Professione comunicatore
06/04/2010
Per guadagnare credibilità e autorevolezza, tutte le organizzazioni sono chiamate a cambiare direzione sia nelle politiche di relazione con gli stakeholder, sia nella comunicazione. E' quanto sostiene Gianluca Comin, presidente Ferpi, nel secondo numero di Comunicazione _punto_ doc, rivista del Dottorato di Ricerca in Scienze della Comunicazione dell'Università La Sapienza.
Professione Comunicatore: nuovi modelli, formazione e Response-ability
di Gianluca Comin
È stata la grande crisi a segnare i tempi e i modi della stagione appena trascorsa. Non vi è stato dibattito pubblico o politico che non abbia invitato a cogliere dietro la crisi l’occasione di trasformarla in un’opportunità.
Per alcune realtà è stato difficile, pressoché impossibile, fare questo. Per altre la crisi è stata l’occasione per mettere in discussione metodi di lavoro, piani strategici, la propria reputazione nel paese e all’estero.
Così, per alcune grandi aziende italiane, l’anno della crisi è stato anche un anno di grandi operazioni finanziarie, istituzionali e retail. Pensiamo, solo per citarne alcune, alle emissioni di bond di Eni, Fiat ed Enel, agli aumenti di capitale di Enel, Finmeccanica e Snam Rete Gas.
Casi importanti. Da sottolineare. Tanto più se si considera che queste operazioni sono andate controcorrente rispetto agli umori dei risparmiatori e, più in generale, del paese. In Italia, infatti, la perdita di fiducia ha raggiunto i quattordici punti percentuali, mentre, negli Stati Uniti, l’indice è sceso di ben venti punti. In un solo anno, inoltre, la credibilità delle aziende in Italia è crollata dal 41 al 27%. Segnali che non si possono ignorare.
Ad oggi, neppure un opinion leader su tre ritiene le aziende, nel loro complesso, credibili (1). È indubbio che i mercati siano sempre più influenzati da una coppia di fattori che viaggiano all’unisono: da un lato lo stato di salute dell’impresa e dell’economia nella quale si sviluppa; dall’altro la voce e l’influenza dell’opinione pubblica. È evidente, dunque, che non basta più produrre risultati positivi, occorre anche comunicare con trasparenza e continuità, attraverso messaggi chiari e legati alle azioni che si intende intraprendere.
Per guadagnare credibilità e autorevolezza, tutte le organizzazioni sono chiamate a cambiare direzione sia nelle politiche di relazione con gli stakeholder, sia nella comunicazione.
Alcune imprese hanno colto la sfida, tanto che a fronte di una contrazione generale a due cifre degli investimenti pubblicitari nel sistema dei media, si registra quest’anno una “tenuta” degli investimenti in azioni di relazioni pubbliche, dal marketing alla comunicazione, con una particolare spinta sui mezzi digitali.
Direct Marketing (0,0%), Promozione (1,1%), Eventi (3,8%) e Relazioni Pubbliche (+2,4%) hanno fronteggiato i venti di crisi grazie alla caratteristica di porsi quali canali diretti con i consumatori finali. La pubblicità su Internet (2) si avvia ad una chiusura d’anno positiva del 5,2% (3) (da 400.581 a 421.943 migliaia di euro), anche se con quote di mercato ancora ridotte rispetto a stampa e tv.
I valori ed i principi della Responsabilità Sociale d’Impresa sono diventati le coordinate della nuova comunicazione.
• Il settore del credito e della finanza sta cercando di rassicurare i propri clienti utilizzando messaggi finalizzati a sottolineare la trasparenza e la correttezza dei propri comportamenti.
• Il settore energetico sta puntando alla sostenibilità e all’uso corretto dell’energia: valori quali il rispetto dell’ambiente e l’educazione al risparmio sono al centro della campagne di molte imprese leader.
• Anche il mondo dell’auto sta modificando il proprio modo di comunicare: sono sempre più presenti messaggi che sottolineano il rispetto ambientale, la sicurezza, il risparmio.
Quando il business si allarga e deve – come oggi – tenere in considerazione gli interessi di organizzazioni, associazioni, comitati, comunità e gruppi nasce la necessità di un confronto su nuove basi.
Emerge, cioè, una mutua responsabilità che pone in rilievo gli aspetti etici della relazione con i singoli stakeholder e che segnala la necessità della trasparenza nella comunicazione.
