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Se il cinema comunica

25/10/2011

Un passato glorioso, quello del cinema italiano, che ha necessariamente subito una fase di arresto. Ma da qualche anno, l’industria cinematografica sta tornando a crescere, sopportando una doppia sfida: quella del settore e del suo linguaggio. E’ il terreno che sonderà il convegno organizzato da Ferpi, venerdì 28 ottobre, nell’ambito del Festival Internazionale del Film di Roma, come racconta _Orietta Rappolli._

di Orietta Rappolli
Il nostro cinema riprende.
Nonostante la crisi comune a tutti i settori produttivi del nostro paese, e sappiamo, non solo del nostro, i tagli alla cultura, le “grida figurate” a difesa, di recente memoria (V^ edizione del Festival Internazionale dei Film di Roma), in sorprendente spirito compatto, dei suoi protagonisti.
Lo attestano i dati Anica, per esempio, primo semestre 2011 stabile, e incassi innalzati quasi della metà, pubblico cresciuto. Numeri confortanti, sembrerebbe, se comparati ai dati del 2010. Numeri dal mercato, che detta legge, cui non si sfugge.
Dietro le cifre, anzi “dentro”, idee, mestieri, maestranze, “voci” in viaggio da una sorgente ad un approdo.
Il viaggio che le reinventa di continuo prima di concludersi, imprevedibile e indecifrabile, il percorso intenso e vario, ricchissimo, di anima, ingegno, intuizione, follia, fatto di uomini, macchine, storie.
Il racconto che non basta a se stesso, ma vive del cordone con il suo spettatore, incestuoso, tanto è “morboso”, vitale.
Il “palco” su cui si esibisce è in una delicata fase di transito. E ancora fragile.
Ma è lo scotto che qualifica ogni mutamento, soprattutto senza paracadute.
Così è forse oggi lo stato dell’arte, della Settima arte, da noi. Un salto senza rete.
Il nostro cinema non decolla ancora nel respiro ampio, ma sta guarendo dal torpore che lo ha immobilizzato per i tanti anni seguiti al grande passato.
Tanto illustre, da essere come quell’eredità ingombrante che patiscono i “figli d’arte”… un immenso e fortunato patrimonio, difficile da doppiare.
Sappiamo bene, inoltre, che dal nostro Rossellini e quel neorealismo che ci ha fatto grandi e ha trovato esistenza nella ricostruzione, il lungo e florido periodo artistico firmato da De Sica, Visconti, Fellini, ha dovuto fisiologicamente conoscere l’arresto.
Pur consegnandosi ai tratti finissimi di Avati, Salvatores, Tornatore… passando per Monicelli, Antonioni, Bertolucci, Lattuada, Pasolini…
Impossibile e “blasfemo” non nominarli tutti.
Nuove forme d’espressione, moltiplicate, e trasformazioni sociali e culturali ne hanno cristallizzato i contorni.
Esigendo oggi una prova acrobatica sul terreno dell’invenzione e della narrazione.
Il nostro cinema è chiamato a nuovi stili e contenuti, nel dialogo “creativo” con il mercato, col quale deve pur fare i conti.
Ed è una sfida doppia: crescita del settore e del suo linguaggio.
Ai due obiettivi possono lavorare quei professionisti della comunicazione che vogliano tessere quel filo tra l’idea con la sua forma e coloro che l’accolgono (produttore e pubblico, in cruda sintesi “botteghino”) ricercando uno stile inedito di “ascolto e parola”.
Se ne parla alla VI^ edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.
Il convegno organizzato da Ferpi, con la “regia” di Elisa Greco, è una valida occasione di analisi e ridisegno di una sinergia tra cinema e comunicazione.
Che oltre ad offrire nuove direzioni professionali, può tradursi in prezioso contributo a che il nostro cinema attuale spicchi quel volo internazionale ancora timido.
Un film delizioso Oltre il giardino , ha un titolo ben augurante.
Si parlava di tv, con pungente leggerezza, ma la metafora, in fondo, è la stessa.
Se vogliamo esserci, per noi è possibile l’accredito.
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