assai complesso per acquisire il diritto di essere accredited'.In Inghilterra, non più di 3 mila dei 7.500 soci dell'IPR scelgono la stessa strada dell'accreditamento.Da noi, tutti i soci, prima o poi, hanno l'obbligo di accreditarsi.Giusto? Non giusto?Le idee sono diverse e la discussione si fa vivace.A tutela dello status quo viene invocata la diversità del nostro sistema giuridico rispetto a quello anglosassone, nonché il fatto che l'insieme dell'impianto che sta alla base del famoso 'riconoscimento giuridico' dell'associazione (che indirettamente implicherebbe anche quello dei suoi associati) - riconoscimento che l'associazione persegue fin dalla sua nascita nel 1970 - si basa proprio sulla garanzia erga omnes che l'associazione accredita i propri soci verificandone la qualificazione professionale e favorendone l'aggiornamento. Per contro, è anche vero che non è proprio semplice argomentare con l'eventuale legislatore il riconoscimento giuridico di una associazione che non rappresenta neppure il 2 per cento della comunità professionale allargata e, nella migliore delle ipotesi, il 5 per cento di quella ristretta.Una modifica delle regole di accesso con un esame serio e ancora più strutturato di quello sino ad ora messo in atto come opzione e traguardo per una alta qualificazione professionale del candidato, che consenta ad ogni professionista di essere socio ordinario con diritto/dovere di elettorato attivo e passivo, purché sottoscriva il pacchetto etico associativo, dimostri di esercitare la professione in una delle sue multiformi identità e venga presentato da due soci (qui sì potrebbe vigere l'obbligo di essere accreditati!), farebbe sicuramente del bene all'associazione e la renderebbe maggiormente rappresentativa della realtà professionale.Il vincolo dell'accreditamento si trasformerebbe in opzione per i volontari, diventando però piu' articolato e professionamente più sostenibile salvaguardardando in tal modo l'accesso all'eventuale futuro riconoscimento giuridico della associazione, stabilendo ad esempio che il 50 + 1 per cento del consiglio nazionale debba necessariamente essere composto da soci accreditati, almeno fino a quando questi saranno più del 50 per cento dei soci.Il tema è delicato, è vero.. ma proprio per questo.. oportet che si discuta pacatemente e per tempo.Nel recente Consiglio Nazionale di Bologna il più autorevole e accreditato (in ogni senso) custode della storia e dei principi della Ferpi, Attilio Consonni, in accordo con la Presidenza, ha aperto la discussione orientandola, almeno in parte, verso questa direzione.Continuons le debat... (tmf)...apriamo una discussione. Anche nella Ferpi cresce il dibattito sulle regole di accesso all'associazione professionale.