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Programmare o essere programmati. Il futuro digitale delle Rp  

13/10/2017

Elisabetta Marchesini

Una visione critica e storica del ruolo del digitale nell’evoluzione della professione del comunicatore. Dobbiamo davvero riuscire a dominare il fenomeno digital, imparando letteralmente a “programmare”per non soccombere? E’ stata questa la sfida lanciata da Toni Muzi Falconi, durante l’incontro con i soci organizzato lo scorso 10 ottobre, dalla Delegazione Ferpi Lazio a Roma.

 

 

Uno spazio di ascolto, confronto e di profonda riflessione tra i numerosi  soci e amici di Ferpi, che hanno partecipato all’incontro con Toni Muzi Falconi, svoltosi lo scorso 10 Ottobre, dal titolo “Il ruolo del Digitale nell’evoluzione della nostra professione” organizzato dalla Delegazione Ferpi Lazio, presso la sede di EPR Comunicazione a Roma . Un “think thank” sull’orizzonte futuro di chi ha fatto della comunicazione il proprio mestiere e che nell’ultimo ventennio ha assistito al suo più profondo cambiamento: il passaggio dall’analogico al digitale.

Una tavola rotonda introdotta dal Delegato di Ferpi Lazio Giuseppe De Lucia, dove non è mancato l’approccio critico e personale, e dove ci si è confrontati sul ruolo che ha giocato il fenomeno digitale nella trasformazione del mondo di chi comunica per mestiere. Quanto questa rivoluzione ha cambiato il nostro ruolo? Come si è evoluta questa metamorfosi? Ma soprattutto dove si andrà a finire?

Partendo da alcuni dati emersi dall’ECM - European Communication Monitor del 2016, sullo sviluppo delle strategie nella gestione della comunicazione in Europa negli ultimi 10 anni, si è osservato come affrontare il tema dell’evoluzione digitale e il mondo del social media, sia ormai un asset decisionale costante con il quale qualsiasi impresa deve confrontarsi.  Di conseguenza chi decide queste strategie a sua volta deve poter dire di riuscire in qualche modo a governare questo fenomeno, altrimenti “sei fuori”.

Con l’avanzare del progresso tecnologico e con l’avvento dell’intelligenza artificiale,  il mestiere del comunicatore rischia di essere completamente disintermediato, e questo è un fatto inevitabile che ci porterà a dover confrontarci con qualcosa (o qualcuno) che saprà fare sempre meglio di noi.

La grande provocazione lanciata da Toni Muzi Falconi durante il suo intervento, è stata proprio quella di dire che se noi non siamo in grado di dominare appieno questo fenomeno, non siamo capaci neanche di determinare il nostro futuro, e quindi l’unica soluzione possibile per difenderci è riuscire a controllare questo meccanismo imparando letteralmente a “programmarlo” . L’unica via d’uscita per rimanere sull’onda del cambiamento senza subirlo.

Certo è che il mondo della comunicazione non ha mai smesso di evolversi e continuerà sicuramente a farlo anche in futuro, insieme alla tecnologia che ci renderà tutti sempre più connessi e interconnessi. Quindi sta al comunicatore di professione scegliere come capire e affrontare questo cambiamento senza subirlo. L’Importante è non dimenticare che una delle parti fondamentali del processo comunicativo è sicuramente l’ascolto. Forse un’ancora di salvezza e l’unica via per riuscire davvero a capire, integrare e imparare a dialogare, al fine di creare quelle relazioni (digitali o analogiche) di cui ci facciamo portatori ogni giorno attraverso la nostra professione.

 

 

 
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