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Rp Lab - I social network non sono un gioco

18/04/2012

Facebook, Twitter e l’ultimo nato, Pinterest, sono “congegnati per costruire reticoli sociali, aperti e variabili. Sono la quintessenza delle Relazioni pubbliche. Se diventano un megafono personale per urlare al mondo, allora le reti sociali diventano povere e incapaci di raccogliere energie, opportunità, coinvolgimento”. Lo sostiene _Gabriele Cazzulini_ nella sua rubrica _Rp Lab._

di Gabriele Cazzulini
Ci stiamo abbuffando di social network. Forse sarà l’italica tendenza a comunicare e condividere, a cercare sempre nuovi palcoscenici in cui esibirci o la comodità di stare con gli amici senza uscire di casa, senza spendere soldi, senza mostrare i nostri lati sgradevoli. Fatto sta, che anche Pinterest fa furore in Italia.
Il social network del bello, tutto centrato sulle foto, piace davvero tanto. E’ facile, immediato e accoglie ogni genere di contenuto, senza vincoli. Al punto che inizia a traboccare anche di contenuti pornografici oppure contenuti che non hanno nulla di bello, sono di bassa qualità, caricati e condivisi più per divertirsi, che per dire o fare qualcosa. C’è di più: non solo Pinterest, ma ogni social network, è un motore potentissimo per azionare la partecipazione attiva. Fare, non solo dire. Ben oltre il “like”, il “pin” e il “retweet”. Eppure sembra che l’esperienza “social” inizi e finisca con foto e likes. Quello è solo il punto di partenza. Ma andatelo a dire in giro, che con Facebook o Pinterest puoi organizzare campagne fortissime a costi ridottissimi.
Ecco, in questa tradizionale deriva “caciara” e ludica del web 2.0, si ripete sempre la stessa lezione, che però non riusciamo a capire. I social network sono congegnati per costruire reticoli sociali, aperti e variabili. Sono la quintessenza delle relazioni pubbliche. Se invece il social web diventa un megafono personale per urlare al mondo, allora le reti sociali diventano povere e incapaci di raccogliere energie, opportunità, coinvolgimento.
Detto in estrema semplicità: i social network non sono balocchi con cui trastullarsi nei tempi morti. Non sono stanze private in cui sfogare la creatività o cose più inconfessabili nella vita reale. Sono spazi pubblici, aperti 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, 365 giorni all’anno. E’ la scoperta dell’acqua calda, da noi. L’immagine pubblica e le relazioni pubbliche che possono derivarne, spesso si giocano su un’impressione di pochi secondi. Basta uno sguardo distratto, che cade sulla foto sbagliata. Alla fine della fiera, torniamo sempre al punto di partenza: la vita privata è una cosa, la vita pubblica, e il lavoro, un’altra. Fondere, alla maniera italiana, l’aspetto personale con quello pubblico, non funziona per i professionisti delle relazioni pubbliche e per i loro clienti. Cioè per tutti coloro che devono lavorare col social web – e non giocarci.

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