C’è bisogno di leggere cioè nella parola “responsibility” il concetto di “response-ability”, cioè la capacità di dare risposte. E di questo si fa carico la Comunicazione nelle sue diverse articolazioni.
Nel nuovo scenario sopravvivranno, infatti, solo le aziende che sapranno aprirsi in maniera trasparente al mondo esterno, che si rapporteranno positivamente ad un ambiente sempre più critico. Cresceranno le aziende che faranno della reputazione, e non dell’immagine, il loro biglietto da visita, che sapranno trasferire ai loro clienti del valore reale, unico e innovativo, e che sapranno comunicare alla pari con il mondo esterno.
Vinceranno le grandi sfide quelle aziende che coinvolgeranno gli stakeholder e le istituzioni nei loro progetti.
Da sola l’advertising, nella sua accezione classica di strumento anticiclico contro la caduta del livello della domanda, non riesce più a soddisfare i fabbisogni della comunicazione d’impresa. “Don’t be evil” è il motto del gigante Google: lo diventerà presto per tutte le aziende. Ogni settore industriale, a cominciare da quello agricolo, presenta livelli di complessità logistica, della catena del valore e tecnologica molto articolate ed in continua e rapida evoluzione.
Queste dinamiche sono sempre regolate, in maniera più o meno accentuata, dal legislatore. La politica, però, chiamata a fornire regole, spesso genera solo boomerang perché priva di una visione di lungo periodo che si basi su competenze e capacità di sintesi.
Occorre adottare nuovi modelli di gestione del consenso come Enel ha intrapreso da tempo, attraverso l’approccio multistakeholder della MegaCommunity.
I grandi progetti infrastrutturali sono spesso avviati senza una preliminare analisi dell’humus in cui devono essere realizzati. È necessario, invece, partire dall’analisi del contesto locale, dove i leader hanno giurisdizione, effettivo potere rappresentativo e interesse a creare comunità il più possibile coese.
La strategia si basa non solo sull’ascolto sistematico delle istanze dei gruppi di interesse coinvolti – la cittadinanza, gli enti locali, le istituzioni, le associazioni di rappresentanza, i media, la comunità scientifica – ma anche sul loro coinvolgimento nel processo decisionale.
Ascolto, informazione, trasparenza e partecipazione di tutti gli attori: sono queste le chiavi per la costruzione del consenso e per un’efficace comunicazione di supporto al business.
Ciò significa dunque non limitarsi agli strumenti: non basta più capitale, quantità del lavoro e innovazione, bisogna puntare su reputazione, qualità dell’informazione e della relazione, e mix degli strumenti.
E questo significa nuovi compiti e competenze per i comunicatori di domani: solo una strutturata capacità di lettura e di analisi del contesto locale consentirà un reale governo delle relazioni e dei sistemi di interazione, e ancor più, garantirà responsabilità sociale ed etica.
I venticinquemila comunicatori di oggi, rispetto ai circa quindicimila degli anni Novanta sono dunque destinati a crescere. Nuove figure si affacciano all’orizzonte, modellate su nuove esigenze: dalla MegaCommunity alle media relations, dall’organizzazione di eventi alla comunicazione interna, dalle relazioni con gli investitori ad una nuova legittimità riconosciuta alla ricerca.
In questo senso, le università di Scienze della Comunicazione e i Corsi in Relazioni Pubbliche, con le loro oramai avviate Scuole di Dottorato, rappresentano dei laboratori di formazione e di crescita delle giovani promesse della professione a cui anche le imprese guardano.
Note
(1) Decima edizione del Trust Barometer, l’indagine annuale che Edelman conduce ogni anno fra “persone informate” di venti paesi attraverso l’istituto di ricerche StrategyOne. Nel “Bel paese”, al contrario del resto del mondo, il sistema imprenditoriale gode di minor fiducia anche rispetto ai media (33%), ritenuti più credibili sia rispetto alle imprese sia rispetto alle istituzioni di governo. Questo è dovuto al fatto che il livello di fiducia nei confronti del settore bancario (solo il 21% degli intervistati) e di quello assicurativo (solo il 22%) è ai minimi storici. Cresce la fiducia nelle istituzioni, Cala anche la fiducia nei canali di informazione, mentre sono più affidabili le “persone come te”, le ONG e gli esperti di settore.
(2) Web Advertising-Email Advertising, Search ADV, Mobile Advertising (gen-sett. 2008/gen. sett. 2009).
(3) Dati Assocomunicazione/Nielsen Media Research.