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Quell'interesse della Exxon agli studi sul clima

27/04/2005

L'attività di lobbying della compagnia petrolifera radiografata da Mother Jones.

Da Il Manifesto - 27 aprile 2005I soldi Exxon raffreddano il climaDella ExxonMobil si è detto e scritto molto. La più grande compagnia petrolifera del mondo è stata suo malgrado oggetto di "un'operazione trasparenza" da parte di migliaia di attivisti e di siti di controinformazione che ne hanno denunciato la pesante attività di lobbying per contrastare non solo il protocollo di Kyoto, ma anche le teorie scientifiche correnti sulle cause del riscaldamento globale.Ora però una rivista americana, Mother Jones, le fa i conti in tasca. Lo fa sviscerando quella quarantina di think tank scientifico-politici che hanno goduto dei generosi finanziamenti Exxon allo scopo di rimodellare la scienza del global warming. Nomi e numeri. Si va da siti Web pseudo-giornalistici come Tech CentralStation.com (che ha ricevuto 95 mila dollari nel 2003) a editorialisti di FoxNews come Steve Milloy (autore anche di alcuni blog quali JunkScience.com), da "pensatoi" conservatori come il Cato Institute (75 mila dollari ricevuti tra il 2000 e il 2003) all'American Enterprise Institute (960 mila dollari tra il 2000 e il 2003 -  nel 2004 pubblicò un articolo sul clima dall'euforico titolo "Don't Worry, Be Happy"). La lista prosegue impietosa raggruppando anche organizzazioni per i diritti civili, quali il Congress for Racial Equality (40 mila dollari), e istituti dai nomi altisonanti, caratterizzati dalle ancor più sonanti elargizioni Exxon. Il tutto per una cifra complessiva di 8 milioni di dollari (il riferimento è sempre al triennio 2000-2003), che può forse apparire modesta se confrontata con i 55 milioni investiti dalla stessa multinazionale in attività di lobbying nei passati sei anni (dati: Center for Public Integrity). Una briciola, poi, al massimo un seme potenziato, se paragonata agli utili netti della compagnia: 25,3 miliardi di dollari lo scorso anno. E tuttavia capace di dare succosi frutti nell'arena delle idee.Il punto è infatti che il sostegno della Exxon ai centri di ricerca "dedicati a soluzioni di libero mercato" va ben oltre una sfida a Kyoto & co. sul terreno economico. In gioco c'è piuttosto la scienza del clima e gli strumenti con cui monopolizzarla. Mediatici, prima di tutto. Perché la caratteristica dei think tank eco-scettici sta nella capacità di creare dibattiti e apparenti controversie scientifiche sui mezzi di comunicazione di massa. La scienza servita con il talk-show, insomma, con buona pace di tutti quei poderosi studi climatici, magari durati anni, e per di più soggetti alla revisione critica dei colleghi (peer-review).Un esempio di questa tattica ha riguardato l'Arctic Climate Impact Assessment, un sostanzioso studio internazionale commissionato da un forum intergovernativo, l'Arctic Council, e prodotto da trecento scienziati. Il report pubblicato lo scorso novembre dopo quattro anni di lavoro ammoniva che l'Artico si sta scaldando a una velocità doppia rispetto al resto del mondo e che in questa area l'impatto dei cambiamenti climatici è già evidente. La coorte scientifica filo-Exxon ha risposto a colpi di comunicati stampa e di editoriali, a cominciare dal giornalista Steve Milloy, le cui argomentazioni sono state riprese dallae testate amiche. Nel frattempo anche organi Web come TechCentralStation.com o istituti come il George C.Marshall (310 mila dollari ricevuti tra il 2000 e il 2003) sparavano a zero sui modelli climatici del report, spiegando i risultati con la "naturale variabilità delle temperature". Poco dopo, anche il Fraser Institute di Vancouver (60 mila dollari ricevuti nel 2003) lanciava il suo comunicato contro i "modelli semplificati dei computer".Malgrado dunque negli ultimi anni le prove di un riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra si siano rafforzate, fino a trovare un vasto consenso nella comunità mondiale degli scienziati; e sebbene alcune compagnie petrolifere, un tempo duramente eco-scettiche, siano passate su posizioni più riflessive, la ExxonMobil e i suoi think tank amici (insieme all'American Petroleum Institute) rimangono una delle poche ma profondamente influenti forze negazioniste nei confronti del global warming e delle sue cause. Il loro seme è quello, potente, del dubbio. "La vittoria sarà conseguita diceva un vecchio memo dell'American Petroleum Institute quando riconoscere le incertezze diventerà parte del senso comune".Carola Frediani
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