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Sorpresa,comunicazione fa rima con occupazione

18/10/2006

Per chi l'avesse perso, riproponiamo un articolo recentemente pubblicato su Il Sole 24 Ore.

Da Il Sole 24 Ore dell'11 ottobre 2006Sorpresa,comunicazione fa rima con occupazioneSfatato un luogo comune su una delle lauree più amate dai ragazzidi Andrea CarliIl taccuino del cronista è lì, nel cassetto. In attesa di tempi migliori. Chi esce da Scienze della comunicazione guarda soprattutto agli uffici stampa, di enti pubblici e aziende. Ma l'esperto dei linguaggi (scritti e parlati) non disdegna gli uffici marketing e risorse umane delle imprese. O, ancora, intraprende la strada della ricerca. Ciò che conta, alla fine, è capire dove va il mercato del lavoro. Che è carente di ingegneri, ma abbonda di laureati in Scienze della comunicazione e filosofia. Un problema? "Guai a concepire gli anni dell'università solo in vista dell'inserimento nel mondo del lavoro. E' stata la tecnicizzazione a uccidere l'economia ", risponde lo storico dell'impresa Giulio Sapelli.Un pò di numeri: secondo l'Anagrafe nazionale degli studenti, nell'ultimo anno accademico (2005/06) gli iscritti a corsi di laurea in Scienze della comunicazione (comprese le matricole) sono state più di 35mila, in crescita rispetto ai due anni precedenti. Il boom delle iscrizioni che ha caratterizzato gli ultimi 10 anni ha segnato una battuta d'arresto nel 2003, con l'accesso programmato. Soluzione che non tutte le università hanno adottato. "Il calo delle iscrizioni alle facoltà scientifiche, matematica in testa, è un problema grave. Quanto alla comunicazione, la situazione non è quella che raccontano i media - dice Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza -. Da almeno tre anni assistiamo a un ridimensionamento delle immatricolazioni ". Nessuna moda tra i giovani ("è esaurita da tempo"), quindi.Rimane aperto il capitolo sbocchi occupazionali: "Secondo una recente ricerca di Unimonitor. com, l'area istituzionale e d'impresa assorbe il 48% dei laureati: marketing, promozione e comunicazione aziendale. Pochi esperti di comunicazione vengono assorbiti dal mondo dei media (41%), dove il settore più dinamico è quello del web".Bisogna poi sfatare un luogo comune: i corsi di laurea in Scienze della comunicazione non sono l'anticamera della disoccupazione. A un anno dalla tesi, ricorda Morcellini, il 58% dei laureati ha trovato lavoro. Giampaolo Fabris, presidente del corso di laurea in Scienze della comunicazione all'Università San Raffaele, ricorda che per essere vincente un progetto deve puntare in alto. Ovvero al "90% di occupati a sei mesi della laurea. Per conseguire questo obiettivo servono rapporti istituzionali con il mondo del lavoro e una continua dialettica tra teoria e prassi". I percorsi di formazione generalisti non garantiscono ai neolaureati l'inserimento.Al contrario, sostiene Fabris, "bisogna guardare a settori specifici: se i ragazzi pensano di andare a lavorare nei mass media si illudono. C'è bisogno di comunicatori in aree che oggi non sono presidiate dalle università: il settore medico (dalle istituzioni sanitarie alle campagne di sensibilizzazione), la comunicazione aziendale e quella pubblica".E poi, conclude il docente, non si può prescindere dal numero chiuso: "Da noi ogni docente segue quattro studenti. Con una ricetta: formare, anche nel settore della comunicazione, quella che sarà la classe dirigente di domani".Francesco Casetti, che coordina il corso di Scienze della comunicazione dell'università Cattolica (Linguaggi dei media), riconosce che in passato alcuni atenei sono stati mossi da un unico obiettivo: la cattura degli studenti. Ma, aggiunge, il sistema non è tutto uguale: ci sono anche progetti validi, dove la regola del numero chiuso è garanzia di qualità. "Abbiamo deciso di formare persone per la produzione dei contenuti della comunicazione. Per un anno e mezzo ho incontrato i dirigenti delle società di comunicazione per capire quali sono le figure richieste dal mercato ".Nel 2004 il Consorzio Alma Laurea ha sottoposto a raggi X un campione di 5mila studenti di Scienze della comunicazione: 72 laureati su 100 hanno trovato lavoro (per due terzi atipico) a un anno dalla tesi. Dopo tre anni la percentuale è salita al 91%, dopo cinque al 95%. E i settori che assorbono di più sono pubblicità, commerciale, istruzione e pubblica amministrazione.Quanto alla busta paga, a un anno dalla tesi i laureati guadagnano più di 900 euro al mese, che diventano 1.300 dopo cinque anni.Anche il pubblico offre opportunità di impiego. La legge 150 del 2000 ha istituito i profili professionali dell'ufficio stampa e del portavoce (articoli 9 e 7). Ma il bicchiere è mezzo pieno. Secondo Stefano Rolando, docente di Teorie e tecniche della comunicazione pubblica allo Iulm di Milano, l'applicazione è disomogenea. "Le barriere sono nel blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, dove i bilanci sono tagliati a zero. Ci vuole un cambio di strategia: puntare di più sulla comunicazione, che è parte integrante dei servizi all'utenza".
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