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Rp online - La Content Curation per un efficace Content Marketing

20/02/2015

Per coinvolgere i propri pubblici, aziende e brand dovranno offrire messaggi sempre più personalizzati e multicanale. Ma come riuscire a differenziarsi nell’overload informativo? Come produrre e “curare” contenuti interessanti? La riflessione di Valentina Citati per la rubrica Rp online di questa settimana.

Il sesto report di Hotwire sui trend digitali dell’anno appena iniziato afferma che ‘la possibilità di scelta’ sarà il catalizzatore che guiderà tutte le prossime tendenze tanto che “il 2015 sarà l’anno del CYIOC Choose your own Content”.

Ciò significa che aziende e brand dovranno offrire messaggi sempre più personalizzati e multicanale per coinvolgere il proprio pubblico. Allo stesso tempo questa ‘possibilità di scelta’ dell’individuo rischia di trasformarsi in un boomerang se non correttamente gestita. Infatti tutti oramai concordano sulla rilevanza del Content Marketing per chiunque voglia comunicare e fare business online. Tuttavia pochi (o comunque meno di quanti celebrano il primo) sottolineano un problema che sta a monte di qualsiasi piano editoriale e con cui ci confrontiamo tutti noi cittadini in questa era di ‘esuberanza informativa’ (Andrew Chadwick, 2009): l’overload informativo.

Con questo termine si indica l’ eccesso di scelta dovuto al flusso enorme di informazioni a cui siamo sottoposti continuamente e la difficoltà a processarle, ordinarle in vista di una decisione. Possibile conseguenza di questa situazione è il senso di smarrimento che impedisce di scegliere e orientarsi nel mare magnum di informazioni. Pertanto si pone sempre più l’accento sulla necessità, non solo di produrre contenuti originali, interessanti e innovativi ma, di ‘curare’ questi stessi contenuti. In altre parole è necessario fare ‘Content Curation’.

Innanzitutto chiariamo cosa si intende con tale termine. Wikipedia la definisce “il processo di collezionare, organizzare e mostrare l’informazione rilevante su un particolare argomento o area di interesse” (Wikipedia). Anche Ian Clary, fondatore di RazorSocial, blog focalizzato sui tools per il social media marketing, afferma che la content curation ha a che vedere con “il trovare contenuto rilevante e condividerlo in modo significativo”. Quindi si tratta di una attività, individuale o di gruppo, tesa non solo a trovare informazioni interessanti e di qualità su un tema ma anche, e soprattutto, a dargli una forma, un ordine e quindi un senso logico che le rendano facilmente reperibili e fruibili per il proprio target.

La curation, perciò, si affianca sempre più spesso all’attività di produzione creativa laddove non è sufficiente affidarsi solo a contenuti autoprodotti e originali ma è necessario attingere a notizie, dati, pubblicazioni di terze parti per garantire un flusso costante e rilevante di informazioni. Un dato confermato dai risultati del report pubblicato da Scoop.it a fine 2014, A Look at ROI: what is the place of curation in SBMs’ content marketing mix? (Uno sguardo al ROI: qual è il posto per la curation nelle strategie di marketing delle PMI?). Se quasi due terzi degli investimenti e del tempo spesi per il Content Marketing vanno via per la creazione di contenuti originali, ben il 76% del volume di pubblicazioni proviene più dalla content curation che dalla creazione. Al di là della correttezza delle cifre percentuali (Curata, altro tool di content curation cita ad esempio una proporzione invertita composta da un 65% di contenuti propri e del restante frutto di curatela) quel che è certo è che le due attività devono coesistere e affiancarsi non solo per ragioni pratiche (distribuzione del carico dei contenuti da produrre) ma proprio per evitare il rischio che il frutto del proprio lavoro vada comunque perso (creato o no) nel caos informativo attuale. Infatti guidare l’attenzione, e quindi la fruizione, degli utenti suggerendo un ordine o una importanza al contenuto visualizzato e facilitandone il reperimento garantisce esperienze gratificanti e fidelizza il target di riferimento.

La content curation va, però, svolta con attenzione e gestita saggiamente per evitare che si generino situazioni spiacevoli ed effetti boomerang. Quando si utilizzano fonti terze sarebbe necessario, pertanto, possedere dei criteri per verificarne i contenuti in modo che siano coerenti con i valori del proprio brand e che non provengano da bloggers o influencers che già collaborano con la concorrenza (Fonte: Social media explorer).

Quali sono, quindi, gli ingredienti per una content curation efficace? Social Media Today ne cita almeno cinque:

  • usare l’informazione e le ricerche esistenti online per fornire nuove prospettive e punti di vista approfondendo un certo argomento.

  • sfruttare il potere delle immagini poiché non è importante solo cosa viene pubblicato ma anche come al fine di attrarre l’attenzione degli utenti. Quindi ben vengano infografiche, gallerie fotografiche e video che rendono il materiale raccolto visivamente attraente e facilmente fruibile.

  • ascoltare il proprio pubblico di riferimento. Analizzando i commenti e le discussioni presenti in rete su un certo tema si può capire quali siano i bisogni e le necessità informative del target per costruire poi contenuti rispondenti a questi ultimi

  • arricchire attraverso le opinioni altrui il materiale raccolto. Ci si può rivolgere direttamente agli utenti invitandoli a lasciare commenti e idee oppure ricorrere al parere di esperti del settore in modo da arricchire la riflessione.

  • raccontare storie in cui le persone si possano identificare perché niente come una buona storia è capace di coinvolgere e interessare gli individui. Evitare perciò di eccedere con cifre e statistiche fredde e difficili da memorizzare


Detto questo non stupiscono le recenti notizie del lancio, da parte di Twitter, di Curator e dell’acquisizione dell’app Niche, due strumenti diretti a operatori dei media e brand sempre alla ricerca di nuovi contenuti e di modi efficaci di presentarli. Anche Snapchat con le sue Stories e l’introduzione della funzione Discover cercando di acquisire fette di un mercato che sembra essere quanto mai strategico e rilevante. Il compito di diffondere tale consapevolezza tra aziende e organizzazioni cercando di sfruttarla al meglio sta, invece, a noi comunicatori. Il rischio è, ancora una volta, rimanere indietro trascurando i grandi cambiamenti che stanno investendo l’intero ecosistema dell’informazione (soggetti, canali, modalità produttive, distribuzione, fruizione e validazione) che da lineare e unidirezionale diventa sempre più circolare, multi-direzionale, plurale e multicanale.
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