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Perde mattoni la muraglia della censura cinese

25/01/2007

Regole meno rigide per i reporter stranieri in vista delle Olimpiadi e l'agreement dei grandi gruppi della rete a favore dei diritti umani in Cina.

La Grande Muraglia Cinese è il simbolo della situazione di chi lavora nei media in Cina, tenuto lontano dal cuore delle notizie dal muro della censura. Lo sostiene l'ultimo numero dell'Economist, dando notizia che dal primo gennaio 2007 sono però entrate in vigore regole meno severe che potrebbero portare a un'importante riforma del sistema. In Cina fino al 2006 ogni giornalista doveva ottenere un regolare permesso dal pertinente governo locale per ogni reportage fuori dalla capitale; le nuove regole, in vigore fino a dopo le Olimpiadi di Pechino del 2008, consentono invece ai reporter stranieri di andare più o meno ovunque. Sarebbe la prima volta che la stampa straniera può legalmente coprire notizie al di fuori di Pechino, magari proprio sugli argomenti finora tabù, per esempio le proteste interne o i disastri ambientali. Diventerebbe così anche più difficile insabbiare notizie come accaduto per le epidemie di SARS (Severe Acute Respiratory Sindrome) e di aviaria. L'Economist ha testato questa nuova libertà con un'indagine sul destino di centinaia di contagiati da AIDS durante una raccolta di sangue nella provincia di Henan (leggi l'articolo) dove da subito le autorità locali hanno cercato di allontanare il corrispondente ma sono state costrette alla collaborazione dopo una sua chiamata al ministero degli esteri di Pechino.
E se una singola rondine non fa una primavera giornalistica, è vero anche che ci sono gli elementi perché la situazione possa davvero cambiare. Non per amore della libertà di espressione ma per mere ragioni utilitaristiche: impossibile controllare e reprimere i 20.000 reporter attesi per le Olimpiadi. Rimane comunque probabile che vengano escogitate azioni teppistiche e di minaccia dei governi locali verso i giornalisti e le loro fonti. Proprio questo mese un reporter cinese che investigava su una miniera di carbone senza licenza è stato picchiato a morte e questa settimana il Partito comunista ha provato a censurare la stampa locale richiedendo di far domanda per coprire eventi "sensibili". A tutt'oggi non c'è un gran miglioramento nella censura all'interno della Cina verso ogni media, internet compreso, e giornalisti e blogger continuano a rischiare lavoro e libertà. La speranza è che il nuovo clima portato dai giornalisti stranieri in arrivo per le Olimpiadi forzi il governo del paese ad una maggiore apertura, smentendo così chi sostiene che le Olimpiadi saranno per la Cina solo un'occasione di rispettabilità globale ma non avranno impatto sulle sue politiche repressive.
Intanto le grandi compagnie della rete - Google, Yahoo, Microsoft e Vodafone - fanno cartello contro la censura e, come riporta il Financial Times, annunciano un accordo con vari gruppi attivisti a difesa dei diritti umani e della libertà della rete per stabilire un insieme di principi contro la censura e altre violazioni contro i diritti umani in Cina (e altrove). L'accordo nasce come risposta alla critiche ricevute nell'ultimo anno sulle loro attività in Cina e riecheggia altre iniziative "multi-stakeholder" in risposta a proteste pubbliche su temi quali l'uso di securities private da parte delle compagnie petrolifere e minerarie e le condizioni di lavoro nelle fabbriche di vestiti e materiale sportivo. Le quattro aziende lavoreranno con le organizzazioni non governative "alla ricerca di soluzioni per la libera espressione e le sfide di privacy affrontate dalle aziende di tecnologia e comunicazioni che fanno affari globalmente". L'agreement, che ha provocato scetticismi all'interno delle stesse aziende ma anche reazioni di fiducia negli ambienti degli attivisti per i diritti umani, è una reazione preventiva alla direzione indicata dal Congresso USA per la tutela della libertà online. Il repubblicano Chris Smith, questo mese ha reintrodotto il suo Global Online Freedom Act, che fissa uno standard minimo per le aziende della rete, motori di ricerca inclusi, e che sostiene come gli stessi non dovrebbero essere installati in paesi con restrizioni internet e non dovrebbero poter alterare o modificare i loro risultati secondo il volere dei governi. Motivo per il quale era stato criticato Google l'anno scorso quando aveva deciso di allestire il suo sito cinese con risultati censurati per argomenti quali diritti umani e Tibet. Anche le critiche ricevute da Yahoo, attraverso Amnesty International e altre organizzazioni, concernevano la decisione di fornire al governo cinese i dati degli account e-mail per incastrare alcuni cyber-dissidenti. La critiche ricevute da Microsoft, invece, vertevano sulla censura a siti sociali in Cina. Vodafone, l'unica azienda europea tra le quattro, è attiva in una serie di azioni di responsabilità sociale d'impresa e non ha dovuto affrontare critiche sulla libertà della rete. Al momento il paese che inizia a contendere agli Stati Uniti la leadership mondiale ma mostra la faccia più buia del recente miracolo economico fa ancora paura perché non è scongiurata la possibilità che provi ad esportare nell'economia globale il modello autoritario a cui ad oggi si conforma.
N.C. 
 
 
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