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Reputazione come capitale sociale?

20/04/2016

Toni Muzi Falconi

La caduta di reputazione del sistema bancario è un fenomeno ogni giorno più evidente. Quale ruolo potrebbero ricoprire Consob e Banca d’Italia in tema di reputazione? Toni Muzi Falconi anticipa i temi dell’incontro “Una nuova reputazione per banche e controllori bancari”, organizzato da Gruppo Caffè e da ASSOTAG, in programma martedì 26 aprile a Roma.

 

Cresce l’attesa per l’incontro del 26 aprile alla Fondazione Basso di Roma, promosso dagli Amici di Federico Caffè, che affronterà l’attuale stato “comatoso” del nostro sistema bancario e il ruolo che, se solo ne fossero consapevoli, Consob e Banca d’Italia potrebbero giocare nel pungolare il tema della reputazione interpretato anche come strumento di controllo sociale.

Un inconsapevole e sostanzioso “assist” è venuto dalla recente intervista a Repubblica del direttore generale della Banca d’Italia dove, riferendosi alla comunicazione, dice testualmente:

“Qui si poteva fare meglio, ed è una responsabilità che riguarda tutte le istituzioni, incluse quelle politiche. Nella nostra storia di Banca d'Italia, la riservatezza totale era un valore fondante, come per il resto delle banche centrali. Poi il mondo è cambiato, siamo entrati in una fase di trasparenza e comunicazione più organizzata. Venendo però da un mondo di quel tipo ed essendo ancora vincolati al segreto d'ufficio e istruttorio a volte incontriamo difficoltà. La comunicazione per chi fa il banchiere centrale è sempre difficoltosa. Stiamo imparando”.

Pur nella sua apparente contorsione, cui non sfugge anche un vago sapore consolatorio (tutti hanno responsabilità…), si capisce che, se la comunicazione fosse stata finora coerente con i comportamenti e viceversa, non si sarebbe arrivati a questo punto.

Prendendo alla lettera l’affermazione di Rossi, si potrebbe dire che la reputazione (quel giudizio che gli stakeholder esprimono di te quando non ci sei) è pessima anche perché “il mondo è cambiato e siamo entrati in una fase di trasparenza e comunicazione più organizzata” (non male…).

Se ne deduce che la reputazione di BankItalia oggi traballa anche perché sono pessime le reputazioni dei singoli istituti bancari che è chiamata a vigilare. E’ infatti normale che il controllore sia sempre influenzato dai controllati e viceversa.

Come sappiamo bene, i poteri reali della Banca d’Italia e della Consob sono ormai molto limitati, ma fra questi è sicuramente la facoltà di “nudging” (anche perché pratica così recente da non far parte… di bail-in, bail-out, BCE o fondo Atlante), inteso qui come potere di “pungolare” i singoli istituti bancari, grandi e  piccoli, promettendo premi e minacciando punizioni ai componenti dei loro CdA in base alle rispettive dinamiche reputazionali, valutate secondo indicatori e criteri ormai ampiamente validati e consolidati in tutto il mondo (per me assai criticabili… ma comunque ormai accettate e comunque in continuo miglioramento).

In questo senso si può parlare, credo, di ruolo sociale della reputazione, e di quest’ultima come componente del “capitale sociale” di una nazione, di un territorio, di una istituzione, di una banca, di un gruppo dirigente, di un insieme di persone che ci lavorano. Un capitale monitorabile e valutabile come valore aggiunto e sottratto.

 
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