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Pmi: il valore degli asset immateriali

12/10/2009

Le PMI posso guardare alla ripresa dando valore agli asset immateriali ed al patrimonio intellettuale che le contraddistingue. Ecco come fare in una breve analisi di Gian Paolo Pinton.

di Gian Paolo Pinton


E’ questo il periodo di vero acme della crisi. Non ci sono più dubbi sulla continuità della pesante situazione che sta coinvolgendo la stragrande maggioranza delle PMI. E’ un male lungo, che attanaglia con ferocia le imprese, impedendo loro di agire freddamente, come si dovrebbe fare nei momenti di navigazione turbolenta. Ma si deve reagire rapidamente recuperando lucidità e coraggio. Come da un terremoto, emergono impetuosamente dal sottosuolo aziendale i “bisogni delle aziende”.


Su questo scenario complicato, si gioca la partita delle ripresa, del riposizionamento, del rimettersi in discussione per prepararsi ad operare efficacemente, anche se lo stordimento generale è al di sopra di ogni attesa. Non è solo un problema di finanza (di per sé più che sufficiente). C’è da chiedersi quale rotta debbano prendere le PMI, cosa devono e possono fare per non perdere i contatti con il mercato, cosa fa la concorrenza e come si muovono i clienti. Non c’è scampo: si deve fare un “check up per la ripresa”.


Ogni azienda dovrebbe essere in grado di analizzare il proprio attuale stato di salute dopo l’avvento della crisi e chiedersi quali possano essere le traiettorie di sviluppo futuro. C’è una serie di priorità assolute da mettere a segno: recuperare fatturato a breve, pianificare i nuovi mercati da penetrare, analizzare l’efficienza dei propri canali e delle strutture di vendita, valutare nuove partnership e/o aggregazioni, ma soprattutto valorizzare gli asset immateriali: valutare il brand, il know-how, le licenze e i brevetti. Ancora: dare valore al patrimonio intellettuale rappresentato dalla reputazione, dalla responsabilità sociale, dalla capacità di ricerca e di innovazione.


Altro fronte sul quale intervenire è l’ottimizzazione dei costi gestionali. In ballo ci sono i processi aziendali da ripensare, i nuovi modelli di business da studiare, le nuove reti relazionali da costruire e soprattutto cogliere l’occasione per investire sull’area strategica della ICT.


Tutto questo si potrà fare se si potranno recuperare nuove risorse finanziarie: ecco l’importanza degli asset intangibili primari e negoziare il loro valore con le banche. Gli istituti di credito, in questa fase della crisi, sembrano molto sensibili ad incontrare le imprese che presentano loro piani industriali di rilancio incentrati su valutazioni rappresentate da beni immateriali, accumulati nel tempo, soprattutto da quelle aziende che hanno saputo costruire nella loro storia, brand, know-how e brevetti.


Questa valutazione permetterà alle aziende di ricorrere anche ad eventuali operazioni straordinarie quali la cessione di quote aziendali, fusioni, aggregazioni, cessione di know-how e vendita di brevetti. Questo percorso porta le aziende a predisporsi per il contrattacco che, auspicabilmente, permetterà loro di ripartire di slancio.


Non senza porsi prima però una precisa domanda: quale strategia innovativa possiamo scegliere?


Entrano in campo le opportunità di sviluppo, la capacità di innovare, di fare rete, di comunicare il proprio patrimonio intellettuale. Ecco l’utilità di valutare il valore della rete di vendita, del management, della quota di mercato, del grado di fidelizzazione della clientela.


Entità concettuali, che pur restando nella sfera simbolica del marketing teoretico, hanno credibilità per accedere ai “piani nobili” della valorizzazione finanziaria sotto forma di asset intangibili, solitamente mai riportati nei bilanci.


Tutto questo oggi è finanziabile, se adeguatamente analizzato, valorizzato e comunicato. Ogni PMI possiede questi valori immateriali da scoprire attraverso procedure di analisi espresse, solitamente, da un valutatore indipendente. Presto e concretamente .
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